Il terzo lunedì di gennaio non è un giorno come un altro: è il Blue Monday, ovvero il lunedì più triste dell’anno, almeno secondo l’espressione coniata da un ricercatore di psicologia dell’università di Cardiff di nome Cliff Arnall (ma è molto accreditata anche l’origine commerciale della ricorrenza, associata a finalità di marketing). In ogni caso, se in questa soporifera e grigia giornata di gennaio vi sentite tristi, la vostra tristezza è più che legittimata: vivete nell’emisfero boreale, dopotutto, dunque è più che plausibile - secondo lo studio di Arnall - che le condizioni meteo, unite alla riduzione della luce solare tipica di questo periodo influenzino la vostra psiche alimentando uno stato - più o meno latente - di depressione.
Il Blue Monday, in realtà, è dovuto alla coincidenza di una pluralità di fattori, oltre alle condizioni climatiche, tra cui molti annoverano la fine delle feste e il ritorno all’attività lavorativa e anche le condizioni economiche che di solito a inizio anno risentono delle spese natalizie e di altre urgenze (bollette da pagare, debiti e crediti, eccetera).
Insomma, se siete afflitti da questo strano e malcelato disagio da Blue Monday, non sentite un disperato bisogno di leggere? Diciamo la verità, i veri booklovers (o amanti dei libri) hanno una propensione naturale per i libri tristi, una certa inscalfibile attitudine leopardiana, una predisposizione all’auto-analisi interiore e allo stato d’animo della malinconia. Essere tristi talvolta è una sorta di guilty pleasure, un piacere proibito: abbiamo “bisogno” di piangere, anche senza motivo, oppure di arrogarci il sacrosanto diritto di venire meno alla regola della felicità che sembra aver contaminato il mondo contemporaneo in una continua gara a dimostrare che “io sono più felice di te”.
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Cari lettori, oggi potete concedervi il diritto di essere tristi senza provare alcun senso di colpa; anzi, dirò di più, potete proprio affondare nella tristezza, sprofondare in un mare di parole tristi e di pagine tristi e ricordarvi che piangere le disgrazie altrui è catartico, almeno quanto lo è voltare pagina.
Vi consigliamo 6 libri da leggere, tra novità editoriali e letture cult da non perdere, per affrontare il “Blue Monday” crogiolandovi nella tristezza che è propria di questa giornata.
1. “Melancholia” di Jon Fosse (La nave di Teseo)
Primo titolo della nostra lista è una grande novità editoriale riproposta lo scorso dicembre da La nave di Teseo. Melancholia, il libro del premio Nobel per la Letteratura 2023 Jon Fosse appena riedito in una nuova edizione italiana.
Il libro, scritto in uno stile joyciano simile a un inarrestabile flusso di coscienza, narra la storia del pittore norvegese Lars Hertervig, un’anima inquieta scissa tra l’amore per l’arte e la passione più terrena (e carnale) per Helene Winckelmann. Allontanato dall’accademia d’arte, Lars si troverà in un limbo, assediato dai propri fantasmi e tormenti, che lo condurranno alla follia. In parallelo alla sua storia si snoda quella di un giovane scrittore di nome Vidme che, in tempi più recenti, cerca di narrare la tragica vicenda di Lars Hertervig senza accorgersi che - pagina dopo pagina - sta per essere assediato dal suo stesso male. La malinconia può legare gli uomini attraverso i secoli? Disperazione, solitudine, inquietudine interiore sono le cifre emozionali di questo romanzo che non vi concederà di prendere fiato tra una parola e l’altra sino al punto finale.
