Nel giorno della Festa della donna le parole di Alda Merini riescono a dire l’inesprimibile. Il ritratto più compiuto dell’essere femminile l’ha dato proprio la poetessa dei Navigli con il suo lessico perfetto, a tratti dolce, a tratti pungente, che riesce a comporre la rappresentazione più sfaccettata e complessa della donna e delle battaglie da lei combattute nel corso dei secoli.
La poesia, composta nel 1988, ha un titolo emblematico che appare sotto forma di dedica: A tutte le donne. In occasione dell’8 marzo leggere queste parole appare come un doveroso omaggio, una celebrazione che contiene in sé anche una profonda riflessione su cosa significa essere una donna e su stereotipi e pregiudizi legati all’essere femminile.
Con la forza delle parole Alda Merini fa luce sulla complessità femminile, relegata dall’inizio dei tempi a un ruolo improprio di subordinazione e di inferiorità rispetto all’uomo. La poetessa non parla dell’“altra metà del cielo”, ma di esseri in se stessi completi capaci di farsi carico del miracolo della vita.
Riportiamo di seguito testo, analisi e commento della poesia di Alda Merini dedicata a tutte le donne.
A tutte le donne di Alda Merini: testo
A tutte le donne
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.
A tutte le donne di Alda Merini: analisi e commento
La prima strofa della poesia definisce l’essere femminile come “fragile e opulento”, due termini che appaiono in aperta contraddizione, ma l’antitesi è voluta dalla poetessa e sottintende un significato implicito.
Il corpo della donna nel corso dei secoli è stato oggetto di mille battaglie: è dunque “fragile” perché terreno di scontri, violenze, pregiudizi e aggressioni. Però è definito anche “opulento” perché quel corpo è generatore di vita, nelle viscere della donna si compie il miracolo della nascita. La complessità dell’essere femminile è espressa da Alda Merini tramite l’apparente antitesi tra due aggettivi.
Emerge poi l’elemento del Sacro nei termini “Dio”, “Paradiso”, “colpa”. Le Sacre Scritture infatti vedono nella donna Eva, la peccatrice, colei che portò Adamo sulla strada del peccato. In lei Dio ancora vede la colpa, secondo la religione, malgrado tutte le violenze e le offese che il corpo femminile ha dovuto sopportare e subire nel corso dei secoli. Le battaglie delle donne per l’emancipazione sono quindi definite “sante guerre”, perché combattute come Crociate per legittimarsi addirittura di fronte allo sguardo divino.
La donna infine viene definita come “matrice del Paradiso”, quasi in riferimento alla donna angelicata descritta da Dante tramite Beatrice. Vi è questa aperta contraddizione dunque, radicata in letteratura, che Merini porta alla luce: tra donna Angelo e donna Peccatrice.
In tutta la lirica la poetessa si serve di termini appartenenti ad campi semantici opposti mostrando come nella donna convivano il dolore e la gioia, la bellezza e la colpa, la morte e la vita. Tramite questi accostamenti ci viene rivelata tutta la complessità che è insita nella femminilità, uno spettro d’emozioni vasto e continuamente cangiante.
Nell’ultima strofa, infine, Alda Merini sembra far levare le voci di tutte le donne in un appello corale. La voce femminile si innalza, come l’araba fenice dalle proprie ceneri, e leva un canto che “grida ancora vendetta”.
Gli ultimi versi sono una ribellione ai soprusi e agli abusi compiuti dagli uomini sul corpo delle donne: di quella bellezza sfregiata dalla violenza permane comunque uno scheletro d’amore, che appare come un aperto inno alla vita.
L’espressione “scheletro d’amore” è un ossimoro che trasuda di significati: la donna ridotta a uno scheletro dal male compiuto dagli uomini è ancora in grado di generare la vita e occuparsi dei propri figli.
Nei versi finali la donna “diventa grande come la Terra” in una perfetta similitudine con Madre Natura, lo spirito creatore originario. Tramite una metafora ardita ed efficace la donna viene dunque paragonata alla Creazione, diventandone l’espressione stessa.
Il “canto d’amore” che si innalza dalla donna, nonostante i sorprusi subiti nel corso del secoli, è ciò che fa andare avanti il mondo generando nuova vita, permettendo all’Umanità di rinnovarsi in un eterno ciclo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “A tutte le donne” di Alda Merini: una poesia per l’8 marzo
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