Quando Betty Smith, pseudonimo di Elisabeth Lillian Wehner (Brooklyn, 15 dicembre 1896 – Shelton, 17 gennaio 1972) nel 1943 pubblicò il suo romanzo d’esordio “Un albero cresce a Brooklyn” non poteva mai immaginare che il testo sarebbe stato il suo capolavoro, diventando nel corso degli anni un classico della letteratura statunitense e non solo. "A Tree Grows in Brooklyn", per la cui redazione l’autrice, nata da genitori tedeschi emigrati, trasse ispirazione dal contesto sociale in cui nacque, fu tradotto per la prima volta in Italia da Mondadori nella prestigiosa Collana “Medusa” nel maggio del 1947, per essere poi editato nella prima edizione della Collana Mondadori “I libri del Pavone” del marzo 1960 e ristampato più volte per gli Oscar Mondadori, traduzione di Giacomo Cicconardi. L’ultima edizione del testo è della Collana “Biblioteca Neri Pozza” edita nel 2008, tradotto da Antonella Pietribiasi.
Dal romanzo, che narra una storia di formazione all’ombra di un albero, che orgoglioso e silenzioso, trae e dà linfa vitale alla protagonista della trama, che appare sempre attuale, venne tratto nel 1945 l’omonimo film diretto da Elia Kazan con Dorothy McGuire, James Dunn e Peggy Ann Garner nel ruolo di Francie Nolan. Ѐ da sottolineare che la pellicola nel 2010 è stata scelta per essere conservata nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America.
L’albero descritto nel volume, amato da intere generazioni di lettori, non era né un pino né un abete, possedeva delle foglie acuminate che crescevano lungo i rami verdi, che si irradiavano dal tronco.
Quest’albero, chiamato da alcuni “l’Albero del Cielo”, aveva una peculiarità: cresceva sui terreni chiusi da palizzate e su quelli abbandonati, ed era l’unico albero che germogliasse nel cemento. Era rigoglioso, ma soltanto nei quartieri popolari. E non esiste al mondo un quartiere più popolare del quartiere newyorkese di Brooklyn, che sorge all’estremità meridionale di Long Island e dove il celebre ponte, che lo collega a Manhattan, rappresenta il collegamento ideale e necessario per realizzare il mitico “sogno americano”.
La maggior parte della popolazione di Brooklyn, quartiere cosmopolita, composta da immigrati, italiani, irlandesi, russi, ucraini, ispano-americani, cinesi, ebrei ortodossi ed ebrei chassidici, inseguiva il proprio sogno più o meno grande. Il sogno di Katie Nolan si era infranto subito, quando aveva compreso che l’alcolismo di suo marito, avrebbe condizionato e limitato la breve vita (in)felice del bel Johnny. Quest’ultimo, un fiero irlandese dal carattere apparentemente superficiale, di mestiere faceva il cameriere-cantante, ma a causa del suo handicap era quasi sempre senza lavoro. L’irlandese Katie Rommely coniugata Nolan, per sopravvivere, faceva i mestieri più umili, ma alla lunga il suo legittimo desiderio di rivalsa sarebbe stato esaudito. Quindi Katie, in quell’estate del 1912, viveva e sopportava la sua squallida situazione aspettando tempi migliori.
Francie Nolan, 11 anni, aiutata da suo fratello minore Neeley, come tutti i bambini di Brooklyn, il sabato mattina raccoglieva stracci, carta, pezzi di metallo, di gomma per poi andarli a rivendere, in cambio di pochi centesimi, presso la bottega di Carney, lo straccivendolo, una scuderia semi cadente. Era uno spettacolo vedere alle nove di mattina di sabato tanti ragazzini che sbucavano da stradine e vicoli per portare i loro bottini in braccio oppure in sacchi con dei carrettini di legno fatti con scatole per il sapone. Questa immagine di povertà, incastonata nell’arido mondo di una metropoli americana come New York, avrebbe toccato anche il cuore più arido. Ciascuno di noi ha il suo mondo fantastico, la propria enclave, dove isolarsi per far volare la fantasia. Francie, magnifico esempio di resilienza e speranza, adorava leggere seduta sulla scala antincendio osservando l’albero e chissà, forse un giorno, avrebbe scritto un libro dove avrebbe tratteggiato la sua infanzia di miseria, dolore e riscatto. Perché Francie Nolan, animo sensibile, tenace e dolce, era come quell’albero che, resiliente, svettava i suoi rami alti e forti verso il cielo.
Era accaduto nel corso di un’altra estate di Brooklyn, ma dodici anni prima, che Johnny aveva incontrato per la prima volta Katie Rommely.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: "Un albero cresce a Brooklyn" di Betty Smith: un romanzo sempre attuale
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