John Doe
- Autore: Roberto Recchioni Lorenzo Bartoli
- Genere: Fumetti e Graphic Novel
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Non so se lo sapete ma “John Doe” è un nome di convenzione. Nel gergo giuridico americano sta per "uomo di identità sconosciuta". In senso meta-onomastico John Doe è dunque un nome che rimanda a un mistero, il mistero di un uomo invisibile, di un uomo-che-non-c’è, una specie di fantasma. Nel fumetto ideato da Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni (ripubblicato in volume da Bao Publishing, vol. 1 e 2), “John Doe” è, non per caso, il braccio destro della Morte, il suo uomo più fidato, la sua longa manus.
È il direttore della Trapassati Inc., (apprezzata la sottile vena macabra?), ditta che gestisce i decessi dei comuni mortali, secondo il destino assegnato a ciascuno dalle Alte Sfere. In altre parole: la mission dell’azienda fondata da Morte e dagli altri cavalieri dell’Apocalisse (Guerra, Pestilenza e Fame) è far sì che il destino ultimo di ogni uomo e donna del pianeta si compia secondo i dettami del disegno stabilito per loro. Disincantato, piacione, astuto, cinico quanto basta per evocare il mix bello & dannato tra il Tom Cruise di Vanilla Sky e il Brad Pitt di Ocean’s Eleven (Recchioni dixit), John Doe è insomma quanto di meglio Morte possa trovare in giro per il mondo: il pianificatore (di morte) più capace, l’esecutore più zelante, l’interprete a-morale di svariate trame tanatologiche, un gemello diverso di Dylan Dog, un anti-eroe per eccellenza.
John Doe riga dritto per anni e lo fa scalando i piani alti, da enfant prodige, fino a quando si accorge che qualcosa non torna. C’è una nota stonata nel “falso in bilancio” societario che copre un ammanco di morti annunciate: la (ri)prova che i Quattro Cavalieri giocano sporco, dandosi un gran daffare per mettere sù un Armageddon coi fiocchi. Poiché anche i duri hanno un cuore (e un minimo sindacale di deontologismo), John Doe decide di rubare così la “falce dell’olocausto” - senza la quale l’apocalisse te la sogni - e darsi alla macchia in lungo e in largo per gli Stati Uniti. Con la Morte (che, come insegna Ruth Rendell, non dimentica) e i suoi emissari alle calcagna, di avventura in avventura.
Questo in soldoni, l’aristotelico motore immobile del fumetto seriale (ma ciascun episodio regge anche come lettura autonoma) che Bao Publishing promette di ri-editare in sei volumi (dal 2002 al 2012 “John Doe” è uscito, con differente periodicità, per il marchio Aurea Editoriale). Al momento siamo ai primi due, due tomi decisamente muscolari (il n. 2 è fresco di stampa), comprendenti gli albi dall’1 all’8, propedeutici all’universo doeiano, esempio di fumetto d’autore non-bonelliano, funzionante attraverso la mistura consapevole di alto e basso, ascendenti colti e altri pop (gli inseguimenti d’auto, il sesso esplicito, i cliché psicologici di alcuni characters), rimandi cinematografici (anche nel tratteggio estetico dei personaggi, sorprendente, ad esempio, la trovata di assegnare a Pestilenza la facies bonaria di Howard Cunningham, il padre di Richard in Happy Days) ed altri letterari (l’esplicito richiamo a “Moby Dick” dell’episodio n. 4), in un b/n dai tratti vigorosi, mutevoli, realistici, evocativi, a seconda dei casi.
Oltre agli ideatori della serie Roberto Recchioni (attuale direttore di “Dylan Dog”) e Lorenzo Bartoli, non vanno sottaciuti (tutt’altro) i contributi di Massimo Carnevale - caratterizzazione grafica dei personaggi e copertinista – e le capaci matite di Alessio Fortunato, Marco Farinelli e Walter Venturi e Riccardo Burchielli.
John Doe: 1
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