La novella Guerra di santi di Giovanni Verga venne pubblicata per la prima volta il 23 maggio 1880 sulla rivista Fanfulla della domenica.
Dall’analisi dei manoscritti verghiani risulta che il titolo originale dell’autografo fosse San Rocco e San Pasquale, successivamente bocciato al momento della pubblicazione.
Nell’agosto dello stesso anno il testo fu edito in volume dall’editore milanese Treves all’interno della raccolta di novelle Vita dei campi (1880). Guerra di santi era la penultima novella della raccolta e si distingueva dalle altre per il peculiare punto di vista corale adottato dall’autore.
Il testo illustra una tragicomica rivalità nata tra gli abitanti di due diversi quartieri dello stesso paese durante i festeggiamenti dei rispettivi santi patroni, San Rocco e San Pasquale. Verga narra con un’ironia tagliente che diventa riflessione accorta una guerra nata per futili motivi, paradossalmente una “guerra religiosa” che provoca una violenza inaudita e avrà conseguenze imprevedibili.
La conclusione getta una luce moralistica sull’intera vicenda che sembra voler ribadire quanto in fondo siano sciocche e inconsistenti le ragioni che causano le guerre tra gli uomini.
Scopriamo ora riassunto, analisi e commento della novella di Verga.
Guerra di santi: riassunto della novella di Verga
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Guerra di santi affronta il tema degli scontri avvenuti tra i devoti dei santi protettori di due diversi quartieri siciliani, San Rocco e San Pasquale.
Gli abitanti del quartiere di San Pasquale, invidiosi del successo della processione di San Rocco, iniziano a invocare a gran voce il loro santo suscitando così una zuffa che degenera ben presto in veri e proprio scontri a suon di legnate e volti coperti di sangue.
La baruffa degenera a tal punto da creare problemi seri anche all’interno delle famiglie. Due fidanzati, Nino e Saridda, decidono di rompere la promessa di matrimonio perché appartenenti ai rioni rivali.
La guerra degenera anche per motivi economici, che tuttavia appaiono strettamente legati a quelli religiosi. Verga sembra condannare, tra le righe, i privilegi della Chiesa che predica la povertà ma si mostra invincibilmente legata al Dio denaro. I preti di San Pasquale infatti ottengono il permesso da parte del Vaticano di portare la mozzetta (la mantellina corta coi bottoni portata dagli alti ecclesiastici, Ndr) mentre i preti di San Rocco non hanno abbastanza denaro per guadagnarsi l’ambito privilegio. La faida religiosa quindi si complica per ragioni di denaro, per dirla con le parole di Verga “la faccenda s’era fatta grossa”, e i parrocchiani di San Rocco si spingono fino a Roma per presentare al Santo Padre la loro contesa. Tuttavia, come dimostra il narratore, la Chiesa non è esente dall’attaccamento per la “roba”, ovvero il denaro, che contraddistingue il popolino mostrando un atteggiamento quantomeno blasfemo.
Mentre gli uomini sono impegnati a disquisire su queste futili ragioni di contesa, la carestia, il colera e la siccità si abbattono sul paese siciliano. Il popolo, sconvolto dalla calamità, inizialmente attribuisce la colpa al santo del rione avversario. Infine, stremato, si appella a entrambi i santi pregando e invocando pietà e la fine dell’emergenza.
Anche i fidanzati separati dalla guerra dei santi, Nino e Saridda, si riuniscono come i promessi sposi manzoniani dopo aver sperimentato sulla propria pelle la pestilenza. Tutto dunque finisce bene, come nella migliore delle commedie. I rancori si sono spenti e sembra essere tornata la pace, sopra la quale continua tuttavia a resistere - un po’ per scherzo, un po’ per orgoglio - un’ombra di litigio.
- Sì, faremo la festa per quelli che son morti! - sogghignò Nino.
- E tu che sei vivo per San Rocco forse?
- La volete finire, - saltò su Saridda, - che poi ci vorrà un altro colera, per far la pace! -
La comicità di Verga si trasfonde nel tragico perché mostra l’aspetto più vero e specchiante della realtà, suscitando un riso amaro nel lettore.
Guerra dei santi: analisi della novella di Verga
L’assoluta peculiarità della novella Guerra di santi è data dal punto di vista assunto dall’autore. Verga volutamente non si avvale della prospettiva di questo o quel personaggio, ma imposta una narrazione corale. Tutti i punti di vista risultano quindi avere pari dignità in una narrazione che appare simultanea di “discorso vissuto”. L’uso del discorso indiretto libero sembra anticipare, in queste pagine, il discorso corale che prenderà il sopravvento nel capolavoro I Malavoglia.
Questo procedimento si inserisce nell’ambito della poetica del vero, il cosiddetto Verismo che caratterizza la narrazione verghiana.
Giovanni Verga sceglie, narrando la Guerra di santi, di adottare la tecnica dell’impersonalità per lasciare che siano i fatti, nella loro esplicita fattività, a parlare e non i singoli personaggi. Le osservazioni dell’autore trapelano attraverso il racconto, ma non sono mai direttamente espresse.
Saranno infine le forze indescrivibili che governano la natura - e non le azioni umane - a ripristinare l’ordine perduto, scombinandolo attraverso siccità, carestie ed epidemie, catastrofi maggiori di una guerra inutile e insensata.
Nella conclusione emerge l’accezione moralizzante che il narratore intendeva dare alla novella attraverso il fermo rimprovero di Saridda al fratello e al marito. Dopo aver descritto l’antagonismo insito nella condizione umana, Verga sembra proporre un lieto fine consolatorio in cui a trionfare sono i sentimenti miti e una vaga promessa di pace. I personaggi non sembrano aver imparato fino in fondo la lezione, infatti tornano a invocare i propri santi, però il recente timore dei fatti appena trascorsi li pone sulla difensiva. Con spietato realismo Verga ritrae una pace precaria, un stabilità costantemente minacciata, come è proprio delle questioni che riguardano l’umanità.
L’autore lascia infine aperto uno spiraglio di speranza appellandosi a quel residuo di solidarietà che ancora sopravvive tra gli uomini.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Guerra di santi: riassunto, analisi e significato della novella di Verga
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