La festa e la paura. Interpretazioni del Carnevale
- Autore: Franco Cardini
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Il perturbante implicito alla sfacciataggine ludica del Carnevale. Quasi un esorcismo di gruppo: l’inquietudine che trasmette un anno che finisce (in baldoria) e un altro che s’insedia col beneplacito di Kronos (dio del Tempo) e già occhieggia alle incognite di una nuova stagione. Su questo e altre declinazioni affini al tema del Carnevale verte l’indagine - tra mito, storia e antropologia - di Franco Cardini dal titolo La festa e la paura. Interpretazioni del Carnevale (La Vela, 2024).
Un testo smilzo, ma di nitore e spessore evidenti. Il taglio è diacronico: lo sguardo dello storico affiancato a quello dello cultore di tradizioni popolari.
Un andirivieni trasversale nel tempo della Festa e in quello immanente della Morte attraverso le tradizioni e i climi sociali che si sono avvicendati, dalla Roma delle feste dedicate a Saturno (i saturnalia della religione romana) alla contemporanea Halloween che ha soppiantato le tradizionali festività dei defunti a cavallo del giorno di Ognissanti.
“Il Carnevale è la festa del tempo che tutto distrugge e tutto rinnova. Così può esprimersi il pensiero fondamentale del Carnevale”
Così scriveva il critico Michail Bachtin che ne aveva intuito la tessitura molteplice. Il Carnevale “è la festa che finisce male” (Claudio Lolli) e in essa - qualche attimo prima che Re Carnevale venga sacrificato sul rogo “quaresimale” - il dionisiaco coincide esattamente con il sollen forzoso dell’apollineo. L’ebbrezza si spegne tra le fiamme, flettendosi al tempo penitenziale che anticipa la Pasqua.
E anche questa, ulteriore trans-medialità del significato ludico-carnevalesco, aggancia le sue origini all’epoca romana dove, come rileva Franco Cardini:
Manifestazioni di formale scompostezza in realtà rientravano nell’ordine stabilito, anzi miravano a garantirlo.
E in forza di ciò:
erano frequenti nel ritualismo romano.
Per dirla dentro metafora: come quando avvisaglie temporalesche si profilano all’orizzonte di un cielo ancora limpido. Di nuovo Franco Cardini, a pagina 48 del testo:
“I canti, gli scherzi, la licenza sessuale, le mangiate, servono in realtà a dissimulare l’angoscia; anzi, diciamo pure la paura. E tale angoscia, tale paura sono di arcaica origine magica. L’anno muore, nulla ci assicura che rinasca. Con l’anno che finisce potrebbe terminare anche l’ordine: sia quello cosmico, sia quello sociale”.
Semel in anno licet insanire, proverbiavano i latini: con il suo corollario di risate e sfrenatezza, il Carnevale officia, in realtà, il de profundis del certo (l’anno appena trascorso) preparandosi ad affrontare in maschera il mistero del futuro. Una coniugazione indisgiungibile: non c’è Carnevale senza maschera. Un’ulteriore connotazione di umbratilità e di doppiezza per la festa più solare dell’anno, ma soltanto di primo e superficiale acchito. Alle valenze storiche e metaforiche della maschera, l’autore dedica, non a caso, il capitolo iniziale del suo excursus, dal titolo Un ballo in maschera. E si interroga:
Molte culture tra quelle espresse nella lunghissima storia del genere umano conoscono le maschere, ma tutte in funzione sacrale e rituale. Solo la cultura occidentale se n’è servita – almeno in apparenza - per giocare, per divertirsi. E per ingannare. Perfino per nuocere. Perché? Mascherarsi equivale a nascondersi? Mascherarsi vuol dir mentire? (…) in piemontese mascara (…) significa ‘scorza’, ‘corteccia’, ‘crosta’, quindi qualcosa che copre, che cela, che protegge. Ma protegge da chi, da che cosa?
Da chi e da che cosa? Chissà se proprio dalle ombre che incombono sulla gioia carnevalesca. O se dagli altri o invece da sé stessi.
Il primo capitolo di questo saggio divaga sul senso e sul concetto per ancora sette pagine, attraversando storia, filosofia, espressioni musicali, teatrali, letterarie, con una fascinazione che è la cifra caratterizzante dell’intero, ottimo, lavoro.
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