I versi satanici
- Autore: Salman Rushdie
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Mondadori
Prima di essere un caso letterario, in bilico tra magia e realtà, sogno e mito, I versi satanici è stato un fenomeno politico e religioso fortemente discusso.
Salman Rushdie, scrittore britannico di origini indiane giunto al successo internazionale con il premiato I figli della mezzanotte, ha infatti una taglia che pende sulla sua testa. Dopo la pubblicazione de I versi satanici, nel 1989, l’Imam Khomeini decretò la condanna a morte dell’autore, ritenendo blasfema la sua opera, vista come una vera e propria bestemmia nei confronti della religione islamica e del profeta Maometto. Da allora Rushdie vive sotto protezione in Gran Bretagna, costretto alla clandestinità. Non altrettanto fortunati alcuni traduttori del testo che hanno subito delle aggressioni, nel caso del traduttore giapponese addirittura letali.
Opera complessa, I versi satanici intreccia le vicende di due uomini di Bombay, Gibreel "l’angelo" Farishta e Saladin "l’inglesizzato" Chamcha, miracolosamente e assurdamente sopravvissuti a un incidente aereo che li ha fatti precipitare su Londra. In fuga da un’India che va a entrambi troppo stretta e in volo verso una fissazione, "volto" e "voce" si conoscono durante e a causa del dirottamento del Bostan, fatto esplodere sopra la città. Per rinascere si deve prima morire. E per Gibreel, attore che ha vestito i panni di ogni divinità indiana, la reincarnazione è una vera e propria ossessione, nonché qualcosa di certo come le corna caprine che d’un tratto ornano la fronte di Saladin e l’aureola che emana luce dietro la testa dell’attore. Anche nei sogni che lo tormentano ricopre due ruoli, pur essendo privo - non senza imbarazzo - di copione: arcangelo e profeta. Mahound, Maometto, il portatore della Parola che, nella città delle sabbie, rivela il verbo di Allah e di Satana, i versetti satanici del titolo presenti in alcune antiche versioni del Corano oggi bandite.
Due protagonisti e mille voci che affollano le pagine di un testo fantastico - per molti versi simile a Il Maestro e Margherita, capolavoro di Bulgakov - sospeso sul filo sottile che separa il possibile dall’im-, come direbbe l’autore, reinventore di espressioni linguistiche fortemente evocative e di realtà metamorfiche abitate da personaggi scissi, sradicati e dubbiosi. La lotta tra il Bene e il Male, tra ciò che siamo e ciò che potremmo o dovremmo essere, ha luogo senza esclusione di colpi. Rushdie ci trascina sulle ali della sua fantasia, costringendoci magistralmente alla famosa "suspension of disbelief" di Coleridge: stravolge ordini cronologici e coordinate spaziali, sfida le leggi della fisica e della logica e si inerpica su monti sacri per poi sfrecciare in picchiata su pampas argentine e set cinematatografici e giardini in cui fioriscono gli alberi dell’anima. Spirituale e materiale, Oriente e Occidente, vecchio e nuovo: Rushdie ci invita a immergerci in ciò che sta nel mezzo.
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