Padre di due bambine (Laura nata nel 1945 e Anna Maria nel 1946), subito dopo il periodo impiegatizio, Leonardo Sciascia svolge l’attività di insegnante elementare, superato il il concorso magistrale nel 1948. Come pedagogista scelse e presentò il Frammento sull’educazione di Capponi, mentre per la letteratura italiana Alessandro Manzoni. In totale otto anni di scuola: dal 1949, primo anno di insegnamento, al 1957.
Nel 1956 pubblicò Le parrocchie di Regalpetra (ed. La Terza), dove si trova il capitolo Cronache scolastiche, nate dalle annotazioni sui registri di classe e già edite nel numero 12 della prestigiosa rivista «Nuovi Argomenti» (gennaio-febbraio 1955). Nelle pagine del supplemento “Cultura”, il Corriere della sera del 18 novembre 1990 pubblicò alcuni estratti, dove si legge:
Non è senza timore che inizio la mia opera d’insegnante.
Degli alunni lo scrittore di Racalmuto evidenzia lo stato del disagio socio-economico:
Ragazzi che vengono fuori da un ambiente inconcepibile, tagliato fuori da ogni sviluppo; dove la conoscenza è soltanto superstizione o stramberia, lo studio ritenuto pressoché inutile.
I suoi rapporti con la scuola – è noto - non furono dei migliori, tant’è che scriveva:
Non amo la scuola; e mi disgustano coloro che, standone fuori, esaltano le gioie e i meriti di un simile lavoro. Non nego però che in altri luoghi e in diverse condizioni un po’ di attenzione potrei cavarla da questo mestiere d’insegnare. Qui, in un paese remoto della Sicilia, entro nell’aula scolastica con lo stesso animo dello zolfataro che scende nelle oscure gallerie...
“Cronache scolastiche” di Leonardo Sciascia: analisi e commento
Link affiliato
La classe quinta assegnatagli, cui specificamente le cronache si riferiscono, era composta da trenta alunni: figli di zolfatari, salinari e contadini mandati a scuola forzatamente, essendo stata la famiglia costretta dalla lettera di precettazione per l’assolvimento dell’obbligo scolastico.
Netta e incisiva la filologia del sociale che mostra rassegnati i genitori privati d’una necessaria forza-lavoro: alcuni a maggio li ritiravano per la raccolta delle fave; i più poveri li mandavano a servizio delle famiglie benestanti dove venivano chiamati “criati” secondo l’uso spagnolo. A dieci anni venivano impiegati per il trasporto dell’acqua e per l’accudimento degli asini. Sono i condizionamenti ambientali negativi che Sciascia respinge mentre i sensi di colpa profondamente lo turbano, constatando disuguaglianze e frustrazione, demotivazione e meccanismi selettivi.
I bambini che non vanno a scuola sono i “carusi”: nelle miniere, già a cinque-sei anni, trasportano a spalla sacchi di zolfo percorrendo cunicoli stretti e bui perché solo loro possono agevolmente attraversarli data la gracile costituzione fisica; gli altri, da considerarsi privilegiati, frequentano sì le lezioni ma svogliatamente essendo la loro mente assalita dai fantasmi della povertà. Nelle ore libere vanno a servizio presso le famiglie agiate: sono bocche in meno da sfamare; i padroni danno loro da magiare e anche qualche vestito smesso che le madri pazientemente rattoppano.
La cruda descrizione dell’ambiente è analitica e condotta pressoché ironicamente:
Se io mi abituerò a questa quotidiana anatomia di miseria, di istinti, a questo crudo rapporto umano; se comincerò a vederlo nella sua necessità e fatalità, come di un corpo che è così fatto e diverso non può essere, avrò perduto quel sentimento, speranza e altro, che credo sia in me la parte migliore.
Si diventa veramente uomini, fiduciosi nel progresso, quando ci si libera dalle ingiustizie; quando si smettono le paure derivanti da una vita materiale precaria e si destabilizzano i privilegi di classe, ridando aria pulita alla realtà; quando la scrittura è una lancia contro l’affermazione del dominio e si utilizza la ragione per un nuovo corso della storia orientato ad assicurare il binomio inscindibile di libertà e giustizia sociale, spezzando così le catene della cieca necessità dentro cui siamo capitati nascendo.
Sciascia guarda sé stesso e la comunità di appartenenza; l’autobiografia lo fa entrare in relazione con i bambini, vittime di un ambiente che abbrutisce nello spietato lavoro delle zolfare.
