La rabbia dell’orsa
- Autore: Ingebjørg Berg Holm
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Carbonio editore
- Anno di pubblicazione: 2021
I romanzi editi da Carbonio vanno apprezzati per due ordini di motivi: poggiano immancabilmente su una prosa elegante e risultano assai poco allineati ai generi. Per fare un esempio di tendenza: se thriller nordico proprio dev’essere, almeno che esuli dalle inflazionate direttive del serial killer e dell’investigatore di turno che gli sta appresso (magari con condivisione di turbe pregresse).
Prima di questo La gabbia dell’orsa di Ingebjørg Berg Holm (Carbonio editore 2021, traduzione di Andrea Romanzi) avevo già letto un paio di “gialli” boreali di Carbonio e nessuno che fosse pedissequo a questo standard narrativo. Lo scrivo perché hai visto mai possa servire a chiarire le idee di qualcuno: la narrativa di genere o è capace di mantenersi sbieca alla prassi consolidata oppure è destinata a soffocare qualitativamente da se stessa.
La rabbia dell’orsa è lontano anni luce dal cliché: la scrittura minuziosa di Ingebjørg Berg Holm tesse le trame di un thrilling interiore sorretto da incursioni negli ambiti ecologico e sociale dell’infanzia contesa.
Tre voci narranti che si susseguono lungo il corso della storia e nessuna sulla cui sincerità converrebbe scommettere. Tre punti di vista come tre vertici di un triangolo sentimentale, tratteggiato da ombre, ossessioni, traumi, rimozioni e chissà se desideri inconsci di fuga o vendetta. Il tratteggio psicologico dei personaggi è insomma ad alta densità emotiva e Ingebjørg Berg Holm lo governa con abilità, sfociando in un climax irrivelabile sullo sfondo mozzafiato della natura selvaggia delle Svalbard.
Adesso la trama in sintesi, ma solo come rinforzo all’invito di lettura: il nocciolo di La gabbia dell’orsa si estende sfrangiato sottotraccia.
Protagonisti sono due glaciologi del Centro sui Cambiamenti Climatici di Bergen, Norvegia. Il loro rapporto è illividito al punto da insidiare persino la custodia condivisa della figlia, la piccola Lotta. A inizio narrazione la ex coppia è impegnata anche a contendersi una prestigiosa trasferta: studiare da vicino lo scioglimento progressivo dei ghiacciai nelle isole Svalbard, estremo limite abitato del pianeta.
Aderendo, per poi trascenderlo, al canone narrativo della coppia in conflitto chiamata a convivere per ragioni di lavoro, l’autrice fa sì che Nina e Njål si trasferiscano (con figlioletta a seguito) nelle terre sovrastate dal buio della notte polare (ultimo capitolo del romanzo, il più serrato) dove l’ostilità che serpeggia sotterranea verrà acutizzata da un crescendo di segreti, sospetti, e bugie. E a peggiorare le cose ci sono anche la presenza di Sol, ex di Njål determinata a non darsi per vinta, e l’orso polare annunciato dal titolo, ulteriore prototipo di rabbia inespressa che sta per esplodere sotto le sfumature vagamente spettrali del cielo boreale.
Il romanzo, in ultima analisi, è a tinte fosche, espresso con la potenza narrativa delle storie tese e la raffinatezza della buona letteratura.
La rabbia dell'orsa
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