Si spegneva a New York il 10 aprile 1931 Kahlil Gibran, poeta libanese naturalizzato statunitense, divenuto emblema della cultura degli anni Sessanta.
La poesia mistica di Gibran ha saputo unire l’arte della meditazione orientale alla letteratura occidentale, trasformando così lettura e scrittura in uno strumento di profonda riflessione esistenziale. Si fece la fama di scrittore visionario perché le sue parole erano quelle di un profeta, capaci di forgiare le menti e imprimersi indelebili nelle coscienze.
Pittore, filosofo, scrittore, Kahlil Gibran dimostrò sin dall’infanzia un’indole solitaria e riflessiva. Preferiva lunghe passeggiate nella natura al chiasso di compagnie rumorose; proprio da quelle escursioni in solitaria trasse l’ispirazione necessaria per comporre le sue poesie e i suoi dipinti. La poesia di Gibran ci parla del costante fluire dell’acqua, del ciclo della vita e del movimento degli astri tramutando il simbolismo naturale in una realtà effettiva dalla quale trarre preziosi insegnamenti.
Il libro più celebre di Gibran è Il profeta pubblicato nel 1923. Un volume peculiare, unico nel suo genere, composto di ventisei saggi scritti sotto forma di poesia.
Il lirismo di Gibran si tramuta in riflessione spirituale consegnando al lettore delle “perle di saggezza”, insegnamenti di carattere mistico da applicare a ogni ambito della vita.
In occasione dell’anniversario della morte del poeta-saggio ricordiamo la poesia I figli, celebre testo di Kahlil Gibran tratto dal libro Il profeta.
Un componimento che ci spiega l’inarrestabile forza propulsiva della vita, che avanza impetuosa come un fiume scardinando ogni certezza e rompendo ogni argine.
Scopriamo testo e analisi della poesia.
I figli di Kahlil Gibran: testo
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di sé stessa.
Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi.
E sebbene stiano con voi, non vi appartengono.Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri.
Perché essi hanno i propri pensieri.Potete offrire dimora ai loro corpi,
ma non alle loro anime.
Perché le loro anime abitano la casa del domani,
che voi non potete visitare, neppure nei vostri sogni.Potete sforzarvi di essere simili a loro,
ma non cercare di renderli simili a voi.
Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati.
L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane.Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere.
Poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo.
I figli di Kahlil Gibran: analisi e commento
Tratta dal libro-capolavoro di Kahlil Gibran, Il profeta, la poesia I figli è un brano dal forte significato didascalico.
La poesia fa parte del quarto capitolo del libro in cui Almusafa, prima di salpare verso l’isola nativa, viene interrogato da una donna.
Il testo ha l’impianto di un versetto biblico caratterizzato dalla tipica forma del verso lungo in cui Gibran condensa il suo inconfondibile stile retorico.
La poesia è introdotta significativamente da alcuni versi che sembrano fare da prefazione al testo:
E una donna che reggeva il bambino al seno disse:
Parlaci dei figli.
Ed egli disse.
La formula “ed egli disse” sembra richiamare indirettamente un verso della Bibbia o dei libri profetici, lo stile sapienziale dei testi sacri. Le parole di Almusafa vengono introdotte come una preghiera tramite un espediente tipico dell’ars retorica.
La prima affermazione del profeta è infatti enigmatica, come le sentenze della Sibilla Cumana, e si apre con una contraddizione fortissima che viene in seguito spiegata nei versi successivi.
I vostri figli non sono figli vostri.
L’intero componimento è basato su un costrutto peculiare di ipotesi-negazione che riflette un procedimento quasi filosofico. Gibran conduce il lettore nel ragionamento sino a farlo approdare alla sua verità.
Il messaggio si articola tramite la frequente ripetizione di concetti scandito da ripetute anafore (es. “potete” ripetuto tre volte). Gibran si serve di tutti gli espedienti dell’ars retorica inanellando il suo ragionamento con una serie di subordinate causali.
Gli ultimi versi sono poi una lunga metafora attraverso la quale Gibran rende manifesto il suo pensiero. Il poeta-profeta si serve dell’immagine dell’arciere che scocca la freccia per rappresentare la volontà di Dio: l’uomo non è che un arco tra le mani del Creatore, che si piega docilmente alla sua volontà, e i figli sono le frecce che vengono scoccate nel mondo.
L’invito finale del profeta è quello di abbandonarsi alla volontà divina con serenità confidando nel disegno prescritto dal destino.
Nessuna nascita, osserva tra le righe il poeta, è casuale. Ogni figlio che viene messo al mondo ha il suo proprio scopo e una precisa traiettoria da seguire, ma la definizione di questo percorso non spetta al genitore ma alla forza della vita stessa.
I figli potranno essere dunque accuditi, educati e indirizzati ma poi spetterà a loro compiere la propria strada. Vengono scagliati come frecce e sono sospinti dalla forza della vita che non segue nessuna direzione prestabilita.
Nel suo profondo messaggio Gibran sottolinea il valore dei figli come atto d’amore nei confronti dell’esistenza: i nuovi nati sono come “frecce viventi” che appartengono alla vita stessa. Si può regolare la direzione dell’arco, prendere la mira, ma l’esito, la direzione della freccia dipende da mille variabili e segue una traiettoria unica, impossibile da definire a priori.
L’arco deve essere saldo, ma il bersaglio da colpire non spetta a lui.
Nelle parole di Kahlil Gibran si può cogliere un significato liberatorio e, al contempo, un invito ad abbandonarsi alla certezza di un disegno più grande che - come la natura insegna - non dipende da noi, esseri umani, che pure spesso ci crediamo onnipotenti.
Tramite il poetico brano I figli il poeta-profeta elogia la forza incontenibile della vita che obbedisce soltanto a sé stessa e alle proprie leggi, invisibili agli occhi dell’uomo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “I figli”: la poesia di Kahlil Gibran sulla forza della vita
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