Il volo dell’occasione
- Autore: Filippo Tuena
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Tutte le storie che narrano del tempo sono storie di fantasmi. Il passato stesso, in fondo, è una presenza fantasmatica che ci perseguita sottoforma di ricordo, o di rimpianto. Lo dimostra bene questo libro di Filippo Tuena, Il volo dell’occasione, che pure proviene da un altro tempo perché fu pubblicato per la prima volta da Longanesi nel 1994 e ora, trent’anni dopo, TerraRossa lo ripropone in una nuova edizione con una copertina magnifica e molto calzante realizzata da Francesco Dezio che richiama il celebre orologio del Musée d’Orsay.
È sempre un orologio a essere al centro del romanzo e a divenire correlativo oggettivo del concetto di tempo. Un orologio di alabastro verdino con un quadrante bianco sul quale danza una ballerina in bronzo simile a Joséphine Baker. Al principio del romanzo l’orologio è rotto, nel finale invece è perfettamente funzionante: proprio vedendo le lancette in movimento l’anonimo protagonista comprende che in realtà la leggiadra danzatrice è simbolo dell’occasione che fugge rapida ed è, per definizione, imprendibile mentre si libra sui suoi piedi alati. Il tentativo di cogliere l’occasione perduta è il vero motore della narrazione e ciò che conduce il protagonista a essere inghiottito da un ciclo di eventi sul quale non ha, in apparenza, alcun potere.
Il volo dell’occasione inizia come un giallo proponendoci tutti i presupposti dell’indagine poliziesca – c’è il delitto, l’assassino, l’arma del crimine – poi si trasforma in una storia d’altra fattura in cui è il soprannaturale a prendere il sopravvento. L’enigma del giallo non è il vero mistero: sappiamo sin dall’inizio chi è l’autore del delitto. Il crimine, però, si ripete sempre uguale e non c’è modo di evitarlo, neppure conoscendone alla perfezione le dinamiche e i principi.
Il caso, l’occasione, l’imprevisto, sopraffanno la ragione. Ci si lascia cullare dalla meraviglia di una specie di musica delle sfere. E quasi si crede di essere stati capaci di possederlo il caso, l’occasione.
Tuena ingaggia una sorta di gioco narrativo con il lettore, proponendo un romanzo in cui le scene si ripetono uguali, eppure con sottili differenze, infine sfida il raziocinio aggiungendo l’elemento soprannaturale: la storia di fantasmi. Il narratore non può cambiare le dinamiche del delitto perché il delitto è già accaduto e la donna che lui vorrebbe salvare, la bella Blanche, è in realtà già morta. Ciò che lui crede d’amare è un’ombra, un rimpianto, ricorda un verso di Montale:
è possibile, lo sai, amare un’ombra, ombre noi stessi.
Solo a una lettura più attenta si capisce che anche i fantasmi sono, in verità, un’allegoria del tempo. La seconda parte del romanzo è la più interessante perché riesce a dare corpo alla malinconia, capace di posarsi sulle cose come la polvere degli anni, impalpabile eppure così radicata nelle cose da diventarne l’essenza. Anche il protagonista, che al principio ci appare come un rampante giovane scrittore, a forza di inseguire fantasmi diviene l’ombra di sé stesso, un vagabondo, un essere randagio. Trascorre la vita nel tentativo di cogliere l’occasione perduta, di trasformare l’esitazione in un atto di volontà. Tenta senza sosta di recuperare il momento sfuggito, di amare la bella Blanche che pure continua inesorabilmente a rivivere i suoi ultimi istanti di vita dividendosi tra l’amore fatale per Renant e la passione per il turco Altay.
Si assiste allo scontro tra il tempo lineare degli esseri umani e il tempo ciclico in cui vivono i fantasmi, condannati a ripetere la propria storia all’infinito; eppure esiste un tempo ciclico anche nel tempo umano ed è la memoria, ovvero la materia per eccellenza della letteratura. Filippo Tuena attraverso una storia di fantasmi ambientata nella Parigi sospesa degli anni Novanta, che esiste in un tempo analogico che al lettore odierno appare indefinibile, riesce a tematizzare il concetto di memoria. Lo spleen baudelairiano cessa di essere concetto astratto e diventa lo sfondo stesso del racconto, l’ambientazione reale della storia.
“Il tempo torna indietro?” Questa è la domanda che si ripete più volte nel libro e costituisce la sfida del narratore che, infine, si trova a osservare smarrito l’orologio d’alabastro quasi contenesse un occulto potere. Il passato diventa memoria e condanna perché prende la forma di un istante che si dischiude irripetibile: il momento assoluto in cui tutto sembrava possibile, quando l’occasione ancora non ci era sfuggita. Nel tentativo di tornare al bivio, di cogliere il tempo perduto, il protagonista diventa spettatore della propria vita incapace di esistere nel presente: questa è una storia, a ben vedere, molto reale e tutt’altro che fantasmatica. Nella vita di ciascuno esiste un rimpianto sul quale la mente ritorna ossessiva e mai sazia, battendo instancabile su quel dente cariato ingannandosi all’idea di poter curarlo o, in qualche modo, porvi rimedio.
La riflessione sul tempo nasce sempre da un sentimento che è il rimpianto, lo descrive bene Seneca nella Epistola ad Lucilium quando insiste sull’uso di quell’avverbio “poco fa”: poco fa ti ho lasciato, osserva Seneca e presto si rende conto che quel “poco fa” era un tentativo di dare una prospettiva al passato, di ridurre la cronologia a un momento preciso. Eppure il passato non segue più una cronologia – il tempo lineare – poiché è senza prospettiva. Il filosofo latino invitava il suo discepolo di “fare buon uso del suo tempo” e dunque a essere padrone dell’oggi. I saggi, sin dall’antichità, ci rammentano che il presente è l’unico tempo che esiste, mentre gli altri sono solo tempi della coscienza che vivono nell’immaginazione o nel ricordo.
Lo apprende a sue spese il narratore de Il volo dell’occasione; al contrario delle Epistole morali di Seneca il romanzo di Filippo Tuena non contiene una morale, ma una dura verità che spetta soltanto alla letteratura dire.
L’occasione perduta diventa ossessione e tarlo nella mente del protagonista che continua a interrogarsi rimestando il più inconcludente degli interrogativi “Dove ho sbagliato?” ed è proprio in un dialogo che l’autore scioglie il nodo, mettendoci nel mezzo di una verità.
- Dove ho sbagliato?
- Nel desiderare che accadesse.
Tutto il significato de Il volo dell’occasione di Filippo Tuena è in realtà contenuto in queste due righe che ci rivelano la vera natura del libro: non un noir né una storia di fantasmi, ma un’attenta analisi interiore che mescola insieme “memoria e desiderio” per dirla con Eliot, ovvero l’essenza stessa del tempo umano. “Cos’è che mi rende triste?” Si domanda smarrito il protagonista mentre si avvia, come tutti, verso un’inevitabile vecchiaia. Attenzione, la risposta non è scontata, non si tratta di un nome né di una donna.
Il volo dell'occasione
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