Lungo le dolci colline della Riviera del Conero, nelle Marche, si erge il piccolo borgo di Recanati famoso per aver dato i natali al poeta Giacomo Leopardi.
Il “natio borgo selvaggio” da cui Leopardi aveva a lungo agognato la fuga per non far mai più ritorno si compone di un manipolo di case abbarbicate lungo i pendii, di una poderosa cinta muraria e di una piazzola che ci appare inondata dall’incandescente sole estivo.
Tutto è silenzioso e ordinato per le vie di questa quieta cittadina marchigiana, vasi di gerani odorosi sono posti alle finestre di ogni casa e il nome di Giacomo Leopardi è inciso ovunque.
Le opere del poeta hanno dato il nome a bar, ristoranti, locali e vie della città che oggi recano insegne care agli amanti della letteratura quale Lo Zibaldone, il ristorante A Silvia o la locanda del Passero solitario.
Le poesie del Conte Leopardi sono scritte su ogni muro in un bel corsivo svolazzante che ne ricalca la grafia originaria, come a testimoniare che Leopardi può anche aver abbandonato Recanati, ma la città non si è certo dimenticata del “suo Poeta”.
Recanati è stata rinominata poeticamente La città dell’Infinito, come testimonia il cartello posto ad accogliere i visitatori all’ingresso della cinta muraria. Si ha la sensazione, giungendo da lontano, di varcare la soglia di un regno incantato nel quale il tempo sembra essersi fermato all’Ottocento. La modernità sembra non aver intaccato questo borgo dove, nell’afoso caldo estivo, ogni cosa sembra permanere immobile in una segreta immobilità e lungo i ciottoli del centro pare di sentire l’eco degli zoccoli dei cavalli che un tempo transitavano lungo le vie.
La presenza di Giacomo Leopardi è più viva che mai in questi luoghi, dove tutto sembra parlare di lui. Il volto del poeta è stampato su ogni cartolina, biglietto, ritratto e i suoi scritti appaiono ad ogni angolo, le sue parole sono presenti persino sui menù dei ristoranti che ci indicano le pietanze preferite del giovane Conte.
Ma qual è l’itinerario ideale per un appassionato che vuole ripercorrere i passi del poeta dell’Infinito? Vi proponiamo una passeggiata tra i luoghi leopardiani, a partire da casa Leopardi che è stata riaperta al pubblico il 18 giugno 2020 rendendo accessibili ai visitatori anche gli appartamenti privati di Giacomo Leopardi.
Le stanze private del poeta e i suoi giardini, chiusi da duecento anni, dopo accurati lavori di restauro sono stati aperti per la prima volta al pubblico. Ora è dunque possibile recarsi sulle tracce di Leopardi, cercando di cogliere quella scintilla di ispirazione che diede vita alle sue poesie.
Ove abitai fanciullo: l’itinerario di visita
La prima tappa d’obbligo per ogni visitatore è Casa Leopardi che si trova nel centro storico di Recanati, proprio di fronte alla piazzola del Sabato del villaggio. Le imponenti mura di mattoni della casa del Conte Monaldo, fondata nel lontano XIII secolo, si aprono al pubblico mostrando i segreti della nobile famiglia Leopardi.
L’antica residenza è tuttora abitata dai discendenti del poeta che ne mantengono viva la memoria.
Il percorso Ove abitai fanciullo consente l’accesso ai saloni di rappresentanza del Palazzo, alla collezione d’arte ospitata nella galleria, alla biblioteca del Conte Monaldo, al salottino dei fratelli Leopardi e alla stanza da cui Giacomo contemplava le "vaghe stelle dell’Orsa". Sono inoltre visitabili anche i giardini di ponente e levante nei quali il poeta scrisse i versi immortali de Le ricordanze.
