Memoriale del convento
- Autore: José Saramago
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2014
Pubblicato per la prima volta nel 1982 in Portogallo “Memoriale del convento” di José Saramago è un grande affresco dove la storia di uno sconfinato e floridissimo impero coloniale si intreccia alle vicende di uomini e donne, talvolta comuni, sovente resi eccezionali da sogni che pervadono quasi ossessivamente la loro esistenza.
Subito apprezzato dalla critica, questo libro, che contribuì in modo decisivo all’affermazione di José Saramago sulla scena internazionale (ricevette il Premio Nobel per la Letteratura pochi anni dopo, nel 1998) come uno degli intellettuali più lucidi del nostro tempo, si configura già dal titolo come un romanzo storico.
La cornice che fa da sfondo alla narrazione è la costruzione del convento di Mafra, realmente avvenuta tra il 1713 e il 1730, per volontà di Giovanni V di Portogallo che volle edificare un complesso ecclesiastico in grado di pareggiare, per bellezza e magnificenza, con la Basilica di San Pietro e con la reggia di Versailles, per onorare un voto. Il giovane sovrano, infatti, non riusciva ad avere figli dalla consorte Maria Anna d’Austria e, dopo la profezia di un religioso, promise di rendere grazie a Dio con un’opera memorabile se avesse avuto un erede.
Ed è davvero un’opera straordinaria quella che nel romanzo di José Saramago vede lentamente la luce: quanta fatica costa a quegli umili sudditi spianare montagne, dopo esser arrivati dai quattro angoli di una nazione allora potentissima, quante pietre devono intagliare affinché Dio sia lodato degnamente, quanti danari servono per mantenere la parola data dal sovrano e per dar lustro a un impero, d’altra parte
“la vittoria della vanità non è la modestia, tanto meno l’umiltà, è piuttosto il suo eccesso”.
Così ardua e così difficile da realizzare, questa impresa sembra non finire mai, diventa quasi un sogno collettivo dove
“Il tempo, a volte, sembra che non passi, è come una rondine che fa il nido sulla grondaia, esce ed entra, va e viene, ma sempre sotto i nostri occhi”
In questa vicenda si innestano però altri sogni e altre passioni. Incontriamo così il tenace Balthasar Sette Soli e Blimunda Sette Lune, Lui avventuriero errabondo con un uncino al posto di una mano, Lei veggente dalla sconfinata dolcezza, capace, quando è a digiuno, di guardare attraverso la materia e di rubare la volontà dei moribondi (simboleggia l’elemento magico-esoterico, la strega, un tipo umano tutt’altro che estinto nel Settecento, quando ancora si appiccavano roghi per punirle).
I due condividono giacigli di fortuna e pasti frugali, è però un’altra impresa a segnare la loro sorte comune: la realizzazione di un “uccellaccio” sotto la guida solerte di Padre Bartolomeu Lourenço de Gusmão. Anche quest’ultimo è un personaggio storico realmente esistito: chiamato Voador (Volatore) dai suoi contemporanei, professore di matematica all’università di Coimbra, inventò ben 75 anni prima dei fratelli Montgolfier una macchina aerostatica, la Passarola, che nel romanzo prende appunto il nome di “Uccellaccio” e diventa incarnazione tangibile dello spirito del Settecento: in essa confluiscono, sapere tecnico e sapere alchemico, scienza, magia ed eresia (non a caso la macchina vola quando le volontà degli uomini, rubate da Blimunda e stipate in delle sfere sono illuminate dal sole).
“Un uomo ha bisogno di fare la sua provvista di sogni”.
La realizzazione di quei sogni, individuali e collettivi, diventano il fine ultimo delle azioni narrate da un testimone (narratore) onnisciente che non risparmia mai la sua sottile ironia nei confronti di un progetto, quello della macchina volante, che, apparentemente assurdo, acquista dignità man mano che si concretizza.
“Memoriale del convento” è, infatti, anche un romanzo dove la metafisica lascia facilmente il posto alla materia, dove i sogni, per esser tali devono prender forma e consistenza: pagina dopo pagina ci immergiamo in una realtà talvolta grottesca, talvolta ilare, un’epopea popolare che nobilita la miseria e la sofferenza con una indubbia dignità.
Vediamo Balthasar impegnato per anni a battere ferri e a limare le travi per la sua macchina volante, sostenuto dal desiderio di conferire una leggerezza sconosciuta a un’esistenza grave, resa più sopportabile solo dalla donna che ogni giorno gli sta accanto e trova faticosamente scarse razioni di cibo.
“Dio, quando vuole, non ha bisogno di uomini, sebbene non possa fare a meno di donne”.
Ci vuole un sogno da condividere e costruire giorno per giorno, per dar senso a una vita tutta terrena, star dietro a un progetto che colori la contingenza e dia ad essa una direzione sicura, a nulla serve guardare al di fuori dell’immanenza, in attesa del responso divino. Questo sembra essere il messaggio di José Saramago, che non dimentica però di sottolineare quanto questa stessa impresa, quando giunge al termine, possa diventare anche destabilizzante e pericolosa (non a caso Balthasar Sette Soli, prima soldato e poi artigiano, in ogni caso simbolo del popolo portoghese, si sentirà smarrito una volta che la macchina volante sarà ultimata, non sopporterà che essa marcisca sotto una montagna di rovi e, dopo averla fatta volare ancora una volta, accidentalmente, finirà bruciato sul rogo, in luogo di Padre Bartolomeu Lourenço).
Ricchissimo di descrizioni, di enumerazioni, di dettagli che talvolta distraggono, “Memoriale del convento” di José Saramago riesce bene a restituire, attraverso la molteplicità dei punti di vista, la complessità di un cosmo settecentesco reso più affascinante da una forte venatura fantastica.
Come spiega anche la traduttrice Rita Desti nella nota finale, si alternano qui molteplici punti di vista e molteplici piani temporali (tecnica letteraria barocca che Saramago mutua sapientemente) che, insieme a un uso molto parco della punteggiatura, costringono il lettore a inseguire l’alternanza di piani narrativi (alto e popolare) e di tempi diversi (passato remoto e presente): un’impresa in cui vale di sicuro la pena avventurarsi.
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