La canzone Ti ricordi quei giorni è una delle meno note di Francesco Guccini, eppure è importante conoscerla perché lui l’ha definita la “decana”; è quella che considera la sua prima canzone decente, lasciando stare i primi tentativi acerbi.
Forse per pudore l’ha pubblicata per la prima volta nel 1988 in “...quasi come Dumas”.
Forse ha avuto molti ripensamenti prima di farla conoscere a tutti. Forse la considerava una cosa troppo intima. Guccini l’ha scritta da ragazzo e questo è stupefacente perché sembra una canzone di un uomo maturo per la consapevolezza esistenziale, la malinconia e l’inquietudine sottile.
Certo, a ben vedere, un occhio attento si accorge a mio avviso un poco dell’atmosfera tardo-adolescenziale da certi versi che denotano la passione giovanile, non propria, ad esempio, di una donna matura.
I tuoi occhi si incupivano, il tuo viso si arrossava e ti stringevi a me nella mia stanza, quasi un respiro…
Scopriamone testo e analisi.
“Ti ricordi quei giorni” di Francesco Guccini: testo
Ti ricordi quei giorni?
Uscimmo dopo le canzoni per camminare piano...
Ti ricordi quei giorni?
Gli amici bevevano vino, qualcuno parlava e rideva, noi quasi lontano,
vicino a te,
vicino a me
e ci parlammo ognuno per lasciare qualcosa,
per creare qualcosa, per avere qualcosa...Ti ricordi quei giorni?
I tuoi occhi si incupivano, il tuo viso si arrossava
e ti stringevi a me nella mia stanza,
quasi un respiro, poi mi dicesti “Basta,
perché non voglio guardarti,
perché ho paura ad amarti”.
E dicesti, e dicesti e dicesti...Le tue parole
quasi io non ricordo più,
ma nemmeno tu ricordi niente...Ora dove sei e che gente
vede il tuo viso e ascolta
le tue parole leggere,
le tue sciocchezze leggere,
le tue lacrime leggere,
come una volta?Che cosa dici ora
quando qualcuno ti abbraccia
e tu nascondi la faccia
e tu alzi fiera la faccia
e guardi diritto in faccia
come allora?Qui un poco piove e un poco il sole,
aspettiamo ogni giorno
che questa estate finisca,
che ogni incertezza svanisca...E tu? Io non ricordo più
che voce hai...
Che cosa fai?
Io non credo davvero
che quel tempo ritorni,
ma ricordo quei giorni,
ma ricordo quei giorni,
ma ricordo quei giorni
ma ricordo…
“Ti ricordi quei giorni”: la canzone di Guccini
“Ti ricordi quei giorni” di Francesco Guccini: analisi e commento
Molte canzoni sono sentimentali, ma qui tutto diventa anche esistenziale.
Qui un poco piove e un poco il sole, aspettiamo ogni giorno che questa estate finisca, che ogni incertezza svanisca…
Non ci sono in questo testo parole ricercate, non ci sono descrizioni particolareggiate, non ci sono bozzetti, non ci sono citazioni letterarie, non c’è angoscia metafisica, ciò nonostante abbiamo a mio avviso dignità letteraria. Qui il cantautore non procede con l’accumulo di parole, non procede nel battere ma scrive per sottrazione, in levare. Tutto è vago e indefinito, appena accennato, eppure all’improvviso spuntano fuori delle intuizioni liriche.
Di solito Guccini scrive testi difficili, impegnativi da ascoltare e impegnati socialmente e politicamente. Qui la politica non c’entra niente, non viene mai menzionata. In questo testo abbiamo solo il privato e il ripiegamento interiore. Questo testo è di facile comprensione a livello semantico, ma solo apparentemente, perché c’è una doppia lettura, perché bisogna cogliere il senso profondo di queste parole: abbiamo un ragazzo e una ragazza che si sono incontrati, si sono amati, ognuno voleva lasciare una traccia quasi indelebile nell’animo altrui (e ci parlammo ognuno per lasciare qualcosa, per creare qualcosa, per avere qualcosa…), poi la ragazza ha messo fine alla storia e al ragazzo restano solo degli interrogativi, qualche ricordo sbiadito e la fallacia, la labilità della memoria.
Gli ambienti non vengono descritti non certo per sciatteria, ma perché sarebbe ridondante, pleonastico: all’inizio i due camminano piano, poi si amano in una stanza ed è sufficiente così. Allo stesso modo non importano le parole con cui si sono lasciati, perché sarebbe un motivo inutile di recriminazione oppure un modo per farsi ancora male. La ragazza lascia non perché non ama più il ragazzo, ma per salvaguardare sé stessa, per l’appunto perché ha paura di amarlo.
Accade che passino mesi e anni, accade perciò che si scordano voci e volti, che molte cose cadano nel dimenticatoio, nell’oblio e Guccini tutto questo lo esprime in modo sintetico ma magistrale. I due volevano “creare qualcosa” insieme e si ritrovano da soli di nuovo e soprattutto il ragazzo con delle aspettative deluse e una cocente delusione sentimentale.
È insomma una fine, ma non viene pronunciato un addio: resta un tu a cui rivolgersi, resta un dialogo con l’amata ininterrotto, pur sapendo che niente ritornerà come prima. Guccini chiede ripetutamente “ti ricordi quei giorni?” perché forse l’amata se li è scordati, anche se prima li riteneva importanti (e ora non più).
Ti ricordi quei giorni? è anche un modo per ritornare indietro nel tempo e ricordare insieme un amore finito, che all’epoca era ritenuto da entrambi così importante. Ogni parola è ponderata, calibrata. Qui il cantautore è tutto teso all’essenziale. Il testo non è mai pervaso da eccessivo sentimentalismo, né dalla mitizzazione e dall’idealizzazione dell’amata. Resta comunque un ricordo complessivo e globale di quei giorni, a cui Guccini si può aggrappare, sebbene sia perfettamente conscio che quel tempo non ritornerà.
La musica è struggente e nell’insieme l’ascolto di questa canzone regala un certo pathos. Questa è la fine di un amore giovanile e lontanissimo di Guccini, ma in queste parole ognuno si può immedesimare, riconoscere, rispecchiare, perché descrivono i sentimenti in modo così universale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ti ricordi quei giorni?”: testo e commento alla canzone di Guccini
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