John Doe 5
- Autore: Roberto Recchioni Lorenzo Bartoli
- Anno di pubblicazione: 2017
Si presenta alla Bond, prima il cognome poi il nome, poi di nuovo il cognome: Doe, John Doe. Insieme all’indubbio ascendente che ha sulle donne, i punti di contatto con l’agente 007 finiscono qua. John Doe pensa solo a se stesso e soltanto a fuggire. Gli manca il resto dell’eroe fleminghiano, a cominciare dall’aplomb e, se proprio vogliamo insistere coi paragoni, anche con Dylan Dog, altro anti-eroe-playboy fifone del fumetto italiano (per dirla con la definizione di Claudio Paglieri), ha poco in comune, a parte (di nuovo) il modo di presentarsi e la presa sulle donne, intendo. Dog è stilnovista, cade ai piedi di ogni ragazza che incrocia, Doe è decisamente più canagliesco, piacione, inaffidabile, lo diresti quasi senza cuore. Metti quante ne ha fatte vedere alla peraltro bellissima Tempo, che lo ama da sempre. Non cito a caso: si apre infatti con un ironico simposio di cuori infranti (“Regine di cuori”), questo quinto volume cartonato che Bao Publishing dedica alle imprese di John Doe (“John Doe 5”, 2017). Un volume dove proprio eros e thanatos - nelle declinazioni late di passione e perdita, dettano i tempi delle storie (quattro). Il filo rosso ulteriore sotteso alle trame, insieme con l’articolata relazione John-Tempo (un’entità, una specie di dea, mica una che puoi prendere e lasciare quando ti pare), che qui trasforma le sue pene d’amore in qualcosa di ben più pericoloso che il comune dolore, qualcosa che potrebbe sconvolgere e coinvolgere il destino del mondo e della Trapassati & Co. di conseguenza (“Tempo fuori sesto”). La caccia all’uomo, la caccia a John Doe (vi ricordo che Doe ha sottratto a Morte l’esoterica falce dell’olocausto, provocandone l’ira), si fa quindi ancora più serrata, tra guazzabugli da spy story, inseguimenti, funghi atomici, vecchi amici, vecchie canaglie, un Babbo Natale che non è esattamente quello dell’iconografia (“Jingle Bells Rock”), e una sorta di neo-cupido che ne combinerà di tutti i colori (“Il mondo ha bisogno d’amore”). Posti come sono sul canale sdrucciolo (un crinale quasi philipdickiano, soprattutto, come in questo caso, se ha a che fare col Tempo), i personaggi sceneggiati da Lorenzo Bartoli & Roberto Recchioni rimandano a un neo-Olimpo classico, affollato da dei e semi-dei con i vizi (tanti) e le virtù (pochine, in verità) dei comuni mortali. È su questo piano inclinato – su questa contiguità tra universi paralleli, tra diverse realtà - che poggia il gioco sporco con la morte che John Doe ha deciso di giocare. Sostituendo la partita a scacchi de Il settimo sigillo con una serie di espedienti più eclatanti, per rinviare di un altro po’ l’ultimo appuntamento con la nera signora. In fondo si sa che con Lei si tratta più che mai di una questione di Tempo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: John Doe 5
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