Il giardino delle mosche
- Autore: Andrea Tarabbia
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Ponte alle Grazie
- Anno di pubblicazione: 2015
“Per molto tempo non so nemmeno quanto, io ho vissuto in luoghi astratti. Stavo qui, nella mia casa o sul posto di lavoro, eppure non c’ero, ero altrove. Io mi svegliavo, perché senza dubbio la mattina mi svegliavo, e avevo la sensazione di non esserci, come se il sonno mi avesse rubato o continuasse a esistere durante la veglia. Facevo ogni cosa come se la posto mio ci fosse qualcun altro”.
Ha inizio con queste parole la lunga e interminabile confessione di Andrej Cikatilo, l’insegnante russo, fervente comunista, macchiatosi di crimini orrendi, divenuto un serial killer e per più di un decennio ricercato dalla polizia. Dopo “Il demone a Beslan”, sulla strage dei bambini rivissuta attraverso le parole dell’unico terrorista sopravvissuto, “Il giardino delle mosche”, Premio Selezione Campiello 2016, è l’ultimo lavoro dello scrittore e giornalista Andrea Tarabbia, portato a termine dopo attente e scrupolose ricerche storiche. Una storia drammatica, vera e cruda, esposta, nonostante l’orrore descritto, con uno stile narrativo intenso e lirico.
È il male che il nostro autore racconta dando voce all’assassino, ricostruendo la sua vita, dall’infanzia al matrimonio, dai ricordi del padre lontano in guerra alla vita vissuta con la madre che credeva che un suo figlio fosse stato ucciso dai comunisti durante la grande carestia, fino alle sue ossessioni, quelle più intime, l’impotenza sessuale, il suo lato più oscuro. Il mostro di Rostov, come venne subito definito, sembrava all’apparenza un uomo mite, usciva la mattina per andare a lavorare e rientrava la sera per trascorrerla con la famiglia; affettuoso con la moglie, premuroso con i due figli. La sua unica passione era fabbricare mosche con fili sottili di rame, nel suo rifugio segreto, una piccola baracca che aveva comprato per millecinquecento rubli, un luogo vuoto al di fuori del tempo, divenuta nel tempo la sua tana, il suo giardino, dove si sentiva al sicuro da tutti e da tutto.
“perché proprio le mosche non lo so dire. Io non ho mai amato gli animali, non ho quasi mai pensato a loro e non ne ho mai avuti. Ma le mosche, con le mosche è diverso: c’è stato un tempo, molti anni fa, in cui sembrava che tutto il mondo non fosse altro che lo spazio che c’è tra una mosca e l’altra”.
Fu uno dei bambini nati vivi dopo la grande e terribile carestia, Golodomor, per le requisizioni di grano volute da Stalin; aveva appena cinque anni quando il padre andò in guerra e fu testimone della violenza che la madre subì da parte dei soldati tedeschi. Per nulla un uomo coraggioso, pedofilo, laureatosi in Letteratura, iscritto al Partito Comunista, uccise e mutilò più di cinquantasei persone (bambine, donne, ragazzi) mentre la sua vita si svolgeva nella più ordinata delle normalità, dal giorno del primo omicidio nel 1978 fino al 1990 quando venne catturato.
“La sua vita - scrisse nella domanda di grazia - era collegata alla vita del suo Paese”.
Era stato educato alla devozione alla patria e alla causa del comunismo nella dura osservanza delle leggi sovietiche. La morte che aveva inflitto era, confesserà, solo l’eliminazione di rifiuti umani che rappresentavano la prova evidente del sistema sociale imperfetto. Aveva ripulito il suo Paese dalla corruzione e dall’immoralità.
Il socialismo era fallito non avendo dato lavoro e una vita migliore a tutti. Si sentiva vuoto come il corpo imbalsamato di Lenin, custodito nel mausoleo della Piazza Rossa di Mosca, spolpato e ridotto a un involucro, proprio come l’Unione Sovietica, con all’orizzonte le nuove idee di democrazia e di libero mercato del segretario Gorbačëv. “Il giardino delle mosche” è un libro dalla trama coinvolgente, forte. Una lettura che riesce a farci percepire il respiro dell’assassino, l’odore della paura, il sangue e la morte delle vittime, i turbamenti di un pluriomicida mentre si apre alla confessione.
Il giardino delle mosche. Vita di Andrej Cikatilo
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