...e bussammo alla porta del Lupo
- Autore: Sonia Ferraro
- Anno di pubblicazione: 2010
In "E bussammo alla porta del lupo", si immagina che, in una vecchia chiesa, diroccata e sconsacrata, siano state trovate lettere e frammenti di lettere, di cui alcune hanno la forma di liriche. Tutte raccontano varie storie, episodi reali o immaginati, vissuti con accenti tali che portano a scoprire e riflettere sull’odissea della vita. Si decide di pubblicarle in questa opera, di cui il titolo richiama, nel lupo, la paura dell’altro da sé, vissuto come diverso e minaccioso, ma, come dice l’autrice, "l’altro, il lupo, non è il diverso, il simile, l’uomo nero, il vicario buono o cattivo che si oppone a noi, l’altro siamo noi". La struttura dell’opera vede raggruppate le lettere, i frammenti e le poesie secondo tre fili tematici. (Note di copertina - Casa editrice La Riflessione, 2010)
Il libro “…e bussammo alla porta del Lupo” di Sonia Ferraro ha una dimensione implicitamente ontologica, orientata verso la completa analisi della soggettività, dunque del sé e nella dialettica del medesimo e dell’altro. L’esperienza non è la verità assoluta, ma una rappresentazione d’idee, immagini, concetti, sogni che esprimono un modo di essere legato ad una condizione umana universale. L’autrice fa notare, con il suo stile narrativo, come questa essenza comune, ridefinita ed infondata, in ogni istante, possa assicurare l’unità e la totalità dell’agire umano nella sua piena autonomia. Questo passaggio lascia intuire come nell’opera le tre forme tematiche scelte (epistole, rime e poesie) siano delle espressioni di un racconto personale in un divenire significativo, non nei fatti, molto tralasciati per dare vita al pensiero costruttore d’immagini, ma nelle semantiche comuni; a mio avviso, l’unico modo di avanzare nella ricerca di soluzioni possibili o provabili. L’uomo diventato oggetto in un mondo soggettivo, che non gli appartiene, ma al contempo ne riconosce la forza pervasiva, trasforma la sua stessa essenza, ingannevole convinzione che non ammette errori di giudizio. L’autrice realizza in questo modo la perdita della realtà apparente verso un nuovo modo di proporre la libertà universale dell’essere umano. Il contenuto si impone all’esperienza inventata o solo nostalgicamente immaginata nel suo ricordo, distaccata dal contesto oggettivo in cui l’obiettività diventa preda dei limiti, ma inerente all’autoesame delle reazioni mentali, legate all’esperienza scritta e alla fruttuosità del testo, rendendo necessari nuovi modelli d’interpretazione e di previsioni di quelle trame che lentamente si snodano, sensibilizzano il lettore nella loro funzione di appoggio, non per creare dipendenza, ma aperture mentali anche implicite. Dell’opera risulta quindi chiara l’identità, considerando le varie applicazioni d’uso della forma scritta, impostata sul contatto umano attraverso una rivisitazione dell’essere in quanto tale. Buono il mio giudizio sul libro.
E bussammo alla porta del lupo
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