Kallocaina. Il siero della verità
- Autore: Karin Boye
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2023
La maggior parte degli esseri umani ignora, o preferisce ignorare il fatto che in rapporto al Sistema lo stato di libertà diventa una condizione d’essere surrogata, subordinata cioè alle misure di controllo imposte dai governi. L’avvento patinato delle tecnocrazie capitaliste ha reso la contraddizione ancora più evidente, trasferendo sul terreno dell’attualità le distopie narrative di Orwell, (1984) Huxley Il mondo nuovo e Zamjatin Noi. Alienato dai falsi miti di progresso l’individuo-suddito globale ignora questa evidenza: sotto il paravento mistificatorio della democrazia vengono alimentate, in realtà, azioni capillari di sorveglianza e manipolazione dei popoli.
Se nell’antonomasico 1984 di George Orwell il punto di vista era restituito da un io-narrante dissidente alle leggi omologanti del Grande Fratello, in Kallocaina. Il siero della verità della svedese Karin Boye (traduzione di Barbara Alinei, Iperborea 2023) il focus è dato dalle note diaristiche di Leo Kall, vassallo, invece, di un apparato poliziesco che pervade le sfere ontologiche più intime dei cittadini.
All’interno del claustrobofico Stato Mondiale ogni violazione della persona è infatti consentita in nome delle millantate sicurezza e stabilità collettive (vi ricorda qualcosa della recente storia pandemica?). Il governo dello Stato Mondiale è inoltre appiattito su norme paranoidee che autorizzano dilazioni, su altre norme nazistoidi che consentono esperimenti su cavie umane (come il siero della verità messo a punto da Leo Kall), su altre ancora che allontanano forzosamente i giovani dalle famiglie per farne robotici militari o lavoratori modello.
Questo è il Sistema di cui Leo Kall si fa supino veicolatore (Leo Call sperimenta su cavie umane, Leo Call è delatore, Leo Kall è asservito agevolatore delle Leggi dello Stato Mondiale), fino a un finale irrivelabile per motivi di suspense narrativa.
Come indicato da Vincenzo Latronico nella sua postfazione al volume:
Anche Kallocaina – uscito otto anni prima (rispetto a 1984 di Orwell, ndr)- è dedicato al conflitto fra libertà individuale e oppressione collettiva; anche Kallocaina, sorprendentemente, si apre sul protagonista che di nascosto si accinge a scrivere la propria storia. Ma la sua premessa centrale è opposto a quella di Orwell, come è opposta la conclusione, a cui giunge non come teorema ma come qualcosa che sboccia: in modo graduale e sempre a rischio dei ritrattazione.
Da sottoscrivere: rispetto al tratteggio politico di George Orwell, la delineazione interiore dei personaggi di Kallocaina è sfrangiata, più dialettica, pure se nel contesto spersonalizzante prescritto dalla Causa di Stato. Proprio per la carica di umanità mai del tutto sopita, gli anti-eroi posti in essere da Karin Boye palpitano insomma, di luci e ombre – fervori e ripensamenti – che assegnano loro connotati ulteriori di plausibilità.
Benché avallato come strumento garante del Sistema, il cosiddetto siero della verità finirà, per contrappasso, col rivelarne i limiti: la verità resiste a qualsiasi induzione artificiale, così come il sostrato autentico delle relazioni interpersonali.
Kallocaina è dunque di più che mero romanzo di fantascienza, capace di rintracciare nelle coscienze individuali il terreno di incontro/scontro fra umano e subumano, libertà e massificazione, accettazione e respingimento degli statuti di un “mondo” reificato in laboratorio per esperimenti sociali sempre più ampi e pervasivi.
Per questo e per altri motivi Kallocaina, scritto nel lontano 1940, è un romanzo propedeutico per comprendere, e se ancora possibile, chiamarsi fuori dalla piega sociale intrapresa dai nostri tempi.
Kallocaina. Il siero della verità. Nuova ediz.
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Il curioso titolo del libro e il fantasioso siero della verità come recita il sottotitolo si deve all’altrettanto fantasioso scopritore Leo Kall.
Già nella mia recensione del libro Made in Sweden di Elisabeth Åsbrink, pubblicata in questo sito il 4/6/2021, si accennava a questa autrice Karin Boye, morta suicida, che tentava di “guarire” la propria omosessualità con l’aiuto della psicoanalisi (di qui il suo viaggio a Berlino) e impegnandosi nelle relazioni con uomini, addirittura sposandosi, ma erano le donne che amava più profondamente.
Oltre le numerose raccolte di poesie, ha scritto cinque romanzi di cui Kallokaina (1940) è il più noto.
L’opera è stata inclusa tra le antiutopie o “distopie” Noi del russo Zamiatin (1924), Il mondo nuovo di Huxley (1932), 1984 di Orwell (1948). Nonostante abbia fatto notare l’autore della postfazione Vincenzo Latronico “c’è qualcosa di ingiusto nel leggere un’opera alla luce di una apparsa in seguito”.
Con queste ha in comune la visione pessimistica di un futuro dominato dal totalitarismo politico e dalla disumanizzazione.
Ciò che distingue Kallocaina dalle altre distopie è la concezione della dittatura, che non è un elemento puramente esterno bensì interno alla coscienza del protagonista.
“Il conflitto – sottolinea la traduttrice Barbara Alinei – tra rigidità e spontaneità, paura e fiducia è un tema ricorrente nella produzione letteraria di Karin Boye, nella prosa come nella poesia.
Questa dicotomia è ben simboleggiata nella sua poesia Voglio accogliere con l’opposizione tra il freddo delle armi e il verde primaverile della vegetazione:
“Armata, dritta e corazzata
avanzavo -
ma l’armatura era di paura colata
e di vergogna.
Voglio gettar le armi,
spada e scudo.
Quella dura ostilità
era il mio gelo.
Ho visto i semi secchi
germogliare infine.
Ho visto il verde chiaro
svilupparsi.
Potente è la gracile vita,
più del ferro,
spinta dal cuore della terra
senza difesa.
La primavera albeggia nelle regioni invernali,
dove gelavo.
Voglio accogliere le forze della vita,
disarmata.”
Concetto ripreso in un’altra poesia Ja visst gör det ont (Sì, certo fa male), la più citata fra le sue poesie:
“Certo che è duro quando le gocce cadono.
Fremendo d’angoscia pendono gravi si aggrappano al ramo, gonfiano, scivolano – il peso le atterra per quanto si arrampichino.
Duro essere incerti, impauriti e divisi, duro sentir l’abisso attrarre e chiamare eppur rimanere e non far che tremare duro voler restare e voler cadere."
Per capire il senso del libro fondamentale è la confessione del personaggio Linda.
Karin Boye, come ricordato, è morta suicida. Voleva morire. Voleva essere salvata. Non si sa. Parole chiarificatrici sulla complessa personalità dell’autrice potrebbero, forse, esser dette alla luce di un esame condotto seguendo le tracce delle nuove generazioni del femminismo cosiddetto intersezionale come la filosofa Giorgia Serughetti, Vittoria Loffi, per fare qualche esempio.
Infine, magari è il caso di auspicare di fare conoscere in italiano anche le sue poesie.