Il Premio letterario Cesare Pavese nel 2023 celebrerà la quarantesima edizione: aspettando domenica 10 settembre è possibile intraprendere un itinerario alla scoperta dei luoghi natii de La luna e i falò.
Santo Stefano Belbo, paese natale dello scrittore, deve a Pavese il ritratto forse più riuscito della Langa piemontese, oggi meta di turismo internazionale. Qui luoghi e vicende letterarie si mischiano alla biografia dell’autore, per altrettante tappe di un viaggio tra sentieri e colline
Cesare Pavese è stato scrittore, poeta, traduttore e critico letterario. E, prima ancora, cantore devoto e raffinato della voce della sua terra che più di altri ha saputo ascoltare e reinterpretare.
Lo sanno bene quelli della Fondazione che porta il suo nome: a Santo Stefano Belbo, il paese natale ai confini tra la Langa cuneese e astigiana, nel cuore del Piemonte, dedicano allo scrittore un Festival e un Premio letterario che nel 2023 si prepara a festeggiare la quarantesima edizione, prevista per domenica 10 settembre.
La Langa di Cesare Pavese
Nell’attesa è possibile visitare i luoghi pavesiani alla ricerca di miti, personaggi e atmosfere del suo ultimo libro. Ci sono il Museo e il Centro studi. Ma soprattutto ci sono il fiume Belbo che ha dato il nome al paese, i sentieri e le colline: la Gaminella, il Salto, Moncucco. Percorrerle vuol dire rileggere le pagine de La luna e i falò (pubblicato nel 1950 e riedito, tra gli altri, da Einaudi, nel 2014 con l’introduzione di Gian luigi Beccaria) in una maniera nuova, direttamente attraverso lo sguardo dell’autore.
Negli anni in questo angolo di Piemonte sono nati itinerari di visita, percorsi a piedi in bicicletta, e un viaggio per immagini che permette un’esperienza virtuale grazie ai video realizzati durante la pandemia: si intitola “Io vengo di là”, citazione tratta dal racconto La Langa, contenuto in Feria d’agosto ed è un assaggio di quello che attende il viaggiatore alla ricerca di suggestioni letterarie.
Qualunque sia la scelta, a sorprendere ed emozionare è la verosimiglianza: passo dopo passo, pagina dopo pagina, visitatore e lettore coincidono. Allo stesso modo le vicende del libro e la biografia dell’autore si mischiano nei luoghi simbolo, che diventano altrettante tappe di un viaggio letterario e affettivo.
Merito della prosa misuratissima de La luna e i falò che regala alla Langa piemontese, oggi meta di turismo internazionale, un ritratto dettato da affetto profondo e, insieme, pudico. E, per questo, di ineguagliata eleganza.
La casa natale e i luoghi di Pavese
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Santo Stefano Belbo svela così al visitatore la casa natale di Pavese: la residenza di campagna dei genitori è arredata con mobili d’epoca, foto di famiglia, copie di pagine manoscritte e le varie edizioni italiane ed estere delle opere esposte in una collezione completa. E poi la chiesa dove è stato battezzato, il cimitero dove dal 2002 riposa lo scrittore.
Pavese e il casotto della Gaminella
A mano a mano che si procede però la distinzione tra vita e letteratura si fa più difficile. Il confine si sposta e si confonde. E tocca ad Anguilla prendere per mano il visitatore e condurlo in quella terra mitologica che è l’infanzia: è l’alter ego ormai adulto dello scrittore che, tornato in paese, racconta e ricorda.
Così il viaggio prosegue: dalla casa natale di Cesare Pavese bisogna imboccare un sentiero che risale la collina, la Gaminella, di recente riqualificato grazie alla collaborazione di enti e istituzioni.
Seguendolo per circa 400 metri si arriva al casotto del Padrino e della Virgilia, dove è cresciuto Anguilla.
Sul prato c’è una delle sei panchine letterarie che celebrano i luoghi simbolo di Cesare Pavese.
Un invito alla sosta, al riposo. E a godere dei:
l’odore della casa, della riva, delle mele marce, d’erba secca e rosmarino.
Il laboratorio di Nuto
Poco oltre si conserva un’altra dimora simbolo del libro: quella dell’amico, musicista e falegname Pinolo Scaglione, il Nuto de La luna e i falò.
Anche qui le sensazioni prevalgono: i ricordi hanno profumo e colore.
C’è un odore di legno fresco, di fiori e di trucioli che, nei primi tempi della Mora, a me che venivo da un casotto e da un’aia sembrava un altro mondo: era l’odore della strada, dei musicanti, delle ville di Canelli dove non ero mai stato.
La Mora e il Nido di Cesare Pavese
Bisogna invece proseguire sulla strada che porta a Canelli per raggiungere, ai piedi della collina del Salto, la Mora, la grande casa padronale dove Anguilla va a servizio.
La mora era come il mondo … Era un’America, un porto di mare. Chi andava, chi veniva, si lavorava e si parlava.
Intatta è anche l’atmosfera della palazzina del Nido, la villa nobiliare nella frazione di Sant’Antonio, luogo desiderato e ambito fulcro della vita mondana dell’alta società di paese,
sempre acceso, sempre in festa.
Santo Stefano Belbo: l’albergo dell’Angelo
Così come nella piazza centrale del paese c’è ancora l’albergo dell’Angelo.
Il poggiolo dà sulla piazza e la piazza era un finimondo, ma noi guardavamo di là dai tetti le vigne bianche sotto la luna.
L’albergo è lo stesso in cui soggiorna Cesare Pavese quando torna in paese. Una curiosità: in origine si chiamava “Albergo della Posta”. L’Albergo dell’Angelo, quello vero per amor di precisione storiografica, esisteva prima della guerra, ma si trovava all’interno del borgo vecchio.
La stazione ferroviaria di Santo Stefano Belbo
E poi la stazione ferroviaria oggi in disuso. I treni non si fermano più a Santo Stefano Belbo. Ma all’epoca del romanzo è quello il luogo dell’immaginario, la porta delle possibilità.
Certi giorni che ero nei beni, nelle vigne sopra la strada zappando al sole, e sentivo tra i peschi arrivare il treno e riempire la vallata filando o venendo da Canelli, in quei momenti mi fermavo sulla zappa, guardavo il fumo, i vagoni, guardavo Gaminella, la palazzina del Nido, verso Canelli e Calamandrana, verso Calosso, e mi pareva di aver bevuto del vino, di essere un altro, di esser come Nuto, di arrivare a valere quanto lui, e che un bel giorno avrei preso anch’io quel treno per andare chi sa dove.
Pavese e la sua Langa sono tutti lì, in quella frase, piena di un desiderio che si fa già nostalgia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Viaggio nella Langa con Cesare Pavese, l’itinerario de “La luna e i falò”
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