La famosa frase del Signore degli anelli, su libro di testo inglese con anello di Sauron — Foto di Alejobilustracion /depositphotos.com
J. R. R. Tolkien, scrittore, poeta, filologo, studioso e linguista del XX secolo, è considerato da molti il padre del genere fantasy. La cosmogonia del suo universo letterario, Arda, è complessa e stratificata: il suo dettagliato processo di worldbuilding - la costruzione del mondo - è ricco di lingue, popoli, geografia, storia, culture e miti, che contribuiscono a dare ad Arda, l’universo in cui è ambientata la maggior parte della produzione letteraria di Tolkien, l’illusione di profondità e plausibilità, e lo rendono credibile. La profondità è la caratteristica che dà al mondo artificiale l’idea che ci sia di più “fuori dalla scena”, al di là di ciò che i lettori possono vedere; mentre la verosimiglianza consiste nel creare un mondo coerente, senza buchi nella trama, che segue le proprie regole, perfettamente comprensibili all’interno dell’universo creato.
Profondità e credibilità sono reciprocamente interconnesse; come scrive Trevor N. Brierly nell’articolo intitolato Modelli di progettazione della costruzione del mondo nelle opere di J.R.R. Tolkien [Mythmoot III: Ever On, 10-11 gennaio 2015]:
“La profondità rende possibile l’immersione, la sensazione di essere “completamente circondati” da [...] un mondo creato. Se si introduce un elemento non credibile, questo senso di “completezza” e “pienezza” viene meno. La credibilità rende possibile la profondità".
In questa teoria risiede la straordinaria abilità di Tolkien: ha creato il suo proprio mondo, facendolo evolvere nel tempo e rendendolo sempre più complesso, ma senza perdere la sua consistenza e la sua concretezza. I suoi romanzi non sono meri lavori letterari, ma piuttosto una creazione storica, sociale, antropologica e linguistica: Tolkien concepì un vero e proprio universo, completamente staccato dal nostro, fornendogli tutti gli elementi necessari alla sua sopravvivenza e al suo sviluppo e, in questo processo un ruolo centrale è giocato dalle lingue artificiali da lui stesso create.
Le lingue create da Tolkien
Fin da bambino, mostrò uno spiccato interesse per le lingue, in modo particolare per il francese e il tedesco, ma anche per lingue morte come latino, greco e gotico. Dopo aver vinto una borsa di studio per il college di Exeter, a Oxford, decise di seguire la sua passione per la filologia germanica, specialmente nell’ambito linguistico dell’antico norreno e dell’inglese antico e medio.
Questa sua passione per gli idiomi lo portò a inventare lingue artificiali, la cosiddetta arte della glossopoiesi. Era anche un filologo, cioè uno studioso della storia e del significato delle parole. Insegnò filologia germanica e letteratura inglese all’Università di Oxford, specializzandosi in inglese antico e medio, e fu proprio la sua passione per le lingue antiche a fargli sviluppare un proprio idioma, simile al gallese e al gotico.
Già all’età di tredici anni sviluppò un cifrario a sostituzione di suoni chiamato Nevbosh, che significa “nuovo nonsense”; poco dopo, inventò una lingua artificiale nota come Naffarin, che conteneva elementi che poi si svilupperanno nelle sue lingue successive, alle quali continuò a lavorare fino alla morte. Come scrisse Tolkien in una delle sue lettere — raccolte da Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien, dal titolo The Letters of J.R.R. Tolkien [George Allen and Unwin, 1981] —, l’arte di inventare nuove lingue
“non è un ‘hobby’, nel senso di qualcosa di molto diverso dal proprio lavoro, [...] L’invenzione di lingue è il fondamento. Le ’storie’ sono state create piuttosto per fornire un mondo alle lingue che non il contrario".
La sua occupazione, durata tutta la vita, nell’inventare nuovi idiomi lo portò a creare più di quindici lingue artificiali, che dovevano essere concrete come le lingue del mondo reale, quindi avevano un proprio vocabolario, una propria grammatica e un proprio sviluppo storico. Per citarne alcune:
- la sua famiglia linguistica più famosa è l’elfico, a cui iniziò a lavorare nel 1910-1911, e che in seguito chiamò Quenya: è la lingua parlata degli Elfi e l’equivalente della Terra di Mezzo del latino, perché era usato nell’antichità, ma poi è stato sostituito da nuove lingue;
- la lingua che leggiamo nei libri del Signore degli Anelli è il Sindarin, parlato dagli Elfi, che lo hanno adottato come idioma principale, mentre il Quenya è usato solo per scopi cerimoniali e poetici;
- l’ultimo antenato comune di tutte le lingue elfiche conosciute è chiamato Eldarin comune, ed è considerato un’evoluzione del Quendiano primitivo, la lingua originaria degli Elfi;
- il Telerin è una lingua imparentata con il Quenya e il Sindarin e, dal punto di vista dei parlanti del Quenya - “che consideravano la loro lingua la principale discendente diretta dell’Eldarin comune” - è visto come un “dialetto del Quenya”;
- l’Adûnaico è la lingua parlata dagli uomini di Númenor, il regno a ovest della Terra di Mezzo; Tolkien la definì “la lingua dei Númenóreani culturalmente e politicamente influenti”;
- il khuzdul è la lingua segreta e privata dei Nani, perché non la usano mai in presenza di estranei. Si basa sulle lingue semitiche, ed è particolarmente influenzata dalla fonologia e dalla morfologia ebraica; durante un’intervista per la BBC, nel 1971, Tolkien affermò che
“le loro parole sono ovviamente semitiche, costruite per essere semitiche”.
Le lingue di Tolkien, quindi, sono molto più di semplici strumenti narrativi: sono l’anima della Terra di Mezzo, ciascuna con la propria storia e il proprio sviluppo, radicate nell’intricato tessuto mitologico di Arda; la creazione di lingue artificiali, infatti, fu sempre strettamente legata alla mitologia di Tolkien, perché un idioma non può essere completo se non è legato alle persone che lo parlano e alla loro storia. Tolkien era profondamente interessato al linguaggio come forma primaria di creazione; per questo motivo, creò nuovi idioma, con un alfabeto e una grammatica propri, ma aveva bisogno di un contesto realistico e organizzato in cui queste lingue artificiali potessero esistere e fiorire, uno sfondo che avesse la sua storia e la sua evoluzione: così nacque Arda.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il ruolo primario e l’origine delle lingue nelle opere di J.R.R. Tolkien
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