Pensate di sapere tutto sul capolavoro di Giovanni Boccaccio? Ecco sette curiosità sul Decameron che nessuno vi ha raccontato.
1. Un titolo curioso ed enigmatico
Il titolo ricalcato dal greco significa “dieci giornate”, ovvero il tempo dedicato dai protagonisti a novellare. Alcuni ipotizzano che sia modellato sull’Hexaemeron di Ambrogio del 387 d.C., un commento che ha come oggetto i sei giorni della creazione narrata nella Genesi. La questione è tuttora aperta.
Il titolo è curioso ed enigmatico. Vediamo insieme perché. È curioso, perché Boccaccio mastica poco la lingua di Omero. La impara avanti negli anni quando ospita l’erudito Leonzio Pilato, greco di Calabria dalla vita tanto avventurosa quanto misteriosa. In cambio di vitto e alloggio l’erudito si impegna a tradurre in latino Iliade e Odissea. Un au pair prezioso e stravagante anche per la scarsissima igiene personale, a detta dello stesso Boccaccio. Mi diverte pensare che David Foster Wallace lo avrebbe definito “un voncione come me”.
È enigmatico, perché all’epoca si contavano sulle dita di una mano quelli che conoscevano il greco. Il docente universitario Matteo Motolese mette a fuoco il rapporto tra Boccaccio e la lingua di Omero in un articolo molto interessante
pubblicato il 25 agosto 2021 su “Il Sole 24Ore”.
Scrive:
“Nel Trecento, non solo a Firenze, ma in tutto l’occidente europeo, la conoscenza del greco era rarissima.”
L’articolo svela il mistero delle ragioni sottese alla scelta del titolo? Forse, perché da un lato suggerisce sia un omaggio ai classici; dall’altro un omaggio a Dante, di cui lo scrittore di Certaldo è un devoto ammiratore.
2. Ha nome e cognome
Dopo il titolo compare il sottotitolo, una sorta di avvertenza per il lettore:
"Comincia il libro chiamato Decameròn cognominato prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in diece dì dette da sette donne e da tre giovani uomini".
Il libro contiene cento novelle, corrispondenti a dieci al giorno raccontate da dieci giovani. Fin qui è tutto chiaro. Poi un altro mistero: cosa significa “cognominato prencipe Galeotto”?
Per i contemporanei di Boccaccio il riferimento a Paolo e Francesca del V canto dell’Inferno dantesco è lampante. Boccaccio avvisa che le sue novelle sono come Galeotto, un intermediario, un personaggio letterario che fa scattare la scintilla tra Lancillotto e Ginevra. Il target, dunque, è quello rosa, tormentato dalle pene d’amore. Perché l’argomento principale è proprio l’amore, presentato in diverse varianti.
3. Un occhiello prima che nasca il giornalismo
Ogni giornata e ogni novella sono introdotte da una rubrica che indica l’argomento scelto per le novelle della giornata e riassume il contenuto di ogni novella. Appare plausibile paragonare la rubrica a un occhiello giornalistico.
Il termine rubrica, la cui etimologia latina significa “rosso”, ai tempi di Boccaccio, indicando il titolo di una legge in un testo giuridico, ne segnalava automaticamente il contenuto. Non a caso, nei manoscritti la rubrica è scritta in rosso come la sua etimologia impone.
4. Perché i protagonisti si rifugiano a Fiesole?
Ai miei tempi un docente di lettere, che viveva in un iperuranio rispetto a noi poveri studenti da dirozzare, mi spiegò all’incirca quanto segue. Nel Decameron un’allegra brigata si rifugia in campagna per evitare la peste che devasta la città di Firenze. Questa è la cornice narrativa dell’opera. Stop.
Poi scopro finalmente cosa si cela davvero dietro la cornice. Volete saperlo anche voi? Sono le sette donne tra i 18 e i 28 anni a prendere la decisione di abbandonare la città. Grandicelle, in un’epoca in cui l’età media si attesta all’incirca sui 45 anni. I tre giovani, incontrati per caso, accettano di unirsi loro.
Ora passo al punto saliente.
In termini probabilistici non c’era una differenza significativa tra città e campagna, riguardo alla possibilità di contrarre il morbo. Allora perché i giovani si trasferiscono in quel di Fiesole? Per una ragione che non ha nulla a che fare con l’emergenza sanitaria!
Si allontanano dal caos sociale e morale che la peste comporta. Un motivo, quello del caos, egregiamente analizzato da Manzoni ne I Promessi Sposi. Il loro obiettivo vero, dunque, è ricreare a tempo determinato un microcosmo all’insegna di decoro, cortesia, misura, svago dove trovare un po’ di allegria. L’atto di raccontare a turno una novella diventa un modo per esorcizzare il male.
5. Una vacanza anarchica o un collegio?
In un palazzo situato in un luogo salubre, ogni momento della giornata è scandito da attività precise. Delle due settimane, solo 10 giorni sono impegnati nell’arte del racconto. I rimanenti sono dedicati alle funzioni religiose, al riposo, alla cura della propria persona. Gli aspetti logistici e pratici sono delegati ad alcuni servitori che la brigata ha portato con sé. Una brigata, è bene ricordarlo, appartenente alla borghesia cittadina. Pasti raffinati e leggeri, moderato il bere. Orari prussiani. Sembra un collegio.
6. Un luogo comune ostinato: un libro sconcio?
Solo chi non lo ha letto pensa che il Decameron sia sconcio. Qualcosa di simile accade per gli scrittori russi, a torto, ritenuti noiosi. Provate a leggere L’ispettore generale di Gogol’: potreste cambiare idea.
Boccaccio, con pudica ed eloquente reticenza, spesso introduce così (o quasi) gli incontri d’amore: “e fecero quel che a loro piacque fare”. Però si tiene alla larga dal basso istinto che disapprova.
7. Boccaccio e quell’avversione per...
Boccaccio disprezza medici e legulei che, a suo dire, studiano ed esercitano la loro professione solo per denaro. E, con penetrante intelligenza, non picchia duro con i cattivi ma con gli sciocchi. Che non sono affatto dei sempliciotti dal cuore
tenero in balia dei furbi.
Il Decameron è una miniera di segreti e sorprese. Il nostro articolo vi è stato utile o conoscevate già queste caratteristiche?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Decameron: 7 curiosità che (forse) non sai sul capolavoro di Boccaccio
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