Tex. La valle del terrore
- Autore: Magnus
- Genere: Fumetti e Graphic Novel
- Anno di pubblicazione: 2011
- Con testi di Claudio Nizzi
“Però al tuo posto non starei a preoccuparmi… Quella vecchia strega Papago non ti ha forse predetto che camperai fino a cent’anni?" (Pag. 158)
La storia del fumetto italiano racconta di un avvenimento irriflessivo e drammatico accaduto durante una storia d’amore con delle conseguenze ossessive compulsive.
Un accadimento pari alla drammaticità del taglio dell’orecchio di Van Gogh.
Tale è da considerare la tormentata e travagliata gestazione del libro a fumetti Tex. La valle del terrore, ristampato in un’elegante versione dalla RCS Libri nel 2011.
La genesi del libro e la sua giostra d’emozioni e turbamenti dovrebbe essere oggetto di una narrazione cinematografica o letteraria per le sue scadenze drammatiche.
Il rapporto d’amore è fra il disegnatore bolognese Roberto Raviola in arte Magnus e un personaggio ben più reale e concreto, il più importante della storia del fumetto italiano: Tex Willer.
I due si conoscono bene, ma la decisione di consumare un congresso carnale nasce nel 1989, quando Magnus incontra l’editore Sergio Bonelli.
Il padre di Sergio è Gian Luigi, ideatore, insieme al disegnatore Aurelio Galleppini, di Tex dal lontano 1948. Il figlio Sergio ha acquisito la stessa passione e amore per il west, intervenendo come autore di Zagor, con lo pseudonimo di Guido Nolitta. Alla morte del padre, Sergio, ha ereditato la casa editrice ma soprattutto, il dovere nei confronti di migliaia di lettori, di conservare intatto ed incorrotto il personaggio di Tex, preservandolo da ogni offesa e contaminazione. Un compito eseguito con energia e zelo fino alla sua morte avvenuta recentemente.
Nato nel 1939, Magnus è diventato famoso per la sua collaborazione con Luciano Secchi in arte Max Bunker. Insieme concepiranno i personaggi di Kriminal e Satanik, ma soprattutto realizzeranno il fenomeno di Alan Ford, di cui Magnus fino al 1975 rappresenterà con personaggi ironici, deformati, gommosi e con un tratto unico e ricco di dettagli.
È il 1989 Magnus e Sergio Bonelli, entrambi importanti e celebri, concluderanno un accordo per un albo di Texone da consegnare nel giro di tre anni.
Lo sceneggiatore Claudio Nizzi gli consegnerà il testo nell’eremo di Castel del Rio, dove Magnus si era ritirato.
La storia è un classico del suo genere.
C’è un richiamo storico, reale su cui è elaborato un contorno fantastico.
John Sutter è uno svizzero fuggito dall’Europa a causa dei debiti. Qualche anno dopo arrivato in California riesce a erigere un impero economico immenso, grazie all’aiuto dei messicani a cui apparteneva la California del tempo.
Ottenuto il successo, John Sutter fu raggiunto dalla moglie e dai quattro figli.
I cambiamenti storici demolirono Sutter. La California passò agli Stati Uniti e la scoperta dell’oro fece irrompere sulle sue terre una massa di tarantole umane fameliche, le quale ruberanno, distruggeranno e occuparono le sue terre. In poco tempo Sutter è in rovina, e alla disfatta economica si aggiunge quella familiare. La moglie muore poco dopo il suo arrivo. Dei tre figli maschi uno sarà ucciso dai predatori dei beni del padre, il figlio avvocato si suiciderà umiliato dall’ennesima sconfitta in tribunale e l’ultimo svanirà su una nave mai più ritrovata dopo una tempesta. Solo l’unica figlia femmina sopravviverà.
Sfruttando intelligentemente l’unico spiraglio di incertezza della vita di Sutter, nasce la storia ucronica di Nizzi.
