101 Reykjavik
- Autore: Hallgrímur Helgason
- Categoria: Narrativa Straniera
101 è, come molti già sanno, il codice postale di Reykjavík, la capitale islandese. Piccola ma aperta, allo stesso tempo sonnolenta e vivace come solo una capitale nordica può essere, questa particolare città è il teatro nel quale si svolge quello che è considerato il capolavoro di Hallgrímur Helgason, uno dei capisaldi della letteratura islandese e quasi un classico moderno in assoluto, e può vantare anche una riduzione cinematografica di discreto successo.
Eppure, curiosamente, questo romanzo è attualmente fuori catalogo e la sua reperibilità è estremamente difficile, a meno di non rovistare in qualche bancarella o rivolgersi a un rivenditore di libri di seconda mano. Misteri dell’editoria.
Se, però, avete l’occasione di mettere le mani su di una copia, è sicuramente una buona idea leggere questo libro, sempre che non siate inclini a scandalizzarvi o schifarvi facilmente. Sì, perché, pur non essendo un thriller né un noir, né’ un romanzo di azione né catastrofico, “101 Reykjavík” è talmente estremo da richiedere, nell’eventuale lettore, una mente molto aperta e uno stomaco molto forte. Non si tratta tanto delle situazioni che si presentano nella vita del protagonista, per quanto, a dir poco, insolite, quanto dei pensieri che gli frullano per la testa, leggermente più coerenti nelle poche occasioni in cui è sobrio rispetto a quando è ubriaco o sotto l’effetto di droga, quando le parole che gli attraversano la mente non sono che una frenetica catena di associazioni a volte apparentemente logiche, a volte completamente fuori tempo e luogo, una sorta di assurdo dormiveglia che gli atrofizza il cervello e fa da sfondo e colonna sonora alla sua autodistruzione.
Sesso, sesso, sesso: ecco cosa ha in testa il protagonista per la quasi totalità del tempo. Pensieri che ruotano intorno alla carne e spesso assumono contorni incestuosi, a volte addirittura blasfemi. Pensieri a briglia sciolta, senza censura né ritegno. Ma quale ritegno ci può essere nella vita di Hlinur, eterno bamboccione che vive del sussidio statale, a casa con una madre separata scopertasi lesbica e con l’amante di lei, decisa a usare un uomo, qualsiasi uomo, pur di soddisfare il proprio desiderio di maternità? Sere al pub, alcol, droga, sesso occasionale con conseguenze: la vita di Hlinur si trascina senza trama, in discesa nel vento freddo di una Reykjavík suadente ma impietosa, che sorride accogliente mentre chiude la porta di una gabbia stretta e limitante, senza via d’uscita.
Sicuramente lo avrete già capito: se penso che valga la pena di leggere questo libro, il merito è dello stile di scrittura, incredibilmente leggero e poco volgare, visto l’argomento. La vena ironica di Hallgrímur Helgason riesce a stemperare le situazioni più tese, facendoci paradossalmente immedesimare in un protagonista che dovrebbe invece, a rigor di logica, ispirarci repulsione, e rendendocelo, al contrario, incredibilmente simpatico, tanto che si arriva a essere solidali con questa “povera vittima” delle “virago” che lo circondano. Hlinur, nei suoi pensieri, esprime la poesia sporca e violenta dei “dropouts”, riuscendo anche a dare vita a riflessioni estremamente sincere e affascinanti (il suo ripercorrere tutta la vita della propria madre in un giorno qualunque, vedendola rientrare dalla spesa). Vi sono certamente anche passaggi francamente esagerati, ma le pietre preziose non si presentano certo già tagliate e lucidate in natura: è il rovescio della medaglia.
101 Reykjavik
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