Pensando ai suoi figli che non sono gracili e neanche tristi, che non vanno a servizio e non nutrono rancore, si fa rodere dal confronto:
… e i miei figli stanno invece a leggere il giornalino, le favole, hanno i giocattoli meccanici, fanno il bagno, mangiano quando vogliono, hanno il latte il burro la marmellata; parlano di città che hanno visto, dei giardini delle città, del mare. Sento in me come un nodo di paura. Tutto mi sembra affidato ad un fragile gioco; qualcuno ha scoperto una carta, ed era per mio padre, per me, la buona; la carta che ci voleva. Tutto affidato alla carta che si scopre. Per secoli uomini e donne del mio sangue hanno faticato e sofferto, hanno visto il loro destino specchiarsi nei figli. Uomini del mio sangue furono “carusi” nelle zolfare, picconieri, braccianti nelle campagne. Mai per loro la carta buona, sempre il punto basso (…) Ad un momento ecco il punto buono, ecco il capomastro, l’impiegato; e io che non lavoro con le braccia e leggo il mondo attraverso i libri. Ma è tutto troppo fragile, gente del mio sangue può tornare nella miseria (…). Finché l’ingiustizia sarà nel mondo, sempre, per tutti, ci sarà sempre questo nodo di paura.
Leonardo Sciascia è scrupoloso nell’adempiere alla funzione educativa; annota le osservazioni riferite agli alunni sul registro di classe, redige il piano mensile delle lezioni e scrive puntualmente la cronaca mensile della vita della scuola. Nel corso dell’insegnamento non gli mancano le esche pedagogiche e fa di tutto per coinvolgere gli alunni, trovando argomenti che possano attirare l’attenzione distorta dalla miseria in cui essi vivono:
Leggo loro una poesia, cerco in me le parole più chiare, ma basta veramente che li guardi, che veramente li veda come sono, nitidamente lontani come in fondo a un binocolo rovesciato, in fondo alla loro realtà di miseria e rancore, lontani con i loro arruffati pensieri, i piccoli desideri di irraggiungibili cose, e mi si rompe dentro l’eco luminosa della poesia. (…) E sento indicibile disagio e pena a stare di fronte a loro col mio decente vestito, la mia carta stampata, le mie armoniose giornate.
Legge loro la poesia di Leonardo Sinisgalli delle monete rosse, appresa subito a memoria da un bambino:
e un po’ tutti nella classe la dicevano bene; e poi diedi quella del goal di Saba, e anche questa piacque.
Se la prende con i libri di testo che presentano contenuti astratti, lontani dal campo esperienziale dei ragazzini:
… e tutti i libri che corrono per le scuole sono sbagliati, se ne infischiano i ragazzi di Stellinadoro e dal fiore che nacque dal bacio della Madonna e dei rondinini che chiamano mamma dentro il nido.
Sciascia ama i suoi alunni e li pensa. Pensa al pane che manca, alle case dei poveri e ai salinari della cui sorte si occupa in un testo specifico delle Parrocchie di Regalpetra che si distingue per l’asciuttezza della scrittura e per il pregio d’una ineguagliabile sintesi. Si addolora, memore anche dell’emigrazione paterna, alla partenza di quei ragazzini per raggiungere terre lontane:
Ogni anno mi capita di perdere due o tre alunni, e sul registro metto in inchiostro rosso, nella parte riservata alle annotazioni, accanto al nome di ogni alunno che se ne va, “emigrato in Belgio”, o in Francia, o nel Canadà. Vengono il giorno che precede la partenza a salutare me e i compagni: sono insolitamente puliti, hanno il vestito nuovo con i calzoni lunghi, i capelli corti e lucidi d’olio.
Non che siano commossi, ma abbattuti, stanchi, a disagio in quel vestito nuovo che ha sempre maniche troppo corte, e le mani non sanno dove metterle, forse a causa del vestito nuovo o del sentirle così pulite e odorose di saponetta.
In un paesaggio di desolazione Sciascia dunque rappresenta la condizione dello sfruttamento dei lavoratori. Leggendo le Cronache scolastiche la memoria va a Rosso Malpelo di Verga e a Ciaula scopre la luna di Pirandello.
È il tragico racconto d’una comunità offesa e ignorata.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Cronache scolastiche” di Leonardo Sciascia: gli appunti di un insegnante elementare
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Narrativa Italiana News Libri Leonardo Sciascia Storia della letteratura
Lascia il tuo commento