La realtà s’intreccia con l’immaginazione.
Una setta di implacabili assassini angoscia la California, Tex e Carson sono chiamati a risolvere il mistero.
In poco tempo, con la sua astuzia, e la sua forza fisica, Tex riesce a delimitare razionalmente l’ignoto e spaventoso segreto. Libertà e indipendenza non sono beni naturali, ma bisogna lottare per ottenerli usando, se necessario, anche la determinazione fisica. È quindi necessaria una battaglia finale per dare alla libertà e alla giustizia la sua vittoria.
Il male è ancora sconfitto.
Questa storia è consegnata nelle mani di Magnus, con il compito di trasformare una pepita d’oro grezza, in una lavorazione artistica tramite impegno e sacrificio.
Inizia una lotta spirituale e personale fra Magnus e Tex. L’artista si concede completamente mostrando anche segni di ammirata ossessione.
La lavorazione è implacabile per perfezione, dettagli, rifiniture, sottigliezze.
Tutto deve essere irreprensibile, tutto deve essere degno di Tex.
Nell’intervista a Magnus, contenuta nel libro, ammette la superiorità del ranger:
“È lui l’astro che illumina. È lui che fa girare la testa a tutti, anche se non leggono fumetti.“ (Pag. 299)
Magnus sente il peso, vuole essere degno, vuole combattere per la libertà. La considerazione è totale: Tex è il più noto dei personaggi dei fumetti, non ha debolezze, rappresenta la libertà e il desiderio rivoluzionario della giustizia popolare.
Bisogna essere alla sua altezza.
Perciò, ogni tavola è una perfezione assoluta, Magnus è immerso nei disegni.
Il tempo passa, i tre anni se ne sono andati. I maestri hanno come unica scadenza quella della loro fertilità artistica.
Invece, gli editori hanno degli stipendi, dei mutui, delle tasse da pagare, perciò le pressioni sono aggressive.
Magnus urlerà a Bonelli: "Vieni tu a colorarmi gli inchiostri" rispondendo alle sue dure spinte.
Gli anni passano. Magnus è totalmente preso da Tex, fino ad avere delle difficoltà economiche.
Per aiutarlo finanziariamente, l’amico disegnatore Bonvi è disposto a vedere le sue tavole. Per realizzare il suo scopo, Il 10 dicembre del 1995 a Bologna, sta raggiungendo gli studi televisivi del programma Roxy Bar di Red Ronnie, quando muore investito da una macchina.
Contrasti, difficoltà, dileggi, litigi si susseguono, ma l’entusiasmo artistico non cede mai d’intensità.
Siamo arrivati al 1996. Sette anni sono passati. Magnus consegna il fascicolo definitivo a Bonelli. Qualche giorno dopo il 5 febbraio del 1996 Magnus muore nel suo eremo di Castel del Rio.
A giugno dello stesso anno arriva la prima edizione di Tex. La valle del terrore.
Sette anni di duro lavoro, ostacoli, problemi, contrasti umani per questa realizzazione artistica: il risultato è un capolavoro!
Non c’è altro modo per definirlo, aiutati dalla raffinata edizione della RCS Libri.
Appoggiato dal sodale Giovanni Romanini per gli schizzi dei cavalli, di cui aveva un’idiosincrasia, siamo di fronte ad un successo, ad una elevazione del disegno al rango di arte pura.
Il racconto inizia e finisce con una pioggia intensa.
In tavole ricche di particolari, dove l’occhio raggiunge un orgasmo di passione e di lussuria, la pioggia è rappresentata da sostanziose e decise linee.
Se nella sceneggiatura è scritto piove, Magnus sarà in grado di dare la percezione d’angoscia della tempesta, della violenza della natura, mentre nascosti dalla pioggia gli assassini compiono i loro spietati omicidi.