L’itinerario di visita ha inizio dal complesso museale di casa Leopardi, nel quale sono custoditi gli scritti autografi del Poeta - tra cui il manoscritto dell’Infinito e gli scritti giovanili - e alcuni cimeli di famiglia: la culla e il corredo di battesimo del piccolo Giacomo, il panciotto del Conte Monaldo, parte dell’abito da sposa di Adelaide Antici, oltre al bastone da passeggio utilizzato da Leopardi adulto e altri oggetti che accompagnarono la vita quotidiana del poeta e dei vari componenti della famiglia Leopardi.
Si prosegue poi lungo i corridoi di casa Leopardi tra scale di marmo e ampi soffitti sino al cuore delle stanze abitate un tempo dalla famiglia.
Il luogo che lascerà ogni lettore senza fiato è l’ampia biblioteca del Conte Monaldo in cui sono custoditi oltre 20.000 volumi. Il Conte la considerava il suo tesoro più prezioso e la conservò minuziosamente, aggiornando di volta in volta l’inventario dei libri presenti secondo una precisa catalogazione manuale che redigeva accuratamente con l’aiuto dei figli. Monaldo voleva che la biblioteca fosse aperta a tutti, per istruire il popolo; per testimoniare la propria volontà fece incidere una piccola lastra marmorea posizionata all’ingresso della seconda sala.
Filiis Amicis Civibus Monaldus de Leopardis Bibliothecam
Il proposito era nobile, tuttavia i visitatori all’epoca furono pochi, poiché il popolo era perlopiù illetterato e stretto da necessità più urgenti della cultura. Il visitatore più assiduo si chiamava Giacomo Leopardi e vi trascorse gli anni di “studio matto e disperatissimo”. Oggi si calcola che Giacomo abbia letto circa il 70% dei libri contenuti nella biblioteca paterna: la prima stanza, contenente seimila volumi, era in quella in cui il poeta era solito studiare le sue “sudate carte”.
I libri sono tuttora disposti sugli scaffali secondo la disposizione rigidissima voluta da Monaldo. Da accanito bibliofilo il Conte considerava quei libri la sua “finestra sul mondo” e tale furono senza dubbio per il figlio che scoprì, grazie a quelle pagine, una vita ben più ampia e libera di ciò che offriva il borgo selvaggio di Recanati.
La biblioteca di casa Leopardi e la piazza del Sabato del villaggio
Non sfuggirà di certo agli occhi attenti dei lettori la teca contenente i libri proibiti, nei quali Monaldo custodiva i libri messi all’Indice dalla Chiesa di Roma. Dietro il suo permesso anche ai figli era concesso di leggerli, ma badate bene, era sempre lui a possedere la chiave. Dalla finestra della sala principale della Biblioteca è possibile ammirare la piazza del Sabato del villaggio che ispirò al poeta la celebre lirica, che potrete recitare a memoria immaginando di vedere ciò che Leopardi vide allora.
La donzelletta vien dalla campagna,
In sul calar del sole,
Col suo fascio dell’erba; e reca in mano
Un mazzolin di rose e di viole,
Onde, siccome suole,
Ornare ella si appresta
Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Nel salottino attiguo alla biblioteca pare di vedere i piccoli fratelli Leopardi, Carlo, Giacomo e Paolina rincorrersi e fronteggiarsi nel famosi tornei culturali voluti dal padre. I fratelli erano sottoposti a vere e proprie prove di intelligenza per fare sfoggio della loro cultura dinnanzi agli ospiti di casa Leopardi. Secondo quanto riportato dai carteggi epistolari Monaldo sottoponeva periodicamente i figli a questi “spettacolini” da loro vissuti con grande ansia: i bambini addirittura non riuscivano a chiudere occhio nelle notti precedenti al “grande giorno” tanta era l’eccitazione nel partecipare. Le domande cui dovevano rispondere i piccoli fratelli Leopardi poi, come testimoniano i testi rinvenuti fino a noi, non erano affatto facili: si trattava di veri e propri trattati di retorica, logica e grammatica. Giacomo tuttavia era il più brillante di tutti. A soli quattordici anni aveva fatto fuggire tutti gli istitutori privati che affermavano di “non aver più nulla da insegnare” al giovane Conte Leopardi. Pare fosse lui ormai a correggere le loro zoppicanti versioni di latino e greco, che presentavano sempre qualche imprecisione. La mente geniale di Leopardi già si rivelava un prodigio, sarebbe cresciuta tra le mura della biblioteca paterna come una pianta innaffiata da un giardiniere attento, ma sarebbe divenuta anche la sua sventura.
