La messa di quest’anno e altre novelle di Natale
- Autore: Luigi Pirandello
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
L’opera La messa di quest’anno e altre novelle di Natale (EDB, Bologna 2016) presenta cinque novelle di Pirandello sul Natale con una nota di lettura di Massimo Naro, docente di teologia sistematica presso la Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista” di Palermo.
“Natale sul Reno”, “Sogno di Natale”, “La Messa di quest’anno”, “Un goj”, “I galletti del bottaio” sono veri e propri apologhi da cui può rilevarsi il rapporto di Pirandello con la fede ed essi ricoprono l’arco temporale che precede e segue la prima guerra mondiale.
Naro evidenzia «la cifra di una parabola spirituale» che fa misurare non solo la “statura personale dello scrittore», ma anche la stessa «febbre della storia». Appare disincantato lo sguardo del grande drammaturgo agrigentino che non ignora il mistero dell’incarnazione: l’innocenza dell’infanzia è infranta dall’esasperato razionalismo con il potere di una tecnica che già agli inizi del Novecento era vista come in grado di «esercitare un potere sull’uomo». Si diffonde un consumismo, diremmo oggi, a cui non è possibile rinunciare mentre i pregiudizi creano barriere fra gli uomini. Lucida l’analisi di Naro:
Non è un caso secondo Pirandello, che la disumanizzazione dell’essere umano si vada consumando in un’epoca in cui anche il cristianesimo ecclesiale si sclerotizza in consuetudini ormai lontane dall’iniziale spirito evangelico. Ed è in questo senso che mi pare di poter leggere, nelle sue novelle qui raccolte, l’intima speranza di tornare a celebrare il Natale quale evento di un’umanizzazione riuscita, come quella del Logos che, secondo l’annuncio evangelico, è divenuto carne.
Accenniamo adesso a qualche aspetto significativo. Nella novella “Un goj” (“lo straniero”), il protagonista, ebreo e perseguitato dal suocero cristiano, al posto dei pastori nel sistema nel presepe dei soldatini di stagno «con i fucili puntati verso la grotta di Betlemme». E questa è secondo Naro una «provocazione etica» e similmente una «immedesimazione mistica» in chi «scelse un giorno di nascere nel rovescio della storia, povero, in una stalla, con la sola compagnia degli umili». La situazione specificamente si capovolge: sicché, il “Goj” diventa il Bambinello su cui sono proiettate le ostilità contro i cosiddetti diversi. Nel “Sogno di Natale” Pirandello si immagina in prima persona dentro la sua novella e quindi si intrattiene a parlare con Gesù che gli dice: Tu vedi che io son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiar anche la notte della mia nascita… Cerco un’anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d’ogn’altro di buona volontà”. L’interlocutore appare sgomento all’idea della rinunzia: “E la casa, e i miei cari, e i miei sogni?”. Gesù incalza: “Otterresti da me cento volte quel che perderai”. Dopo attimi di perplessità, la risposta è decisa malgrado un senso di vergogna e di avvilimento: “Ah, io non posso Gesù”. L’offerta del Cristo è respinta per debolezza e per viltà.
È schietto Pirandello nel mostrare un modo di credere che, lungi dall’essere eroico, irresistibilmente resta impigliato nell’attaccamento ai beni terreni. Questo il suo travaglio interiore: “E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa”.
Le pagine più avvincenti che rivelano una finezza narrativa non comune sono rinvenibili nella novella “Natale sul Reno” che richiama il tempo del soggiorno di Pirandello in Germania per completare gli studi universitari. C’è voglia di pianto e di malinconia nel cuore per la lontananza della sua terra. Ecco che lo scrittore si abbandona ai ricordi indotti dal suono del vento:
Zufolava il vento attraverso la gola arsa del camino, o sentivo io veramente, lontano lontano, il suono lento nasale cadenzato d’una zampogna? Veniva quel suono dalle parole di pianto che avevo dentro di me, e che certo, per il groppo che mi stringeva la gola, prima che la via delle labbra, avrebbero trovato quella degli occhi? Era gonfia quella zampogna lontana dei profondi sospiri della mia intensa malinconia? E quel fuoco innanzi a me non era la gre-gal fiammata di fasci d’avena innanzi a un rustico altarino in una piazza della mia lontanissima città natale, nelle rigide sere della pia novena? Tintinnava l’acciarino? Sonava davvero, lontano lontano, la zampogna?!
A compensare la sua nostalgia in qualche modo c’è Jenny, incantevole e splendida amica di quegli anni. Lei, dopo due anni di lutto dalla morte del suo suo secondo marito, vuole festeggiare il Natale con l’alberello secondo la tradizione nordica. Un’onda di commozione trema nelle parole di Jenny e trova eco nell’animo di Pirandello. Affascinato, si rivede fanciullo quando spiava attraverso i vetri se mai apparisse la favoleggiata nunzia cometa:
Andai presso la finestra, e schiarendo con un dito il vetro appannato, mi misi a guardar fuori: nevicava, nevicava ancora, turbinosamente. Quel guardar fuori attraverso il tratto lucido nell’appannatura mi ridestò d’improvviso un ricordo degli anni miei primi, quand’io, credulo fanciullo, la notte della vigilia, non pago del grande presepe illuminato entro la stanza, spiavo così, se in quel cielo pieno di mistero apparisse veramente la nunzia cometa favoleggiata...
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