Andare per i luoghi del Risorgimento
- Autore: Roberto Balzani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2024
Ci sono i luoghi del Risorgimento e anche i “nonluoghi”. I secondi sono le piazze, i corsi, le vie, la toponomastica dedicata a nomi patriottici del XIX secolo, i primi risultano essere invece la materia viva, ossia gli itinerari geografico-storici del breve, agile ma informato e formativo saggio storico del professor Roberto Balzani, docente di storia contemporanea nell’Università di Bologna: Andare per i luoghi del Risorgimento, edito da il Mulino tra i pocket della collana Ritrovare l’Italia (febbraio 2024, 176 pagine).
Secondo le indagini più aggiornate, illustrate efficacemente nell’infografica del Museo del Risorgimento di Brescia, su 7.904 Comuni italiani il toponimo Garibaldi compare in 5.280 casi, Mazzini in 3.786, Vittorio Emanuele II in 1.215. Per questo, si tratta di “nonluoghi”. Balzani fa presente come quest’ultimi si caratterizzano per la rassicurante ripetitività; suonano familiari per tutti, sebbene il riferimento storico finisca per essere ormai sbiadito e non pochi lo ignorino del tutto, assai facilmente. In Italia, perciò “pullulano nonluoghi” che si vorrebbero patrimonio culturale collettivo e che tuttavia non lo sono più.
Partendo da questa considerazione, il docente dell’Alma Mater Studiorum vuole riattivare la memoria interrotta non perché serva a qualcuno o a qualcosa, ma perché la si possa usare “quale antidoto al presentismo, che inibisce una lettura prospettica e non semplicemente funzionale del mondo circostante”.
Balzani lamenta la stratificazione di cliché inamovibili sui decenni della costruzione unitaria e della lotta italiana per l’indipendenza. Ci sono gli stereotipi in positivo che ripetono il “dispositivo abituale, semplice e rassicurante” dei grandi (Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele II, Cavour), associati nella trama unitaria nonostante le “clamorose differenze” tra loro. Ricorrono peraltro anche quelli in negativo, rigidi e refrattari ai contributi della storiografia. Sono i luoghi comuni propagandistici e ideologici di un post meridionalismo revisionista che decantano il presunto fiorente Regno delle Due Sicilie e che fanno dei Borbone le vittime del “complotto giudaico massonico” alla base dell’obiettivo unitario.
L’accumulo di luoghi comuni inamovibili è strumentalizzato da entrambe le generalizzazioni, pro e anti unitarie, offrendosi a uso e consumo tanto degli apologeti che dei denigratori della nostra unificazione nazionale.
A latere delle considerazioni generali dello storico, autore del saggio, si possono aggiungere le osservazioni parziali di un testimone, l’autore di questa recensione. Se ci limitiamo alla scuola primaria, gli scolari degli anni Cinquanta-Sessanta sono stati formati alla cultura dell’epopea risorgimentale, in particolare nella ventata di storicismo risorgimentale in occasione delle celebrazioni del Centenario dell’Unità d’Italia. Sessant’anni dopo, i nipoti non hanno invece cognizione dell’epopea patriottica. Una fiammata si è riaccesa nel Centocinquantenario del 2011, ma con scarso impatto percettivo sulle nuove generazioni.
Ecco perché ripartire dai luoghi può rappresentare “una misura profilattica per non restare vittime dell’ovvio”.
Perché andare per i luoghi del Risorgimento? La risposta del professor Balzani è la seguente: per viaggiare nel tempo e nello spazio, nella bellezza e nella storia raccontata del Paese, quella che abbiamo in testa solo pere brevi capitoletti. E per cucire l’Italia, scoprendola profondamente unita e profondamente diversa. I piccoli borghi nelle aree dell’Italia interna stanno puntando sul turismo lento, a bassa intensità di consumi, guidato dal desiderio di scoprire la natura, gli ambienti urbani intatti e l’eccellente gastronomia del territorio. Ognuno tende però a valorizzare “comprensibilmente” la propria identità storica. Mancano però un’associazione o una rete dei luoghi patriottici, benché in Lombardia e nel Veneto sia nato nel 2021 il Museo Diffuso del Risorgimento: quarantadue Comuni di quattro Province. In massima parte sopravvivono “allo stato brado”, pur coprendo quasi l’intera penisola e offrendo spesso contesti bellissimi, oltre alla suggestione di ritrovarsi nell’atmosfera di due secoli fa, grazie all’ambiente sopravvissuto o ben conservato, si tratti di Caprera, San Martino, Palermo o Torino.
È un viaggio che consente di comprendere meglio le spinte che hanno dato vita alla nostra comunità nazionale, un bagno nell’Italia profonda, anche dei siti marginali e della ruralità.
Non più in forma di pellegrinaggio di reduci, come si usava nell’Ottocento o di gita scolastica, secondo la modalità tipica del Novecento, ma come riappropriazione di un passato intriso di valori civili ai quali, nonostante tutto, siamo nostalgicamente legati.
Non è una prospettiva esaustiva, riconosce l’autore. Il Risorgimento, calato nei contesti locali, rinvia alle mille varietà attraverso le quali la nostra identità nazionale si è andata formando e alle tante forme in cui si è radicata la sua percezione, individuale e collettiva. Identità parziali esistevano anche in precedenza: gruppi, piccole patrie, comunità religiose, corporazioni, ordini. Tutte dovettero fare i conti con un fenomeno presto irresistibile, che le avrebbe assorbite, non allo stesso tempo e allo stesso modo dappertutto, anche per le opposizioni tenaci.
Alla fine lo Stato-Nazione ha prevalso, ma non si è trattato di un processo di unificazione indolore. Esclusioni e rimozioni sono state dolorose e la mappa dei luoghi risorgimentali è ciò che resta di segni e cancellature. Gli itinerari nel libro servono come esempi e sono alcuni di quelli che hanno ancora un significato. Accanto a siti inevitabili (Caprera, San Martino e Solferino, il Vittoriano), altri più appartati uniscono al senso storico il sapore della scoperta paesaggistica, secondo un criterio non geografico ma cronologico, dalle premesse del Risorgimento al 1870.
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