Suspiria. La fiaba nel sangue
- Autore: Nico Parente
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Ricordo che a un certo punto tutti parlavano di Suspiria. Tutti avevano paura di Suspiria; era dai tempi de L’esorcista (1974) che non succedeva una cosa così. Corre l’anno 1977 e nei cinema, tra prime e terze visioni, girano Io & Annie, L’orca assassina, La febbre del sabato sera (soprattutto), Incontri ravvicinati del terzo tipo, Guerre stellari, per riferire solo di blockbusters americani. C’è insomma di che scegliere, ma non è per questo che qualcuno gira alla larga dal primo film dell’orrore firmato Dario Argento. Sono le voci sulla sua aura terrifica, a metterti addosso quel che si dice una fifa blu.
Si parla di Suspiria come di un film autenticamente disturbante. Sotto qualsiasi aspetto, a volerla dire proprio tutta: colonna sonora (Goblin), fotografia, colori sparati, plot, inquadrature, atmosfera malefica dalla prima sequenza fino all’ultima. La fiaba nera di Dario Argento parla di streghe e stregoneria. Pochi omicidi, rispetto ai thriller precedenti – Profondo rosso in primis - ma Suspiria è un film da vedere soltanto se dotati di coronarie in ottimo stato e comunque a proprio rischio e pericolo. A dispetto dell’angosciante passaparola che gli gira intorno (ma, a pensarci bene, quale migliore pubblicità per un horror movie?), il film va alla grande, e lo fa in progress anche nel resto del mondo, dove assurge al rango di cult. Fine della storia.
Sappiate ora che a quarant’anni giusti dal suo arrivo nelle sale, esce un saggio che è una sorta di fenomenologia sul film e, per associazioni non troppo libere, sui topoi argentiani a esso giocoforza correlati. Si intitola “Suspiria. La fiaba nel sangue” e lo firma per le Edizioni CRAC il giornalista cinematografico Nico Parente, con Francesco Ceccamea che si occupa dell’analisi della colonna sonora. I risultati sono ottimi, sostenuti da sinossi e analisi accurata delle scene, interviste (Claudio Simonetti, Barbara Magnolfi, lo stesso Dario Argento) e i contributi di Steve Della Casa e Massimo Giraldi. L’indagine su Suspiria si muove insomma a 360 gradi, attraverso focus sfaccettati quanto differenti che redigono il sacrosanto apologo di un film spartiacque dello specifico di Argento. Evidenziandone in tinte speculative l’inarrivabile statuto visionario, terrifico, archetipico. Per chiudere con le parole di Nico Parente:
“(...) se volessimo, per definizione, riconoscere la fiaba gotica per eccellenza in ambito cinematografico, allora dovremmo retrocedere nella filmografia argentiana sino a giungere al ’77, anno in cui nelle sale arriva Suspiria” (p. 17).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Suspiria. La fiaba nel sangue
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