Il giardino delle Ricordanze e la stanza di Giacomo Leopardi
La visita prosegue quindi nel giardinetto interno di casa Leopardi che ispirò al poeta i versi delle Ricordanze. Un giardino fiorito e ben conservato dal quale è possibile ammirare la finestrella della stanza del poeta. Impossibile non riportare alla mente in questo luogo i versi immortali de Le ricordanze che proprio in questo angusto spazio presero vita:
Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.
Si salgono dunque le scale degli appartamenti privati per raggiungere la stanzetta dove Leopardi scriveva, come testimonia il piccolo scrittoio ancora macchiato dall’inchiostro nero del suo calamaio. Gli ambienti sono stati conservati proprio come duecento anni fa: si attraversa il salottino di benvenuto, quindi la stanza di Carlo e infine la stanza di Giacomo. Incredibile pensare che in questa semplice camera, ristretta e angusta, siano nati alcuni dei versi più belli della letteratura italiana. Un letto, uno specchio, uno scrittoio e poco più, eppure su ogni cosa sembra aleggiare lo spirito del poeta che ancora pare affacciarsi alla finestra che volge sul giardino per contemplare le “vaghe stelle dell’Orsa”.
Uscendo dall’ingresso principale di casa Leopardi è possibile accedere
agli spazi abitati da Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi che ispirò la celebre lirica A Silvia. Contrariamente a quanto si pensa, Leopardi non era innamorato di “Silvia”, ma nella fanciulla vedeva un suo doppio, un suo contraltare, anche lei infatti viveva la sua giovinezza in quella casa intessendo grandi sogni: quelli di Silvia furono spezzati da una morte precoce, mentre quelli del Poeta dall’apparire dell’“arido vero” nell’età adulta. Porgendo l’orecchio tuttavia si può ancora udire il “perpetuo canto” di Silvia nel maggio odoroso che risuona per le quiete stanze e le vie d’intorno.
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Recanati e il colle dell’Infinito
Imperdibile una passeggiata poetica lungo i colli dell’Infinito che vi condurrà a perdervi tra il frinire costante dei grilli e il cinguettio degli uccelli in un mondo bucolico che solleticò l’immaginazione del Poeta. I visitatori più romantici potranno prenotare la suggestiva Infinito Experience, un percorso teatralizzato che vi condurrà alla scoperta dei luoghi leopardiani scortati da un attore che recita le più belle liriche del poeta.
Proseguendo lungo i giardini ombreggiati dalle piante raggiungerete infine il memoriale che è stato dedicato a Giacomo Leopardi riportando l’iscrizione degli intramontabili primi versi dell’Infinito: Sempre caro mi fu quest’ermo colle. Il colle dell’Infinito è ormai stato trasformato in un parco letterario dedicato a Giacomo Leopardi e le parole del poeta sembrano ancora aleggiare come un’aura tutt’intorno.
Se desiderate vedere il luogo in cui Leopardi scrisse la sua poesia più celebre potete accedere all’Orto sul colle dell’Infinito, gestito dal FAI, che vi propone un’esperienza multimediale immersiva dentro le parole dell’Infinito tra analisi e documenti inediti, fino ad avere accesso al suggestivo orto magnificamente conservato. Da qui potrete avere una visione completa dell’“ermo colle” e della siepe che ispirarono i versi indimenticabili della letteratura italiana.
Non potrete fare a meno, mentre lo sguardo si perde lungo l’orizzonte, di recitarne almeno l’incipit con gli occhi rivolti all’ampia campagna soleggiata e il cuore colmo di un’improvvisa gratitudine:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma, sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Casa Leopardi a Recanati: un itinerario poetico sui luoghi dell’Infinito
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