Tutto quello che non ricordo
- Autore: Jonas Hassen Khemiri
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2017
La morte di Samuel è ammantata di mistero, come del resto parte della sua vita di perenne smemorato, sensibile e misterioso. Si è ucciso oppure la sua fine è dovuta, come si dice, a un tragico incidente? Un giovane scrittore si interroga sul “giallo esistenziale”, vuole capire di più, vuole scriverci su persino un libro. Si mette allora sulle tracce di chi Samuel lo conosceva bene (?): Laide (di cui era innamorato), Vandard (l’amico speciale, adesso in carcere), Pantera (artista underground in quel di Berlino), la nonna a un passo dalla demenza che le sta cancellando la memoria. Scrive persino alla mamma, senza ottenerne in apparenza granché. Raccoglie insomma svariate declinazioni di Samuel, nessuna coincidente. Punti di vista, realtà contraddittorie, che insistono a girare a vuoto sull’enigma della (sua) morte.
Il nocciolo di “Tutto quello che non ricordo” di Jonas Hassen Khemiri (Iperborea, 2017) sta già nel titolo: la verità è parcellizata, la memoria labile, le vite degli altri traducibili solo in versioni limitate. Secondo Khemiri saremmo insomma destinati/condannati all’insondabilità. E all’oblio, naturalmente: data la fallacia dei ricordi (nel romanzo, lo stesso Samuel riempie compulsivamente taccuini su taccuini delle sue esperienze, nel timore di scivolare nel nulla del vuoto mnemonico).
Come indica Alessandro Bassini nella nota sull’autore che chiude il libro:
“Tutto quello che non ricordo è un romanzo sulla forza della memoria. Sulla sua natura sfuggente e talvolta ingannevole, e sul nostro disperato bisogno di ricordare e di essere ricordati”.
Qualcosa sullo stile di Jonas Hassen Khemiri, in ultimo. Uno stile notevole, che incide e si impone per via della personalità. La suspense percepibile tra le pagine è quasi immotivata, irragionevole, tutta di testa. Pure se alleggerito da refoli di ironia, “Tutto quello che non ricordo” apre tra le righe a una visione tragica dell’esistenza. In quanto indagine arresa all’irraggiungibilità di un senso univoco, sfavorita, di volta in volta, dagli abbagli relazionali dell’incomprensione, della solitudine, della perdita, dell’inganno delle parole. Di contro al bisogno - paradossale, contraddittorio - che abbiamo tutti di vedere e di farci vedere, ricordare e farci ricordare. Traduce ottimamente dallo svedese Alessandro Bassini.
Tutto quello che non ricordo
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