Gioia mia
- Autore: Tea Ranno
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2022
Leggere Tea Ranno è sempre una scossa al corpo e una carezza sulla pelle al contempo. Si oscilla ogni volta fra questi due poli estremi che sanno donare al lettore improvvisi brividi, fremiti e sussulti del cuore accanto a dolcezze e tenerezze dell’animo.
Dopo i romanzi L’Amurusanza e Terramarina, la storia narrata in Gioia mia (Mondadori, 2022) ha il respiro corale proprio della vita stessa, quello che riesce a dare voce agli infiniti chiaroscuri che governano l’animo umano, a tutte quelle atmosfere e suggestioni interiori e personali nelle quali ciascuno di noi può fedelmente riflettersi.
Ancora una volta fa da sfondo una terra sicula, dagli “umori” caldi, avvolgenti e accoglienti, ma allo stesso tempo aspri, crudi e violenti, di lei - la vera protagonista - vengono descritte dettagliatamente fisionomie geografiche e tutte le pulsioni di coloro che la abitano.
Pietre perse - così viene nominata più volte nel corso della narrazione - è ciò che resta della lontana e amata "Terramia", solo un cumulo abbandonato di pietre sparse, che una Luisa Russo ormai adulta cerca di risanare prendendosene cura con fierezza e tenacia, per dare vita a una splendida Castidda, là dove esiste una meravigliosa masseria.
Quella stessa terra che don Nino Sapienza, il nonno di Luisa, a suo tempo ha dovuto vendere per saldare un grosso debito, e che ora Carmine Acquaforte, il marito di Luisa, compra a basso prezzo per donargliela, ma unicamente per fare “il fatto suo”, ovvero i propri affari loschi, alle spalle di quest’ultima.
Divampato l’amore, Luisa assoldò squadre di picciotti che presero a spietrarla, ad alzare con quelle pietre muri a secco a limite di aiuole e terrazzamenti, […] e che adesso, insieme a lei, curavano ogni broccolo o giglio che sbocciava al mondo, e celebravano quello che in paese tutti chiamavano "miracolo", e cioè la trasformazione di quattro pietre perse in una tenuta benedetta da Dio.
Una terra rigogliosa, che aspetta soltanto di rinascere nel suo massimo splendore grazie all’amore di Luisa e alla caparbietà delle sue fidate amiche - Agata la Tabbacchera, Violante, Lisabetta, Lucietta -, le stesse con le quali ha aperto Il Piacere, un ristorante divenuto nel tempo fra i più rinomati a Catania, dandole modo di trovare l’indipendenza da un marito egoista, vizioso e attaccato alla “roba”.
Una terra contesa non solo dalle femmine sicule e dal subdolo Carmine, ma anche da Macaluso della “Luxury Immobiliare”, un mafioso del posto che desidera costruire in quel luogo un albergo di lusso.
Gli eventi insidiosi che metteranno a dura prova la vita di Luisa e quella del figlio Giulio, che le resterà sempre accanto, vengono a mano a mano addolciti e ammorbiditi dall’intercalarsi di alcune parti narrative nelle quali si descrive con profonda tenerezza e nostalgia il legame di Luisa bambina con il saggio e amorevole nonno.
Il recupero della Memoria, di quel potere autentico che risiede solo nei ricordi d’infanzia e di vita trascorsa, è ciò che ho apprezzato maggiormente in questa storia, in quanto il ricordo in sé sembra trasformarsi in un atto necessario per poter rinascere a nuova vita - "Nel tempo della rinascenza", così viene definito dall’autrice -, per acquisire rinnovate consapevolezze e comprendere fino in fondo chi siamo e ciò a cui siamo destinati, anche e soprattutto quando i ricordi fanno male al cuore e lasciano l’amaro in bocca.
Fu il nonno a dirmi dell’ingranaggio che abbiamo nel petto: "Che assomiglia a un orologio, ma non è propriamente un orologio, gioia mia, perché misura gli attimi e pure i sospiri, ci fa camminare nel presente e pure, per esempio, nella contentezza, perché è un orologio sentimentale, che ci dà conto del passato e del futuro, ma, soprattutto, della sentimentalità che inzuppa un certo passato o un certo futuro, per cui ci sono giorni che sono più belli da ricordare, e altri che bisogna buttarli a mare, perché è meglio che se li inghiotta la scordanza, gioia mia, ché a noi ci piace di vivere contenti, no?
Nulla deve essere perduto o andare perso, bisogna recuperare sempre ciò che ci è appartenuto e si è vissuto, il tema del dolore e della sofferenza in tutte le sue sfaccettature diventa un percorso di vita obbligatorio e naturale, in quanto parte integrante, e forse la più vera, della nostra esistenza, viene affrontato senza sconti, nudo e crudo, con tutta la potenza verbale, semantica che risiede nell’evocativa prosa di Tea Ranno, così carnale, poetica e ironica al contempo, intrisa di autoctoni gerghi dialettali funzionali a rendere la storia narrata viva, intensa e fedele alla realtà descritta.
All’improvviso si muoveva altro in lei, un qualcosa di non ben definito che aveva a che fare con l’entità oscura che aveva dentro e che i sogni avevano riportato - con un’urgenza spaventosa - in vita.
"Tu con te" una voce le stava dicendo nella mente. "Tu e te."
"Io e me che cosa? si chiese.
"Tu e te..."
"Ma cosa? Che cosa?"
Poi, lentamente, cominciò a capire: lei con lei quando c’era stata? Lei sola con lei... Lei bastevole a lei... Quando?
"Nelle giornate passate qui" si rispose, "a lavorare, a trasformare le Pietre perse in Castidda."
Il tema dell’amore verso le proprie radici - di terra e di sangue -, del rispetto condiviso attraverso un’amicizia sincera e leale, della forza e del coraggio che plasmano e determinano le scelte di vita di una donna, sono nitide lenti di ingrandimento a cui ricorre abilmente la scrittrice per “compensare” e riscattare un mondo governato il più delle volte dal dolore e dal male.
Gioia mia
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