Il poeta e drammaturgo Iosif Brodskij, premio Nobel per la Letteratura nel 1987, visse nella condizione di esule politico per gran parte della sua vita.
Era nato a Leningrado da una famiglia di origine ebrea e conobbe sin dall’infanzia l’assedio nazista della città. Iniziò a scrivere giovanissimo, a soli diciotto anni, ma la sua poesia fu sempre osteggiata dalla censura sovietica che la riteneva un’opera inutile e giudicava Brodskij un “parassita”. L’ostilità del governo russo costrinse il poeta a un perenne peregrinare.
Viaggiò molto, visse a lungo in Austria e in America, frequentò soprattutto l’Italia - sua patria d’elezione - e in particolare la città di Venezia per la quale nutriva una passione profonda, forse perché la laguna veneziana gli ricordava, di riflesso, la città natia: San Pietroburgo.
A Venezia, città acquorea e fluttuante, Brodskij dedicò un breve saggio Fondamenta degli incurabili (pubblicato originariamente nel 1989 con il titolo Watermark), edito in Italia da Adelphi.
Un libricino smilzo, di nemmeno cento pagine, che conteneva tutti gli appunti che il poeta annotava meticolosamente sul suo taccuino durante i suoi vagabondaggi tra calli e campielli.
A partire dal 1972 Brodskij si recò a Venezia quasi ogni anno, soprattutto nella stagione invernale quando poteva osservare il mare riempire il canale “come una vasca da bagno” e traboccare al di fuori degli argini.
Il testo del poeta russo ci offre una delle descrizioni più pittoresche della laguna. Per spiegare la bellezza Brodskij fa riferimento all’acqua che ci restituisce l’immagine frammentata della città e dei palazzi circostanti. Proprio quella stessa acqua che nei secoli ha trasportato vascelli, galeoni, pirati, gondole e marinai.
Nella poetica di Iosif Brodskij l’acqua si trasfigura in una dimensione metafisica, l’elemento acquoreo si smaterializza ed ecco che, nella sua anarchia, diventa metafora del Tempo. L’acqua come il tempo non ha forma e non può essere fermata, nessun argine può impedire il suo eterno fluire.
Iosif Brodskij e l’acqua come metafora
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Iosif Brodskij amava soggiornare a Venezia durante l’inverno, quando la città assumeva i contorni e la malinconia soffusa della sua natale San Pietroburgo, dove non avrebbe più potuto fare ritorno.
L’inverno dal forte odore di alghe congelate.
così lo definisce il poeta e in quella sinestesia di sensazioni e odori sembra appellarsi alla sua memoria autobiografica.
Brodskij era solito percorrere la laguna soprattutto al tramonto, quando “la luce invernale era massima nella sua purezza”.
In questi momenti, in cui lento il sole trascolorava nei riflessi liquidi, il poeta intratteneva un dialogo profondo e struggente con la città, e in particolare con il suo elemento essenziale: l’acqua.
L’elemento dell’acqua nelle parole di Iosif Brodskij assume caratteristiche quasi divine. L’acqua rispecchia il riflesso di Dio e si fa quindi immagine del tempo, allegoria del destino umano.
In più esiste indubbiamente una corrispondenza – se non un nesso esplicito – tra la natura rettangolare delle forme di quel pizzo – ossia degli edifici veneziani – e l’anarchia dell’acqua, che disdegna la nozione di forma. È come se lo spazio, consapevole – qui più che in qualsiasi altro luogo – della propria inferiorità rispetto al tempo, gli rispondesse con l’unica proprietà che il tempo non possiede: con la bellezza.
Nelle pagine di Fondamenta degli incurabili dense di riflessioni, poesie e pensieri, il poeta intesse questa intensa conversazione con l’acqua che è sostanza stessa della città, ma anche della vita, e protagonista assoluta delle sue riflessioni.
Acqua è uguale a tempo: la citazione di Iosif Brodskij
Ripeto: acqua è uguale a tempo, e l’acqua offre alla bellezza il suo doppio. Noi, fatti in parte d’acqua, serviamo alla bellezza allo stesso modo. Toccando l’acqua, questa città migliora l’aspetto del tempo, abbellisce il futuro. Ecco la funzione di questa città nell’universo. Perché la città è statica mentre noi siamo in movimento. La lacrima ne è la dimostrazione. Perché noi andiamo e la bellezza resta. Perché noi siamo diretti verso il futuro mentre la bellezza è l’eterno presente. La lacrima è una regressione, un omaggio del futuro al passato. Ovvero è ciò che rimane sottraendo qualcosa di superiore a qualcosa di inferiore: la bellezza all’uomo. Lo stesso vale per l’amore, perché anche l’amore è superiore, anch’esso è più grande di chi ama.
Questo appunto, il frammento 51 situato a pagina 108, reca in calce una data: “Novembre 1989”.
Il dialogo di Brodskij con Venezia assume una dimensione metafisica. L’acqua che scorre tra le vie della città, che scava e lentamente corrode le sue fondamenta, diventa metafora del tempo che scorre incessante e non si ferma mai.
Il poeta esprime infatti un’uguaglianza netta: “Acqua è uguale a tempo” e si avvale del simbolismo offerto dall’acqua per affrontare un argomento difficile, insidioso, come può esserlo il senso dell’esistenza, il significato del vagare umano.
Anche noi esseri umani, ribadisce l’autore, siamo in parte composti d’acqua: la differenza è che la città di Venezia rimane immobile pur nel suo costante fluire, mentre noi siamo in perenne movimento. In quanto esseri umani siamo sempre esuli nel percorso della vita.
In questa frase Brodskij sembra evocare, tra l’altro, anche il perenne migrare che fu fondamento del suo esilio.
Acqua è uguale a tempo di Iosif Brodskij: significato
La lacrima di cui parla Brodskij è suscitata dalla bellezza, perché nella lacrima che si condensa l’uomo cerca di trattenere la percezione del bello che l’ha colpito. Non possiamo trattenere la bellezza se non attraverso una lacrima, una goccia d’acqua destinata fluire dal nostro volto, perché noi siamo diretti verso il futuro, continuiamo a camminare, a procedere, a fluire.
Infine, il poeta giunge a paragonare questa percezione eterna, metafisica, della Bellezza all’Amore, poiché entrambe sono entità superiori capaci di sovrastare l’essere umano. Anche il sentimento dell’amore, afferma infine il poeta, è sempre maggiore - infinitamente più grande - di chi ama.
Così Iosif Brodskij sembra percepire, osservando il tramonto infuocato dietro la laguna, che la Bellezza è un eterno esilio: poiché è sempre qui, appare irrimediabilmente vicina, eppure è altrove. Quella bellezza si condensa per un attimo in una lacrima umana, destinata comunque a fluire e a dissolversi nella nuova distribuzione della luce.
Il poeta sembra cogliere, attraverso i suoi taccuini, un frammento di eternità e renderlo esplicito, tangibile, attraverso la scrittura.
C’è poi l’acqua a scandire questo movimento, questo eterno esilio, consegnando alla bellezza il suo doppio perché se ne fa riflesso speculare e, al contempo, ritratto fedele come in uno specchio riflesso.
Così come l’occhio dell’uomo guarda il mondo, riflettendolo nella sua iride, e cerca di rapirlo in una lacrima.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Acqua è uguale a tempo”: le parole di Iosif Brodskij che spiegano la vita
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