Il Saggiatore ripubblica, con una nuova veste grafica, Rebecca la prima moglie (2020, titolo originale Rebecca, traduzione di Marina Morpurgo, pp. 240) della scrittrice, drammaturga e poetessa Daphne du Maurier (Londra, 13 maggio 1907 - Par, 19 aprile 1989). Pubblicato nel 1938 e in Italia nel 1942 per Mondadori con il titolo La prima moglie (Rebecca) (con la traduzione di Alessandra Scalero), dal romanzo è stato tratto nel 1940 il celebre film omonimo diretto da Alfred Hitchcock, con protagonisti Laurence Olivier e Joan Fontaine, vincitore di due Premi Oscar.
“La notte scorsa ho sognato che tornavo a Manderley”.
Tradotto in moltissime lingue, Rebecca, il romanzo più letto del 1938 (quarantamila copie in un mese), già dall’incipit avvince, incuriosisce e cattura l’attenzione del lettore. Du Maurier, scrittrice prolifica e romantica, quindi anche per questo legata agli autori del XIX secolo, ambienta il libro in Cornovaglia, terra magica e suggestiva, che fa da sfondo a molti suoi romanzi. Figlia di due attori, Gerald du Maurier e Muriel Beaumont, e cresciuta fra letterati e artisti, prima a Fowey e poi a Menabilly, antico castello dove la scrittrice per un lungo periodo aveva vissuto con il marito e i figli, l’autrice si trova proprio in Cornovaglia, a Manderley, dimora avita di Max de Winter, perseguitato dal fantasma della defunta moglie, Rebecca, tanto bella quanto pericolosa.
L’opera più famosa e amata di Daphne du Maurier, un thriller psicologico ricco di suspense, mistero, segreti e passioni nascoste e colpi di scena, ha la voce sognatrice e appassionata di una donna che ricorda un luogo amato e perso, che ora non esiste più, bruciato per folle gelosia e invidia.
“Perché Manderley non era più nostra. Manderley non era più”.
Quanto era diversa da adesso, l’io narrante del romanzo, quando in Costa Azzurra, a Montecarlo, mentre lavorava come dama di compagnia presso l’anziana Mrs Van Hopper, ricca statunitense con il vizio di essere troppo curiosa, aveva conosciuto l’affascinante Maxim de Winter, vedovo inconsolabile. L’uomo, attratto dalla timidezza e dal riserbo della dama di compagnia, dopo un brevissimo corteggiamento, l’aveva sposata e portata con sé a Manderley, nel luogo che aveva visto splendere e morire troppo presto la falena Rebecca. Presto la nuova padrona di Manderley avrebbe compreso che troppe insidie e misteri si nascondevano dietro la magnificenza della dimora, ma soprattutto dietro lo sguardo di disprezzo della governante di Manderley, la signora Davers, fedele custode della memoria di Rebecca.
Sottile e perfetta indagine dell’animo femminile, la forza del romanzo sta nell’aver posto al centro della trama una donna defunta, Rebecca, la prima moglie, resuscitata dalla gelosia della seconda moglie, che non riesce a regnare nella propria casa, a causa dell’ambigua presenza dell’ombra di Rebecca.
“È Max de Winter, il proprietario di Manderley. Ne avrete sentito parlare, naturalmente. Ha un’aria sofferente, non trovate? Dicono che non riesca a riprendersi dalla morte della moglie...”.
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