Il 2 novembre è una giornata che evoca atmosfere brumose e malinconiche: nebbia all’orizzonte, un campanile che suona in lontananza con lenti e cupi rintocchi. Il giorno dei morti sembra essere in bilico tra due dimensioni, quella mortale e quella ultraterrena: si apre un portale nel varco del tempo.
Tutto ciò è stato reso magnificamente da Giovanni Verga nella novella La Festa dei morti, contenuta nella raccolta di dodici novelle Vagabondaggio (Firenze, 1887). Si tratta di un racconto atipico che si discosta dalle narrazioni verghiane più classiche, intrise di realismo: la componente fantastica riveste un ruolo preponderante e sembra rimandare alla letteratura gotica europea in voga nella seconda metà dell’Ottocento.
In Sicilia la Festa dei morti è una ricorrenza molto sentita, che mescola culto cristiano e tradizioni pagane celebrando i defunti con letizia nel loro atteso “ritorno a casa”. Il culto dei morti nella cultura siciliana ha un valore quasi sacrale: onorare la memoria dei morti è fondamentale perché il ciclo della vita prosegua ininterrotto, senza interferenze. Nei tempi antichi questa Festa era una ricorrenza sentita anche nella tradizione agreste, poiché coincideva con il momento della semina e i contadini facevano scorta di provviste per affrontare i lunghi mesi invernali. Ai bambini siciliani figli di agricoltori, in occasione di questa ricorrenza, venivano portati dei doni che i genitori deponevano la notte sulla punta delle loro scarpe. Ma si usava lo scambio di doni anche tra parenti, fidanzati e congiunti.
Giovanni Verga riprende questa atmosfera festosa nel suo racconto, intrecciandola tuttavia con una trama più cupa che approda infine a un necessario significato morale.
Nella novella, ambientata sul litorale catanese, le protagoniste sono infatti anime che non hanno avuto diritto al conforto pietoso del ricordo.
Scopriamone riassunto, analisi e significato.
La Festa dei morti: riassunto della novella di Verga
Nella collina solitaria, irta di croci sull’occidente imporporato, dove non odesi mai canto di vendemmia, né belato d’armenti, c’è un’ora di festa, quando l’autunno muore sulle aiuole infiorate, e i funebri rintocchi che commemorano i defunti dileguano verso il sole che tramonta. Allora la folla si riversa chiassosa nei viali ombreggiati di cipressi, e gli amanti si cercano dietro le tombe.
Ma laggiù, nella riviera nera dove termina la città, c’era una chiesuola abbandonata, che racchiudeva altre tombe, sulle quali nessuno andava a deporre dei fiori.
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La novella di Verga La Festa dei morti è connotata sin dall’incipit da un’atmosfera spettrale. L’autore riprende tutte le caratteristiche principali dell’ambientazione gotica: la collina solitaria, le tombe, il crepuscolo e la chiesa abbandonata. I rintocchi del campanile risuonano al tramonto scandendo le ultime ore del giorno.
Mentre il popolo agreste si prepara gioiosamente all’atmosfera della festa, nella caverna sotterranea, sottostante la chiesa, si risvegliano le anime dei morti. Proprio nella grotta è situata una stanza denominata “La camera del prete”, in cui i pescatori non osano neppure gettare la lenza, poiché in quel cubicolo si dice che viva il fantasma di un prete che fu tentato dal peccato di voluttà.
Verga indugia nella descrizione, quasi orrorifica, dei morti “di ogni sesso ed età” sepolti nella caverna che sembrano sorridere nei loro ghigni consunti nel riflesso del sole che tramonta rilucendo nella grotta. Appena si abbuia le anime dei morti dimenticati si risvegliano per recarsi nella “Camera del prete”: hanno teschi calvi dalle orbite vuote nelle quali si intravede la polvere del sepolcro.
Terminata la descrizione macabra delle condizioni dei cadaveri, Giovanni Verga rilette sul significato della morte in un lungo paragrafo che evoca l’assenza di sensazioni: “più nulla! più nulla!”. Inizia così un’interminabile serie di negazioni che evoca quell’inesplorabile “nulla” che è la morte, una dimensione impenetrabile in cui non esiste più alcun desiderio, né strazio né forma di rancore:
Più nulla! più nulla! - Né la tua treccia bionda, che ti cade dal cranio nudo. – Né i tuoi occhi bramosi, pei quali egli sfidò il disonore e la morte, onde portarti il bacio delle labbra che non ha più. Ti rammenti, i baci insaziati che dovevano durare eterni?
