Il quarto volumetto abbinato ai quotidiani, ed estratto da Racconti di mare e tempesta (Einaudi, 2019) a cura di Christian Delorenzo, si intitola Tempeste e naufragi. È molto conturbante, la rabbia del mare in ogni racconto è inaudita, paurosa, mette in moto uno stato di ansia nel lettore. È vero che le catastrofi attirano l’attenzione da sempre... Siamo posti di fronte alla morte e a una domanda di sapore etico: in circostanze eccezionali, che valore ha il codice morale abituale, da tutti accettato e osservato, se vogliamo restare nell’ambito di una pacifica convivenza civile? Il mare mette alla prova la resistenza dei singoli di fronte alla tragedia, potenzia il sentimento di un destino comune, il senso di responsabilità, la solidarietà... e in questo scenario estremo, quale spazio spetta al diritto di legittima difesa, di salvaguardia della propria vita? Prevarrà il sacrificio, oppure la logica dell’aforisma mors tua vita mea?
Racconti di mare e tempesta
Link affiliato
Il faro di Dhoriol, Emilio Salgari
Finalmente incontriamo Emilio Salgari, inventore di personaggi eroici. Ne Il faro di Dhoriol la storia è veritiera. Siamo sulle coste del Portogallo, battute da venti furiosi, nel 1877. Il faro è una costruzione solida circondata da catene. Diversi guardiani hanno rifiutato quel lavoro che non solo isola dal mondo, ma toglie il sonno perché le burrasche sono fragorose, snervanti e inducono allucinazioni. João Magael accetta l’incarico, si trasferisce sul posto con moglie e cognato. In una notte indimenticabile l’oceano assale il faro, che oscilla pericolosamente. Magael potrebbe rifugiarsi nei magazzini posti a metà altezza, in un luogo più riparato rispetto alla torretta, ma non lo fa. Resta a guardia della lanterna, alimentandola affinché non si spenga; guida una nave evitando che nel buio si sfracelli contro gli scogli. Appena in tempo, ridiscende prima che la cupola venga divelta e sbalzata tra le onde. Il guardiano riceve una medaglia d’oro dal Ministero della Marina.
La narrazione di Salgari è epica, appassionata, estrema, agitata quanto la montagna d’acqua; la forza dell’uomo giganteggia in valore.
"Alla lanterna! Se si spegne quella nave è perduta!"
Il suo grido può accompagnarci nei momenti pericolosi della vita ed esorta a non mollare.
La scialuppa, Stephen Crane
Anche Stephen Crane in La scialuppa testimonia l’indomita volontà di quattro marinai e del capitano, naufragati e diretti verso la terra ferma, in Florida. Il capitano è ferito a un braccio. Sa che viene prima la salvezza dei suoi sottoposti, i quali nutrono in lui fiducia e devozione assoluta. Ma non morirà. La fine tragica tocca a un altro marinaio, proprio quasi a riva, gonfio d’acqua, immagine dell’indifferenza della natura, questa la visione amara dello scrittore. Giunti in salvo, soccorsi da altri uomini e donne, i marinai ascoltano "l’eco della voce profonda del mare. E loro sentirono di poterla finalmente comprendere".
Il cerusico del mare, Gabriele D’Annunzio
Gabriele D’Annunzio ne Il cerusico del mare racconta il viaggio di un trabiccolo che trasporta frumento sulle coste della Dalmazia. Uno dei giovani marinai ha un doloroso tumore sul collo, viene operato da un chirurgo improvvisato e muore con preghiere a San Rocco. Il poeta evidenzia la totale ignoranza e incompetenza, l’orrore dell’episodio, ma bisogna andare avanti e vivere nonostante tutto. Prima della tempesta la natura è meravigliosa:
"La luna piena pendeva come una dolce lampada rosea. Le montagne e le colline, dietro, avevano forma di donne adagiate.”
Vita e morte, bellezza e dolore si confrontano eternamente.
Un incendio in mare, Ivan Turgenev
Ivan Turgenev in Un incendio in mare vive e narra in prima persona un incendio sul piroscafo "Nicola I" nella rotta da San Pietroburgo a Lubecca. Il panico è totale. Eppure il diciottenne Turgenev salva una donna che gli si attacca addosso, sebbene il suo primo segreto impulso sarebbe stato di staccarla da lui. Non lo fa. Calato nella scialuppa di salvataggio, contempla la nave bruciare e si domanda:
"La nostra vita non è altro che un po’ di cenere al vento?"
Manoscritto trovato in una bottiglia, Edgar Allan Poe
Manoscritto trovato in una bottiglia di Edgar Allan Poe è forse il testo più impressionante, perché il protagonista, prima di essere catapultato dai marosi dalla sua nave su un’altra nave mastodontica, attraversa una zona di tenebre verso il Polo Sud:
"Il mostruoso turgore di quel buio mare prodigioso si faceva sempre più orrido e sinistro".
A bordo nessuno sembra scorgere il passeggero. La ciurma è formata da marinai decrepiti. La metafora vuole esprimere la perennità del nostro navigare, spinti dalla corrente inesauribile. Il fatto che il protagonista resti invisibile mi sembra alludere alla coscienza immateriale. L’esperienza viene scritta e inserita in una bottiglia poi chiusa e gettata in mare, per noi lettori, prima che il naviglio sprofondi in un gorgo risucchiante concentrico. Si pone l’annosa domanda: e dopo? Il racconto si ferma qui, sul mistero ultraterreno, di cui gli abissi marini sono il simbolo.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tempeste e naufragi: i racconti di Salgari, Crane, D’Annunzio, Turgenev e Allan Poe
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Edgar Allan Poe Ivan Sergeevic Turgenev Storia della letteratura Gabriele D’Annunzio Stephen Crane Emilio Salgari
Lascia il tuo commento