Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia
- Autore: Leonardo Sciascia
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2005
Il romanzo “Candido, ovvero un Sogno fatto in Sicilia”, è l’opera più intima di Leonardo Sciascia, quella in cui l’autore ci rivela, tramite il suo alter ego Candido, un enfant prodige, il suo pensiero politico e religioso, la sua visione del microcosmo siciliano, metafora dell’Italia e del mondo in generale. E lo fa senza toni polemici, senza aggressività o note grottesche e caricaturali ma con sottile, squisita ironia, servendosi di un ragionamento lucido e persuasivo.
L’amore con cui Leonardo Sciascia circonda Candido è lo stesso amore che lui nutre per la verità e la giustizia, beni assoluti che gli hanno sempre impedito di venire a compromessi durante la sua militanza politica. Fatta eccezione per quando lo descrive come un bambino che, grazie alle cibarie americane, cresce biondo e roseo, non conosciamo altri tratti fisici della sua persona. La centralità della sua figura è data dal suo agire con candore, dalla sua coerenza tra il dire e il fare, dal cogliere con coscienza etica l’essenza delle cose, dal considerare che nella vita solo i fatti contano, perché noi siamo quello che facciamo.
Leonardo Sciascia ce lo propone come modello e, diversamente dai personaggi siciliani cari a Verga, Candido non si cura della roba, non è tormentato da alcun senso del possesso di beni materiali.
Padrone dei suoi sentimenti, capace di badare a se stesso, gode di un equilibrio interiore che non lo fa soffrire, anche quando viene rinchiuso per due giorni in manicomio. Gli viene invece da impazzire al vedere come gli altri ricoverati vengono trattati.
Leggendo questo romanzo, il lettore non può che condividere il punto di vista di Candido, simpatizzare con lui, eleggerlo paladino a difesa dei vessati e accusatore di ogni atteggiamento meschino e ipocrita sia in campo politico che sociale e religioso.
Come ha detto un emerito scrittore - non ricordo se fosse Italo Calvino, riferisco il suo pensiero con parole mie - un testo classico è un’opera che anche se letta più volte offre sempre qualcosa di nuovo, qualcosa che, a distanza di secoli, di anni, rispecchia la realtà.
Il romanzo “Candido, ovvero un Sogno fatto in Sicilia” è in questo senso esemplare.
Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia
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Sciascia rivisita Voltaire con questo romanzo anche se l’irriverenza di Voltaire è difficile da imitare.Il personaggio è un demistificatore: la Chiesa, il partito, la famiglia sono ampiamente dissacrati, ma con un garbo, con una ingenuità che fanno risaltare l’ipocrisia della società.Candido va oltre il suo maestro, è autenticamente libero. A differenza del suo omonimo settecentesco sembra possedere una saggezza atavica. La Sicilia e la Francia in questo caso sono davvero lontane.
Candido ovverso un sogno di libertà fatto in Sicilia celebra il trionfo della libertà contro ogni sorta di Potere e indica un razionalismo che, rifiutando modelli ideologici, va verso ideali di sostanziali uguaglianze. È il romanzo più autobiografico pensato da Sciascia nel soggiorno parigino e scritto nell’estate del 1977 nella sua casa di campagna in contrada Noce di Racalmuto. Lo stesso anno appare nella collana “Nuovi Coralli” dell’editore Einaudi. Il titolo fa pensare al personaggio nel racconto di Voltaire "Candide", ma le differenze sono rilevanti rispetto al protagonista settecentesco. C’è molto di Pirandello piuttosto, e viene da pensare a "Uno, nessuno e Centomila" per l’ideale di povertà che connota il protagonista Vitangelo Moscarda. Del resto, il padre di Candido, l’avvocato Francesco Maria Munafò, ignorava l’opera di Voltaire: “L’esistenza di un libro intitolato a quel nome, di un personaggio che vagava nelle guerre tra àvari e bulgari, tra gesuiti e regno di Spagna, era perfettamente ignota all’avvocato Francesco Maria Munafò; nonché l’esistenza di Francesco Maria Arouet, che di quel personaggio era stato creatore”. Con lieve immaginazione e maestria psicologica Sciascia inventa, narrandone la vita, il personaggio di Candido che si evolve per raggiungere nuovi slanci vitali. Candido Munafò nasce quasi prodigiosamente in un grotta, presso Serradifalco, dal 9 al 10 luglio del 1943: la notte in cui sbarcano le truppe alleate in Sicilia. Si sarebbe chiamato Bruno come il figlio di Mussolini se fosse nato qualche settimana prima, ma