Il passero solitario è una poesia di Giovanni Pascoli pubblicata per la prima volta su Fiammetta in data 18 ottobre 1986 e poi inserita nella quarta edizione di Myricae nel 1897, entrando a far parte della sezione “In campagna” della raccolta.
Vediamo insieme il testo, la parafrasi e l’analisi de Il passero solitario di Pascoli, da non confondere con Il passero solitario di Giacomo Leopardi, di gran lunga più celebre come componimento.
Il passero solitario di Giovanni Pascoli: testo
Ecco qui il testo della poesia di Pascoli Il passero solitario:
Tu nella torre avita,
passero solitario,
tenti la tua tastiera,
come nel santuario
monaca prigioniera,
l’organo, a fior di dita;
che pallida, fugace,
stupì tre note, chiuse
nell’organo, tre sole,
in un istante effuse,
tre come tre parole
ch’ella ha sepolte, in pace.
Da un ermo santuario
che sa di morto incenso
nelle grandi arche vuote,
di tra un silenzio immenso
mandi le tue tre note,
spirito solitario.
Parafrasi
Nella antica torre, passero solitario, cerchi di trovare gli accordi per il tuo canto, così come fa con l’organo la monaca di clausura prigioniera, sfiorando i tasti con le dita;
lei, pallida e rapida, seppe liberare tre note con sua meraviglia in un solo istante, tre sole note racchiuse nell’organo, tre note come le tre parole che lei custodisce gelosamente in fondo al cuore.
Tu, passero, che sei uno spirito solitario, mandi le tue tre note da quel luogo sacro e isolato dal mondo, quel luogo che nelle sue vuote stanze e nel suo silenzio più assoluto ha il profumo dell’incenso ormai bruciato.
Il passero solitario di Giovanni Pascoli: l’analisi del testo
Questa breve poesia di Giovanni Pascoli narra di un passero solitario (attenzione: solitario non è un semplice attributo qualitativo, ma il passero solitario indica una vera e propria specie di uccelli) che, con tutto se stesso, diffonde il suo canto. L’uccello è paragonato a una suora di clausura che, prigioniera del convento e della solitudine che ne deriva - così come il passero -, fa risuonare nel silenzio attorno a lei tre note suonate con un organo. Col suono di queste tre note che si diffonde nelle stanze vuote e che può lasciare il convento, librandosi fuori dalle finestre, la suora esprime il suo segreto desiderio di evasione, quello che ha sepolto proprio in fondo al suo cuore.
I riferimenti che Pascoli fa per omaggiare Leopardi sono evidenti, a partire da titolo stesso del componimento, omonimo a quello del grande poeta romantico e predecessore di Pascoli. Già nel primo verso, quando si parla di “torre avita”, salta subito all’occhio il legame con quel “D’in su la vetta della torre antica”, primo verso de Il passero solitario di Leopardi. Il passero e la monaca sono come un’entità unica, entrambi che cercano di trovare il proprio suono, il primo del canto, la seconda della melodia dell’organo.
Nel caso della suora, le note stesse, uscendo dall’organo, si stupiscono, poiché si tratta di un riferimento ai tre voti che ella ha fatto per diventare tale: castità, obbedienza e povertà.
Lo stupore deriva dal fatto che proprio le ragioni per cui la suora è obbligata a rimanere in convento sono ciò che può librarsi al di fuori della stanza, assaporando quella libertà che a lei è preclusa. Dal santuario, tra le grandi torri monumentali, la monaca fa levare le sue note in cielo così come il passero solitario fa col suo canto.
Analisi metrica e retorica
La poesia è composta da tre sestine (tre strofe di sei versi ciascuna), ognuna delle quali presenta lo stesso schema di rime (ABCBCA), in cui primo e ultimo verso rimano fra loro e i quattro centrali restanti sono a rima alternata.
Incentrato sulla musicalità, le note e il canto, il testo è intessuto di allitterazioni, richiami sonori e ripetizioni. Tra questi, si trova per esempio l’allitterazione della lettera t, ricorrente nella prima strofa (es. "tu nella torre", "tenti la tua tastiera" ai vv. 1 e 3). I richiami sonori (particolarmente insistite sono le lettere r, e e i) sono accompagnati da alcune ripetizioni lessicali: "tre", "solitario" e "santuario".
L’elaboratezza formale della poesia si può evidenziare anche tramite l’uso di chiasmi e parallelismi. Ciascun verso dell’ultima sestina, per esempio, si chiude con una coppia formata da aggettivo (A) e sostantivo (S), in questo ordine: A-S, A-S, S-A, S-A, A-S, S-A. I primi due versi sono tra loro disposti in modo parallelo, così come terzo e quarto. Quinto e sesto costituiscono invece un chiasmo, come accade tra secondo e terzo e tra quanto e quinto.
L’intera poesia è costituita da un’apostrofe: Pascoli si rivolge direttamente al passero, con il "Tu" che apre il componimento. Non solo, tutto il testo si regge sull’analogia tra il passero solitario e la monaca, resa esplicita al quarto verso con il "come".
L’insistenza sulle tre note e sulle tre parole si apre in una metafora: le tre parole sepolte nel cuore della monaca sono i suoi tre voti.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il passero solitario” di Pascoli: parafrasi e analisi del testo
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Storia della letteratura Giovanni Pascoli
Lascia il tuo commento