Oppure le lotte in cui l’uno si è logorato. – Né le speranze che hanno accompagnato l’altro sin là. – Né i fiori del campo per cui si è tanto sudato. – Né i libri sui quali si è vissuto tanta e tanta vita. – Né la bestemmia del marinaio che stringe ancora le alghe secche nelle falangi contratte.– Né la preghiera del prete che implora il perdono dei falli umani.
Il discorso si rovescia nella degli elementi naturali che ai morti non sono più visibili: non possono più godere dell’incanto di un cielo tempestato di stelle, né del palpito costante del mare che si infrange sulla riva.
Nella conclusione si torna infine al presente. Verga annuncia che la “Camera del prete” verrà rimossa per la costruzione di una nuova diga. La sepoltura viene quindi sollevata dagli operai e, al suo interno, non sembrano esserci che granchi pronti a correre via.
Il mare quindi tornò a distendersi calmo e piatto come una tavola, cancellando per sempre la leggenda macabra della “Camera del prete”. Il luogo divenne meta di pellegrinaggio di curiosi che si recarono sul vecchio sepolcro nella speranza di rinvenirvi un antico tesoro. Svanita ogni prospettiva di ricavarci dei quattrini, ecco che tutti si risolsero allegramente per giocare i numeri al lotto; tuttavia non vi ricavarono un soldo.
La Festa dei morti: analisi e significato della novella di Verga
Nella sua novella Giovanni Verga rievoca l’importanza che il 2 novembre, giorno della Festa dei morti, aveva nella tradizione agreste siciliana. Ritroviamo infatti i riferimenti ai doni che venivano scambiati per la ricorrenza: i regali posati sulle scarpe dei bambini, i fidanzati che donano alle fidanzate uno spillone. La gioia di vivere dei contadini che, al calar del sole, si recano a festeggiare lieti, si contrappone tuttavia a un’atmosfera di mistero.
Verga fa rivivere l’antica leggenda che narrava della “Camera del prete”, sul litorale catanese, dove si narrava fosse sepolto un prete che aveva peccato.
Addentrandosi nel mistero della “Camera del prete”, l’autore siciliano fa rivivere quelle anime di defunti che non trovano pace a causa dell’oblio in cui sono cadute a causa della dimenticanza dei vivi. Questi cadaveri, imbruttiti dall’assenza di una vera sepoltura, si agitano nella cripta della chiesa e, nell’ora, del tramonto sembrano ballare una specie di sabba, di danza macabra.
Verga si serve della macabra atmosfera per analizzare il mistero imperscrutabile della morte e la passività che essa produce. Totale assenza di sensazioni, di desiderio, di sentimento, la penna del narratore siciliano si addentra nell’oscurità senza fondo dell’aldilà e ne analizza le pieghe, le sfumature, componendo un paragrafo poetico di innegabile fascino, scandito dall’uso cadenzato dei trattini che sembrano prefigurare i punti di un lungo elenco che potrebbe proseguire ben oltre il punto. L’analisi verghiana tocca tutti gli elementi dell’assenza: esplorando dapprima la mancanza di sentimenti (rabbia, gioia, dolore), per poi indagare l’impossibilità di far peccato, sino a giungere all’assenza totale di sensazioni e di contatto con gli elementi naturali di cui invece i vivi possono godere ogni giorno - e spesso non ci fanno caso.
L’onda che si ingolfa diventa così metafora dell’oblio che lentamente ricopre ogni cosa, portando via ogni ricordo.
Nella novella La Festa dei morti Giovanni Verga è abile nell’intrecciare i temi della tradizione alle atmosfere della letteratura gotica, componendo altresì un mirabile elogio alla memoria.
I vivi, nel finale, appaiono come creature sciocche e sventate, legate alla materialità del contingente che si preoccupano di cose futili, vincite incerte e guadagni facili, pensano ad accumulare denaro, un bene in realtà senza valore. La macabra danza degli scheletri nella caverna sotterranea appare quasi come un monito.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La Festa dei morti: riassunto, analisi e significato della novella di Verga
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