Quella pioggia ha un ricordo vivo nelle tavole giapponesi di Hiroshige, come in quelle di Acquazzone ad Atake contenuti nelle Cento vedute di luoghi celebri di Edo.
Anche per l’artista giapponese, la pioggia ha un segno deciso, nero, intenso, perpendicolare alla carta.
I collegamenti fra la perfezione di Magnus e quella dei giapponesi sono innegabili.
Entrambi ricercano l’eccellenza in minuscoli spazi, Hiroshige per realizzare delle cartoline di Edo per i viaggiatori e Magnus per dare vita a Tex.
Il disegno di questo testo è perfetto, dettagliato, ricercato, pieno ma soprattutto umano.
La ricchezza del dettaglio, anche più banale, impressiona. Magnus lavora tantissimo sui primo piano di Carson e di Tex. I volti sono decisi, come nella tavola che contiene, insieme, il primo piano di Tex e di Bonner, ricco proprietario di miniere (Pag. 89). Nella tavola si affrontano con atteggiamento determinato, il volto di Bonner è oscurato dall’ombra o dalla rabbia e affronta il serafico profilo di Tex con la sigaretta, calmo, risoluto, con un mento volitivo e sicuro.
Ogni tavola del libro ha un altissimo livello. Notevoli sono i chiaroscuri, le ombre che si trasformano in tanti minuscoli e calibrati alberi.
Ma non c’è un solo segno artistico. Arriva perfino a disegnare una linea bianca su sfondo nero (Pag. 185, 186) per realizzare un impatto stilistico silenzioso e delineare una storia di suspance; un avvenimento in un unico tratteggio.
Altre volte ci delizia con gesti fisici notevoli, come lo schiaffo di Carson ad una donna (Pag. 188), l’azione è compiuta senza rabbia, ma con notevole capacità fisica, ogni muscolo, ogni dettaglio di Carson è tratteggiato con questa finalità.
La precisione dell’azioni sono documentate visivamente con meravigliosa accuratezza.
L’esempio: Tex è a letto, parla con Carson, il quale allunga la mano per spegnere la lampada.
In due tavole successive si vede l’oscurità arrivare e circondare tutto e tutti (Pag. 158)
Come un affermato stilista si concede il vezzo di raffigurare la bella May Ling elegantemente vestita da cinese o da cavallerizza; è lei la vera signora del fumetto.
Magnus non si diletta solo sui caratteri, ma riesce pure a cimentarsi con scene complesse. Come quella dei topi famelici, cannibali, divoratori. I loro ghigni rabbiosi stanno addentando due poveri malcapitati. (Pag. 108, 109)
Siamo dentro ai toni cupi, dark, noir di tante tavole.
Non manca però il Magnus di Alan Ford. Alcuni caratteri sono rappresentati con ironia, con delle malleabili immagini, come i poveri minatori rimasti senza lavoro (Pag. 48).
Questi personaggi rappresentano il tono sociale – politico – di Magnus. Sono infatti schierati (Pag. 50) come nel simbolo del socialismo italiano: Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, e fra i tanti minatori c’è un uomo basso, con due baffoni immensi e uno sguardo furbo.
Questo minatore è l’autoritratto di Magnus, un cameo ripetuto come un addio e un ringraziamento nell’ultima tavola. Tex e Carson hanno compiuto il loro dovere, con piacere e senso di giustizia, a cavallo sono partiti verso nuove avventure. In basso a sinistra, quasi in disparte, un taglialegna alza la mano e sventola il cappello in segno di saluto.
Magnus si congeda dall’amico Tex: “Giunti alla catarsi finale, i due eroi se ne partono, come se nulla fosse, e intanto io sono morto.” (Pag. 291).
L’arte supera la realtà, infatti dopo la consegna delle cartelle, la morte coglierà Magnus.
“Tizzone d’inferno” avrebbe esclamato Carson.
Tex. La valle del terrore. Nuova ediz.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tex. La valle del terrore
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