Bâtard
- Autore: Jack London
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2012
Il breve e magistrale racconto di Jack London che Feltrinelli ha pubblicato in e-book nel 2012, è tratto da Il richiamo della foresta. Narra la storia dell’odio feroce tra un uomo e il suo cane, del loro rapporto di morbosa dipendenza reciproca che finirà per sfociare in tragedia. Già l’avvio del testo prepara il lettore al clima di sfida che si instaura tra i due protagonisti, i quali sembrano scambiarsi a vicenda i caratteri umani e animaleschi:
Bâtard era un diavolo. La cosa era risaputa in tutte le Terre del Nord. Molti lo chiamavano Stirpe d’Inferno ma Black Leclère, il suo padrone, per lui scelse l’infame nome di Bâtard. Dunque, anche Black Leclère era un diavolo e i due erano bene assortiti.
Bâtard era figlio di un lupo e di una cagna husky: da entrambi i genitori aveva ereditato l’indole aggressiva, brutale, selvaggia. Fosse stato adottato da un padrone normalmente civile, sarebbe forse cresciuto più docile, ma Black Leclère era lui pure una carogna, ed era riuscito a fare del suo cane, in cinque anni di scambievole guerra infernale:
una grossa bestia irsuta, raffinata canaglia straripante di odio, sinistra, maligna e diabolica
I due si studiavano a vicenda, torturandosi in maniera differentemente atroce: l’uomo tormentava il cane affamandolo, picchiandolo brutalmente, straziandogli le orecchie con le note lamentose dell’armonica. La bestia ricambiava ribellandosi a ogni comando, aggredendo i compagni di muta, razziando il cibo ovunque potesse arrivare. Sembrava evidente a tutti coloro che li incontravano che i due si fossero promessi di eliminarsi a vicenda, e attendessero solo il momento propizio per farlo nel modo più doloroso e nel modo più doloroso possibile. Legati da un astio viscerale, più assoluto di qualsiasi amore, intuivano perfettamente la profondità del loro livore. Black Leclère:
era un uomo che viveva all’aperto, oltre il rumore delle lingue, e aveva imparato a conoscere la voce del vento e della tempesta, il sospiro della notte, il mormorare dell’alba, il frastuono del giorno. Riusciva a sentire il crescere impercettibile della vegetazione, lo scorrere della linfa, il germoglio che si schiudeva. E poi conosceva la sottile conversazione delle cose che si muovevano, il coniglio in trappola, il corvo malinconico che batteva l’aria con l’ala muta, il grizzly che si trascinava sotto la luna, il lupo che scivolava tra il crepuscolo e il buio come un’ombra grigia. E a lui Bâtard parlava forte e chiaro.
Leclère animalesco, Bâtard squallidamente umano.
Una notte finalmente Bâtard colse il momento opportuno per attaccare il padrone mentre dormiva, saltandogli addosso e azzannandogli la gola. La lotta furiosa che ne seguì li lasciò entrambi gravemente feriti, il cane con le zampe posteriori spezzate, l’uomo con braccia e laringe lacerate. Trascorsero settimane a sorvegliarsi l’un l’altro nella convalescenza, rinviando la vendetta finale a un’occasione più favorevole. Che puntualmente arrivò, quando Black Leclère, accusato d’omicidio, in piedi sul patibolo con la corda al collo attendeva l’esecuzione. La morte non giunse, tuttavia, dagli uomini che l’avevano condannato.
Straordinario Jack London, profondo conoscitore di foreste innevate, di slitte, di bestie, di anime.
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