Il paese di Dio
- Autore: Percival Everett
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Nutrimenti
- Anno di pubblicazione: 2011
Percival Everett torna ai lettori con un altro bel racconto, “Il paese di Dio”, ambientato in quello che è da tutti conosciuto come il “vecchio Far West”. Come è noto Everett è considerato uno dei più eclettici scrittori dei nostri tempi e non si smentisce neanche in questo caso regalandoci quasi un compendio di quella che è la tradizione western nel nostro più comune immaginario. L’autore infatti prima di scrivere questo romanzo si documenta tantissimo “esplorando” tutto il materiale che riesce a reperire su questo argomento.
Ho dissezionato oltre un centinaio di film e altrettanti romanzi western in modo tale da poter fare mio quel tipico modo di parlare, soprattutto quei cliché. Volevo che venisse fuori una lingua familiare, qualcosa che suonasse reale e irreale allo stesso tempo, proprio come nei film western. Ero consapevole che stavo scrivendo una parodia di quel genere, una demistificazione che parte da un’unica certezza: nelle nostre menti c’è e sempre ci sarà un mitico vecchio West.
Lo stesso Everett sa che non ci sono western autentici e comunque vuole avvicinarsi quanto più possibile a quello che rappresenta un “mito” degli Stati Uniti, demistificandolo. Il linguaggio usato dall’autore è colorito e pittoresco tipico della filmografia western e reso molto bene anche in italiano (un “bravo” al traduttore per questo).
La storia ruota attorno a un rancher, Curt Marder, che si ritrova con la casa incendiata e la moglie rapita da una banda di manigoldi. Decide quindi di inseguire i banditi con un ragazzo che gli si “attacca subito ai piedi” e un nero, che è il miglior “braccatore” della zona. Curt Murder ci risulta simpatico a un primo impatto perché è una vittima, poi con lo svolgimento della storia la simpatia sfuma rivelando la sua stupidità da un lato e il suo essere conforme a un sistema mentale proprio dell’epoca (la guerra di secessione è appena terminata ma i neri sono ancora visti come persone inferiori così come i pellirosse come dei selvaggi). Il protagonista quindi non è un eroe, tutt’altro: è un normalissimo rancher, uno di quelli che gira con la pistola, più perché ci è costretto che per altro, che ha visto, avidamente, nel West la possibilità di arricchirsi, ma a causa delle sue debolezze e dei vizi propri di quella società si ritrova in balia degli eventi senza avere obiettivi e ideali a cui aggrapparsi se non l’unico che sembra avere senso, il denaro.
Un libro ben fatto, a tratti divertente, a tratti drammatico, che tra scazzottate, saloon, bische, rapine, donne che regalano piacere a chi le paga, ci dà una sintesi di un Far West in divenire, che sta crescendo per diventare maturo, tra le sue mille contraddizioni, soprusi, prevaricazioni e ahimè eliminazioni massive; che non ha ancora una sua precisa identità, così come il nostro protagonista che presenta a livello quasi embrionale un accenno di dibattimento tra la logica consolidata della società che lo ha forgiato, il suo essere razzista e avido da una parte e qualcosa che sente che non “quadra” ma che non è capace di elaborare dall’altra.
Il paese di Dio
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