La Sagra del Signore della Nave: da Luigi Pirandello a Michele Lizzi
- Autore: Luigi Pirandello
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Il saggio di Rita Capodicasa La Sagra del Signore della Nave, da Luigi Pirandello a Michele Lizzi (Edizioni Sinestesie, Avellino, 2020) fa riferimento a una delle novelle di Luigi Pirandello che ha destato l’interesse degli studiosi.
Si tratta de Il Signore della Nave, per la prima volta pubblicata sulla rivista “Noi e il mondo” nel 1916 e successivamente nel XI volume E domani, lunedì (1917).
Poi inclusa nel XIII volume de Novelle per un anno (Candelora, 1928). La novella è dialogica tra un narratore anonimo, omodiegetico e un tale signor Lavaccara convinto dell’intelligenza del suo maiale.
Tra il sarcasmo del narrante e la presunzione del proprietario si snoda un diverbio, mostrato con raffinata perizia, fino a una presunta offesa personale, tant’è che Lavaccara porta in giro il ragionamento dell’interlocutore.
Il narrante, la voce di Pirandello, poi riferisce sulla “scanna dei porci” che avviene in settembre in coincidenza con il festeggiamento del Signore della Nave nell’antica chiesetta normanna di San Nicola che sorge tra i campi fuori della città di Agrigento. Il drammaturgo e scrittore agrigentino sicuramente da bambino vi aveva assistito e parla del crocifisso ligneo del Cristo, il Signore della Nave (così chiamato in quanto protettore dei marinai in ossequio a una suggestiva leggenda), rappresentato sofferente dallo scultore.
Miracoloso è ritenuto “come si può vedere cento e cento offerte di cera e d’argento e dalle tabelle votive che riempiono tutta una parete della chiesetta”. La trama si svolge poi nella descrizione della festa-dramma campestre cui partecipano i paesani, che unitamente ai porci “ballonzolanti” e “grufolanti” tra la polvere dello stradone, raggiungono la chiesetta. L’atmosfera è bacchica, dionisiaca.
Siamo nell’esplosione dell’ "Es" collettivo, volendo usare un’espressione di Leonardo Sciascia nello scritto Feste religiose in Sicilia.
La convivenza inseparabile del profano col sacro, radicata fortemente nel modo di essere e del sentire popolare, si risolve infine nella processione “dietro a quel terribile Cristo flagellato su la Croce nera, tratto fuori dalla chiesa”.
Evidente il sentimento del contrario. Le risate e le baldorie si mutano con eccitazione nel pianto e nel lamento dei devoti.
E la vista dello spettacolo ripugnante, che rappresenta “quanto c’è di tragico nella bestialità umana”, fa reagire il narratore con una ironica e amara riflessione:
Morire scannate è niente, o stupidissime bestie! - io allora esclamai, trionfante. - Voi, o porci, la passate grassa e in pace la vostra vita, finché vi dura. Guardate a questa degli uomini adesso! Si sono imbestiati, si sono ubriacati, ed eccoli qua che piangono ora inconsolabilmente, dietro a questo loro Cristo sanguinante su la Croce nera! Eccoli qua che piangono il porco che si sono mangiato! E volete una tragedia più tragedia di questa?.
Dalla novella all’atto unico. È noto che Pirandello inaugurò il suo nuovo Teatro d’Arte il 2 aprile 1925 con La Sagra del Signore della Nave e Gli Dei della Montagna. dell’irlandese Lord Dunsey, con musiche di Mario Labroca, come punto di svolta della sua attività di drammaturgo.
In tale panorama, illuminante è il saggio di Rita Capodicasa La Sagra del Signore della Nave, da Luigi Pirandello a Michele Lizzi.
Tanti i riferimenti sulle distinzioni strutturali tra la novella e il dramma teatrale ed è nel capitolo 3 che viene introdotta l’opera di Michele Lizzi (Agrigento 5 settembre 1915-Messina, 31 marzo 1972), compositore e drammaturgo che compose la sua opera sulla Sagra della Nave.
La studiosa analizza analiticamente il libretto di Lizzi, cogliendo le differenze con il testo di Pirandello. Esaminando lo spartito, evidenzia con la competenza della musicista il livello di prospettiva “psicologico-musicale”.
Il sipario si chiude lasciando il pubblico attonito davanti a tale tragica, ma vera rappresentazione della vita, tra esaltazione del piacere e ricerca della preghiera, senso del dolore e momenti di riflessione. Tutto scandito dai contrastanti temi, su cui l’opera di Lizzi si fonda per sua voluta genesi.
Un saggio colto e documentato questo di Rita Capodicasa che consente dunque di conoscere pienamente i vari passaggi dell’opera pirandelliana fino al libretto del musicista agrigentino, messo in musica.
Del resto, lo stesso Pirandello, avvertendone l’esigenza aveva chiesto l’intervento di Malipiero che probabilmente si era rifiutato, non sentendosi in grado di affrontare l’impresa.
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