Melancholia (Vol. 1-2)
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2. “Bluets” di Maggie Nelson (nottetempo)
Non c’è libro più adatto per il Blue Monday, lo si intuisce già dal titolo. Bluets di Maggie Nelson è un libro strano che sfugge a ogni tentativo di definizione: è romanzo e saggio, trattato di filosofia e memoir, poesia e prosa al contempo. Si tratta di una lettura trascinante che, dopo aver riscosso grande successo negli Stati Uniti, è finalmente in Italia grazie a nottetempo nella traduzione di Alessandra Castellazzi. In queste pagine, attraverso annotazioni brevi e illuminanti di massimo venti righe, Maggie Nelson discetta attorno al colore blu, le sue origini, i suoi significati, le opere artistiche e non che ha ispirato nel corso dei secoli. “E se cominciassi dicendo che mi sono innamorata di un colore?” inizia così questa narrazione travolgente che si propaga lentamente come una vibrazione elettrica.
Recensione del libro
Bluets
di Maggie Nelson
Bluets è poesia, è filosofia, è sinfonia, ma è anche il tentativo di dare una risposta letteraria al dolore: i fili conduttori che tengono unita la narrazione - solo in apparenza frammentaria - sono infatti la fine di un amore (e il tentativo di dare un senso a questa fine) e un grave incidente subito da una cara amica dell’autrice che, in seguito al trauma subito, è divenuta tetraplegica. La ricerca sul colore blu diventa quindi un’ossessione, ma anche una forma di consolazione. Il blu può essere cupo, profondo, oscuro ma anche sorprendentemente illuminante perché è un antidoto - proprio come il pharmakon , la parola greca che indica il rimedio e al contempo il veleno - che ci insegna che il dolore non durerà per sempre.
Bluets
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3. “Lettera d’amore e d’assenza” di Sarai Shavit (Neri Pozza)
Un libro frammentato, composto di pensieri e brevi annotazioni che cercano di restituire il senso sfuggente di una passione. Lettere d’amore e d’assenza della scrittrice israeliana Sarai Shavit ci restituisce intatta tutta la fragilità umana di fronte ai sentimenti. La scrittura diventa il tentativo di dare voce a una mancanza, di trasformare un’assenza in corpo. La voce narrante è una giovane studentessa che cerca di comporre, attraverso brevi prose che si trasfondono nella poesia, la cronologia della propria relazione con il suo professore, uno scrittore famoso, un uomo molto più grande di lei e sposato. L’amore segreto e clandestino viene illuminato da queste note che conferiscono al sentimento il diritto di esistere alla luce del sole. Le parole sono il tentativo di aggrapparsi alla tristezza per non lasciare la presa su un amore impossibile. Le parole sono l’evocazione dell’assenza, l’unico modo per dire la mancanza. Il tutto per sfuggire a un’ineludibile verità sui sentimenti: “Forse l’amore è solo un racconto orfano che abbiamo inventato”.
LETTERA D’AMORE E D’ASSENZA
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4. “La campana di vetro” di Sylvia Plath (Mondadori)
Spesso l’unico romanzo di Sylvia Plath viene definito un cult tra i “sad hot girl books”, ovvero libri che narrano le storie di depressione di ragazze problematiche - spesso tra i venti e i trent’anni - e spopolano tra i consigli di lettura di booktoker e bookstagrammer. Sono perlopiù storie che parlano, attraverso una voce femminile, della difficoltà nel crescere e di addomesticarsi a un presunto ideale di “vita adulta”. La campana di vetro entra a pieno diritto nella categoria: attraverso la creazione del suo alter-ego, la protagonista Esther Greenwood che ottiene una prestigiosa borsa di studio per una rivista newyorkese (che sarà poi Mademoiselle), Plath metteva su carta anche la storia della propria depressione - quel male oscuro che incombe sulla sua psiche e infine la costringerà a ricoveri e sedute di elettroshock. La campana di vetro è un libro dalla forte impronta autobiografica che si insinua sottopelle: non dimenticherete mai di averlo letto, un’eco di quell’urlo lacerante vi accompagnerà proprio come il battito del cuore che infaticabilmente ripete “io sono io sono io sono”.
