La pensione Eva
- Autore: Andrea Camilleri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2006
Ne "La pensione Eva" (Milano, Mondadori 2006), romanzo immaginario con qualche venatura realistica, Camilleri adotta una strategia compositiva in tre piani narrativi interconessi lungo il periodo che va dal fascismo allo sbarco degli americani.
Nella prima parte è tratteggiata la psicologia di Nenè, il ragazzino che vive in una famiglia di media borghesia. Succose pennellate ne fissano l’identikit. Egli, attratto dalla vista in paese della “Pensione Eva”, pone domande al padre per saperne di più. Può così apprendere che si tratta di un’abitazione dove si recano i masculi con l’intento di affittare, per il tempo di un quarto d’ora o di una mezz’orata, donne chiamate buttane. La fantasia, tipica dell’età, non gli manca. Nel gioco di finzione, recita la parte del medico ed esplora il corpo di Angela, sua cugina. Poi, alle lezioni di catechismo si persuade che quelle sono cose vastase. E’ la considerazione del sesso come tabù a determinare in lui una situazione di conflitto, dove il senso del peccato e del piacere si fronteggiano fino a fare scattare l’inibizione, sebbene egli avesse già capito cosa ci andavano a fare i màscoli grandi con le fimmine nude nella Pensione Eva. Fra le diverse letture, l’appassiona l’Orlando furioso dell’Ariosto e, guardando Angela nuda, ha così l’opportunità di rivivere la descrizione di Angelica.
E’ nella seconda fase della narrazione che vengono messi in luce eventi d’una sua nuova identità. Il rapporto di Nenè, già studente ginnasiale, con i compagni Ciccio e Iacolino, il chiodo fisso di entrare nella “Pensione Eva”, l’imprevista iniziazione sessuale con la madre di un amico, l’ingresso in quel luogo di piacere avvenuto con un sotterfugio, non avendo ancora raggiunto il diciottesimo anno d’età, sono esempi d’una vivace rappresentazione che mostra la finezza con cui Camilleri si accosta alla problematica del mondo adolescenziale di quel contesto socio-culturale.
Nella terza parte, lo scenario si modifica al punto che Nenè e i suoi compagni vengono posti sullo sfondo, mentre occupano il primo piano le storie di ciascuna delle ragazze ospitate nella pensione Eva. Ogni racconto, condotto senza alcun pregiudizio, si offre come metafora della vita ferita. E c’è anche il graffiante umorismo in bozzetti che hanno il piglio d’una gustosa teatralità. E’ il caso, ad esempio, della pantomima cavalleresca messa in atto da Nené che, andando nella pensione, aveva portato con sé l’Orlando furioso. Dialoghi frizzanti e azioni di paladini in combattimento hanno effetti esilaranti: egli e Ciccio diventano rispettivamente Rinaldo e Astolfo, mentre le due prostitute, sulle quali essi stanno a cavalcioni, sono Barricano e Baiardo. In seguito, il contesto sociale muta. La guerra e i mutamenti ad essa conseguenti danno all’epilogo un senso di malinconia per la caducità delle cose. La pensione Eva non c’è più nel giorno in cui Nenè compie i diciotto anni. Ai due amici, che attraverso il fumo della sigaretta esprimono la fine d’un ciclo e l’inizio di un nuovo corso, restano i ricordi:
s’assittarono in mezzo alle macerie. Ciccio tirò fora un pacchetto di sigarette miricane, se ne addumò una. Doppo tanticchia, Nenè disse:
“Dammene una macari a mia.”
E si fumò la prima sigaretta della sua vita.
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