L’esorcista. Quarant’anni dopo
- Autore: Nico Parente
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
La buia silhouette del sacerdote davanti alla finestra della casa di Regan è molto più che un manifesto cinematografico: è il perturbante freudiano fatto pellicola, è assoluta angoscia, è il Primo Fattore di tutti i bau-bau. Astenersi dalla visione i tipi facilmente impressionabili (e non solo), però attenzione: “L’esorcista” di William Friedkin resta il film più terrorizzante di tutti i tempi proprio perché non è un film del terrore, quanto meno non allo stato puro e in senso stretto. Così come “Shining” - nella versione kubrickiana più che kinghiana - poteva assumersi come una discesa in progress nel delirio allucinatorio del “posseduto” Jack Torrence, così “L’esorcista” può leggersi come una ininterrotta dissertazione dark sul tema del rimosso (soprattutto di matrice sessuale). Bella trovata, no? Spiazzante. Sentite cosa scrive Nico Parente tra pagina 49 e 50 del suo saggio dedicato a “L’esorcista. Quarant’anni dopo”:
“Un giovane prete psichiatra, turbato dalla sua incerta vocazione e afflitto dalla scomparsa della figura materna alla quale era profondamente legato, da un lato; un’adolescente colpita da inspiegabili crisi, reazioni e attacchi violenti dall’altro. Questo è lo scenario al quale si assiste (…): un giovane prete, che indossando l’abito talare è come se si coprisse con un velo atto a simboleggiare la rimozione della sessualità, si scontrerà con una giovanissima Regan, dal vasto dizionario sporco e spinto e che inneggia più volte alla sessualità (…) quanto negato nella realtà quotidiana, quindi nella metà cosciente, viene investito con un tremendo impatto nel delirio. Il linguaggio verbale fortemente blasfemo, volgare e sporco emerge in Regan, ragazzina educata e dall’aspetto dolce e innocente, solo nel corso di quella che viene definita fase di possessione. Al centro dei due antipodi (padre Karras e Regan) troviamo, quindi, la rimozione del sesso in ambedue le famiglie”.
La citazione è lunga ma da sottoscrivere al cento per cento: a ben guardare (se si ha il coraggio di guardare “fino in fondo”) quello che più disturba ne “L’esorcista” è il fatto di porci faccia a faccia con le zone più buie dell’inconscio (“rimossi”, rimorsi, paure ancestrali, finanche la paura di noi stessi), e di farlo all’interno di una cornice realistica (a tratti da detective story), giovandosi di contesti, situazioni, personaggi altamente plausibili e dunque (mamma mia!) credibili. In occasione dei quarant’anni (il 26 dicembre scorso) portati benissimo del capolavoro di Friedkin, Nico Parente ripercorre dunque la sinossi del film attraverso un’inedita chiave interpretativa (psicanalitica) che rappresenta uno dei punti di forza del suo lavoro. Il saggio si avvale anche del contributo di Roberto Giacomelli che cura l’excursus sul dietro le quinte del film (+ sequel), nonchè dell’immancabile piano ravvicinato sul demoniaco all’italiana di Gordiano Lupi. Ottima copertina, ottimo taglio e ottimi gli autori: un’altra piccola luce "cinematografica" delle Edizioni Il foglio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’esorcista. Quarant’anni dopo
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