il nome che gli è stato dato ha il senso preciso della cesura. Occorre ignorare l’esperienza fascista e sintonizzarsi con la nuova realtà: “bisognava imprendere a scrivere vita nuova”. Il nome è stato suggerito dal fatto che il padre, scampato ai bombardamenti, si era ridotto a un candido pupazzo di gesso: “E si trovò a pronunciare e a ripetere, a ripetere, la parola ‘candido’. (…) Candido, candido: il bianco di cui si sentiva incrostato, il senso di rinascere che cominciava a sgorgargli dentro”. Maria Grazia nata Cressi, la madre, dopo il parto, diventa “un’altra” a giudizio del marito: “più dura nei lineamenti e nei sentimenti, più irritabile e più irritante, più velenosa nel parlare e più distratta nell’ascoltare”. Rifiuta di allattare al seno il neonato e si dedica attivamente alla politica nel partito dei cattolici per tutelare il proprio padre, il generale Arturo Cressi, eroe delle guerre di Etiopia e di Spagna la cui “più immediata paura era quella che gli americani lo deportassero in Africa settentrionale: come facevano con tutti quelli che venivano loro indicati come fascisti pericolosi”. Intraprende senza alcun contatto una relazione sentimentale con il capitano John Hamlet Dykes conosciuto per averle procurato il latte in polvere ed altri alimenti americani. Lo chiama Amleto e questi ne rimane soddisfatto. Addirittura all’avvocato viene il sospetto che il capitano fosse il padre di Candido. Una pura follia certamente, ma che agisce nella sua mente fino a provocare reazioni furiose. Pochi accenni questi da cui si sviluppa una storia ad ampio respiro, dove viene demistificata la dirigenza del partito comunista insensibile alla scelta etica di Candido di distribuzione delle terre ai contadini: decisione che non gli deriva da una religiosità codificata verso cui si mostra refrattario, ma da una disposizione naturale dettata dall’amore per gli uomini. Il rapporto con Don Antonio è intenso e frequente: non più prete, dichiara di essere diventato molto religioso, liberatosi ormai da tutti i dogmi; da parte sua, Candido Legge Marx, Gramsci, Lenin. Lui e Paola viaggiano insieme. Si recano in Spagna e in Francia. Anche in altri Stati. Si amano, fanno all’amore e si sentono amati da tutti. Sostano a Torino e anche lì, come del resto in Sicilia, i militanti comunisti per le sue battute, peraltro vere, lo considerano un provocatore. Vanno spesso a Parigi: la loro utopia. Vi si sentono “sciolti” e “liberi”, respirano l’amore per la letteratura e vagheggiano di restarvi: “Una sera, che erano vicini a partire per Parigi e si sentivano come presi in un sogno, come dentro in un sogno, Candido disse – Sai che cos’è la nostra vita, la tua e la mia? Un sogno fatto in Sicilia. Forse siamo ancora lì e stiamo sognando”. Nelle lettere Candido parla a don Antonio di Parigi ed egli decide di recarvisi. Nella città dei lumi, recupera la sua vitalità, sentendosi “vivace”, “curioso”, “instancabile”. Anche Candido avverte nella capitale francese il fluire dinamico della storia: “…Qui si sente che qualcosa sta per cominciare: mi piace veder finire che qualcosa sta per finire; ed è bello… Da noi non finisce niente, non finisce mai niente...”. Imboccano Rue de Seine. Don Antonio si ferma davanti alla statua di Voltaire. Si aggrappa al palo della segnaletica, china la testa e come in preghiera, grida: "Questo è il nostro padre". Candido lo sorregge, lo trascina. "Non ricominciamo coi padri" dice. Di transfert in transfert, procedendo nell’autorimozione, Candido realizza una totale liberazione da ogni ideologia; facendo vuoto in sé, conquista definitivamente il suo essere libero così come libero è nato. Dopo una serie di traversie e di delusioni, approda alla sua maturazione, respingendo modelli, convenzioni, pregiudizi. C’è in tutto questo la presa di distanza dalla gabbia delle sovrastrutture: la roba, la religione, la famiglia, il partito, lo sbirro. C’è perfino la separazione da quella sorta di "sicilitudine" che equivale a raggiri, intrallazzi, accomodamenti nella forma peggiore. Candido ha ormai raggiunto la tranquilla imperturbabilità che gli consente di muoversi con il suo candore. Candido è felice distacco dei suoi padri. Nella nota di postfazione Sciascia scrive: “Ho cercato di essere veloce, di essere leggero. Ma greve è il nostro tempo, assai greve”. Siamo nel trionfo di una ragione libera sempre in lotta con l’autoritarismo ed è il potere della ragione che può dare la parola all’uomo senza alcuna forma di delirio.