La campana di vetro
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5. “Brevemente risplendiamo sulla terra” di Ocean Vuong (La nave di Teseo)
I critici lo hanno definito “un romanzo di formazione doloroso”. Di certo il dolore è la materia che plasma la trama di Brevemente risplendiamo sulla terra, il fortunato esordio dello scrittore vietnamita Ocean Vuong. La trama si snoda seguendo una narrazione frammentaria, non lineare - in bilico tra prosa, poesia, genere epistolare - come se la scrittura tentasse di riparare una crepa, di placare un pianto. Il libro si propone come una lunga lettera alla madre - scritta dal protagonista, Little Dog - che la donna non leggerà mai. La guerra del Vietnam ritorna tra le righe come un trauma mai superato, una cicatrice che ancora brucia e ha condannato la donna a convivere con un disturbo da stress post-traumatico. Le ferite della donna non combaciano che quelle del figlio che invece tenta di ricostruire faticosamente la propria identità in una paese straniero nel quale si sente un estraneo.
Dall’attrito tra due culture diverse, tra due tradizioni, tra due identità si origina la necessità di trovare le parole per guarire il dolore, per riparare lo strappo dell’incomprensione e della distanza. La memoria diventa così una storia da ricucire con ago e filo e la scrittura diviene il telaio sul quale imprimere la propria traccia, l’impronta di un dolore che non è mai inutile, poiché è il segno che abbiamo vissuto.
Brevemente risplendiamo sulla terra
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6. “L’ospite triste” di Matthias Nawrat (L’orma editore)
L’ospite triste dello scrittore tedesco Matthias Nawrat sin dalla copertina ci immerge in un grigiore nebbioso che ben si addice a queste giornate di gennaio. Il sottotitolo posto dalla casa editrice L’orma è “Romanzo berlinese”, una sorta di didascalia che ci colloca nella dimensione centrale della storia: la città di Berlino e gli espatriati che le gravitano attorno in un turbinoso giro di vite e di voci. A raccogliere le testimonianze è il narratore, che vaga come un moderno flâneur tra le vie cittadine.
Emergono così i racconti - la pluralità di voci della Berlino sommersa, composta perlopiù da migranti polacchi - e i ricordi di persone che vivono esistenze scisse, in bilico tra il mondo nuovo e la patria perduta, provando un senso di spaesamento difficile da definire e da risolvere. La Berlino contemporanea diventa quindi un crogiolo di sensi e significati, nella quale si riverberano le tensioni crescenti dell’Europa che esplodono nell’attentato del 2016, passato alla storia come “l’attentato di Natale”.
Sullo sfondo si agita il ricordo mai sopito dell’Olocausto, la maniera in cui la memoria cerca di decifrare il presente e diagnosticare un futuro ancora indecifrabile. In queste pagine - attraverso la polifonia di voci evocate - il mondo del Novecento, il cosiddetto “Secolo breve”, l’era dei grandi cataclismi, appare in stretto dialogo con la nostra attualità, una chiave di lettura per interpretare le tensioni belliche che contraddistinguono la nostra epoca.
L'ospite triste
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Ma la vera cifra stilistica di questo romanzo, è doveroso ricordarlo, è la “malinconia” che ci riconduce al punto di partenza di questo articolo. In che altro modo potremmo definire, dopotutto, la sensazione strisciante e insidiosa che ci accompagna nel giorno del Blue Monday?
Tutti i sei libri che abbiamo elencato hanno una caratteristica comune ed è forse una forma di inquietudine esistenziale che la scrittura cerca, attraverso i propri strumenti e i propri mezzi “letterari”, di risolvere o, in qualche modo, di mitigare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Blue Monday: 6 libri da leggere nel giorno più triste dell’anno
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Non so perché mi arrivano notizie da sololibri.net ma sono felice che arrivino. Oltre ad essere una utile guida nella scelta dei libri le considerazioni che riportano sono un piacevole e profondo momento di riflessione. Grazie