La scomparsa di Patò
- Autore: Andrea Camilleri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
Traendo ispirazione da un passo di Leonardo Sciascia in A ciascuno il suo, Andrea Camilleri rielabora un fatto realmente accaduto nel 1919 e su di esso costruisce il romanzo "La scomparsa di Patò" (Milano, Mondadori 2000; Oscar Mondadori 2002). Inventandolo quasi interamente, egli utilizza un dossier che va dal 20 marzo al 28 aprile 1890, costituito da articoli di giornali, lettere scritte a mano o dattiloscritte che fanno avanti e indietro da un organo all’altro di polizia, rapporti giornalieri riservati e relazioni. Non vi sono capitoli e la voce narrante è del tutto assente, essendosi trasferita nel documento e nei vivaci racconti; viene perciò affidato al lettore il compito di organizzarsi un proprio itinerario di lettura. Tecnica di assemblaggio, questa, già utilizzata nelle opere La concessione del telefono (1998) e La mossa del cavallo (1999). E’ l’articolo, datato 20 maggio 1890 e riportato nel giornale governativo “L’araldo di Montelusa”, a dare informazioni sulla rappresentazione del “Mortorio” (la “Passione di Cristo”, opera teatrale del cavaliere d’Orioles) che, a Vigàta, si tiene il Venerdì Santo; una lettera, indirizzata al questore da parte del delegato di pubblica sicurezza, fa conoscere il protagonista. Apprendiamo così che si chiama Patò Antonio: ragioniere in servizio come direttore presso la filiale della Banca di Trinacria e minacciato di morte dal commerciante Ciaramiddaro Gerlando, cui è stata negata la dilazione per la restituzione di un prestito. I vigatesi hanno stima di Patò e lo considerano uomo di grande rettitudine. Nel Mortorio, da alcuni anni, egli recita in segno di penitenza la parte di “Giuda”. Violento e prepotente è invece il Ciaramiddaro che, essendo vicino al capomafia Pirrello Calogero, ogni volta viene prosciolto per insufficienza di prove. La rappresentazione del “Mortorio”, informa la stampa, è stata un vero successo. Trascinante l’interpretazione di Giuda fatta da Patò in merito alla scena dell’impiccagione con la caduta nel sottopalco come il copione richiedeva. “Ma unni sinni ì Patò?” (Ma dove se ne è andato Patò), si chiede il ragionier Lo Forte (faceva la parte di Pilato) quando, interrogato dal delegato, dichiara che al termine dello spettacolo lo scomparso non era presente fra gli attori “a raccogliere gli applausi”. Diverse le ipotesi: da quella attinente a una momentanea perdita di memoria, per cui stava vagando senza la capacità di ritrovare la strada del ritorno, al suo assassinio per ragioni su cui bisogna indagare. Murì Patò o s’ammucciò? (Patò è morto o si è nascosto?), dice intanto la scritta murale apparsa a Vigàta. Le indagini si estendono fino all’attività bancaria e viene auspicato che il Maresciallo dei Reali Carabinieri e il Delegato di Pubblica Sicurezza possano scrupolosamente analizzare le carte in loro possesso. Dopo che è stata infangata l’onorabilità di un onesto cittadino come Patò, il caso viene archiviato. Quali i motivi? In seguito, si apprende la scoperta d’un cadavere in avanzato stato di decomposizione: quello del ragioniere Patò. Era stato ucciso? L’enigma che incalza la curiosità del lettore non è fine a se stesso. A renderlo oltremodo inquietante è l’immagine cupa della realtà: la pochezza degli uomini e il loro malcostume, l’intreccio tra mafia e politica, nonché l’insabbiamento delle indagini. In altri termini, nella narrazione a prevalere è un motivo di attualità: l’inganno piuttosto che la scoperta della verità.
La scomparsa di Patò
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Che fine ha fatto il ragionier Patò? Murì o s’ammazzò? È questo il caso preso in questione dal maestro per eccellenza, dallo scrittore più amato e più dotato dei nostri anni: Andrea Camilleri. Con la sua inconfondibile ironia, l’amore per la storia e l’inimitabile fantasia, Camilleri ci presenta uno spaccato tipico della Sicilia dell’800. Usi, costumi, dialetto, la sua Montelusa (scenario della Sicilia) e poi la comicità dei personaggi amalgamata alla tragedia dei casi fanno da protagonisti al più bel romanzo dello scrittori siciliano. Forse a causa della grafica, infatti, è un romanzo dossier costituito da lettere e messaggi dalle grafie più svariate e dalle firme più strampalate e per questo molto avvincente, forse a causa del l’esito delle indagini e del finale completamente a sorpresa, ma questo è davvero, a mio parere, il più bello e non dovrebbe mancare in nessuna libreria. Leggete il libro se siete amanti di Camilleri, se volete apprestarvi a conoscerlo o se volete divertirvi conoscendo un po’ di storia e tradizione siciliana.