Peep show
- Autore: Federico Baccomo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2014
Nicola Presci è il prototipo di ex figo-vincente dei nostri giorni. L’archetipo ideale dell’uomo senza qualità dagli anni zero a seguire: autoreferenziale, rissoso-bizzoso, con la fissa della bella vita e di tutto ciò che possa suonare anche soltanto lontanamente come trendy. Non a caso è stato il trionfatore di una delle edizioni del Grande Fratello: il wartholiano quarto d’ora di celebrità esteso a qualche annetto (copertine sui giornali, sesso facile, comparsate in discoteche & tv, denaro, tanto denaro): dopo di che l’oblio. Federico Baccomo Duchesne (ce) lo introduce nel milieu del suo annaspare a vuoto tra impresari disincantati, affitti da pagare, notti non più brave e ultimi fuochi di celebrità (appena qualche scatto con canonica mano sulla spalla dell’altrettanto canonico gestore di pizzeria, scampoli di amorazzi da niente), nella perenne speranza di una nuova chance, di una nuova ribalta, di un nuovo posto al sole nell’ipermondo dello show business. Nicola Presci ha talento, peccato sia il solo rimasto a crederci.
Inizia dal ventre scurissimo del baratro sociale in cui è precipitato questo tagliente “Peep Show” - titolo da spettacolo porno per una pornografia estesa alla fauna televisivizzata, dentro e fuori gli schermi tv -, piano ravvicinato ulteriore sul declino delle civiltà. Sarcastico quanto drammaticamente spalancato sull’horror vacui che più immanente di così si muore sul serio, nel quale galleggiano-sgomitano-motteggiano-se la tirano-banchettano-sniffano-invidiano i nuovi mostri dello star system: autori finto-ispirati & soubrettine, presentatrici sempreverdi e opinionisti da luogo comune, giornalisti specializzati e/o specializzandi in tv spazzatura, coi nomi & cognomi propri dei nuovi e vecchi mostri dello star system reale. Contigui al circo barnum, la coorte narcisista degli aspiranti celebri senza nome, figuranti parlanti e non, portabandiera dell’esercito della gente comune (ma esiste ancora la gente comune?), la vera carne da macello dei palinsesti televisivi.
Sostenere, a questo punto, che “Peep Show” (Marsilio, 2014) è un piano sequenza impietoso sui tempi che corrono è lapalissiano come affermare che siamo scivolati molto ma molto in basso. Sostenuto da trama e ritmo che non fanno una grinza (dentro ci sta anche una vera storia d’amore, o insomma giù di lì) “Peep Show” girovaga attorno una sub-umanità reificata, alienata, a-valoriale, arruolata a comparsa da una società in cui tutto sembrerebbe perduto tranne l’apparenza.
In ultima analisi: Federico Baccomo Duchesne riesce laddove la maggior parte degli scrittori morali-sociali-a tesi fallisce, configurando un panorama del disastro quasi da docufiction, ma senza piangersi addosso, senza pistolotti e/o compiacimenti esistenzial-ombellicali. Lo sguardo narrativo si evolve in soggettiva però si mantiene lucido fino in fondo, regalandoci il ritratto di un personaggio-simbolo riconoscibilissimo e per ciò difficile da dimenticare.
Peep show
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Devo dissentire, a mio parere è un racconto prolisso e noioso con, qua e la, qualcosa di divertente.
Spiace considerare che , dopo Studio illegale, Baccomo non ne ha azzeccata più una.
Io non sarei così tranchant nei miei giudizi su Baccomo. Però de gustibus, ci mancherebbe...
Scintillanti vite virtuali sotto le luci del Grande Fratello e squallide vite reali sotto i lampioni di periferia.
Nicola Presci nella realtà non esiste, ma in quella virtuale è un gran bastardo. È il protagonista di “Peep show” (Marsilio 366 pagine 18,50 euro), romanzo dello scrittore milanese Federico Baccomo Duchesne, nel quale è reduce dal Grande Fratello. È arrivato tra i quattro, a un passo dal premio di 500mila euro. È diventato famoso per la diarrea, un attacco violento, irrefrenabile, colpa delle ostriche offerte dalla produzione, un regalo per la diretta. Il bagno era occupato da Camilla. Non ha fatto in tempo. Ha sporcato i pantaloni, sul piccolo schermo, davanti alle telecamere. Ma non si può avere compassione per lui, è antipatico, astioso. Si direbbe che non sia troppo simpatico nemmeno a chi lo ha creato, allo stesso Federico.
Quattro anni prima, quella trasmissione e quella finale. La notorietà è eccitante, allucinogena. Si sa di apparire e si ha la certezza di essere, pensa. Ti dici: io sono. Poi le luci si spengono poco a poco su di te. Il telefono suona sempre di meno. A un certo punto smette del tutto di suonare. È la caduta. Si sono dimenticati di te. La prospettiva della vita cambia totalmente.
Per fortuna, Silvano cerca di farlo tornare popolare. Silvano Coppola, manager della Olympus, un’agenzia di quelle buone. Certo che a Nicola sembra dura rientrare nel giro facendo televendite di villini-vacanze in Iraq, vestito da palma, con la faccia colorata di verde. Gli ha pure procurato una presenza in un servizio su un rotocalco: che fine hanno fatto le star che abbiamo amato? Peccato che abbiano perfino sbagliato a scrivere il nome. Ha bisogno di pagare l’affitto e di fare la spesa, però non vuol fare l’amante di un’attempata protagonista del bel mondo. Certo, fioccherebbero titoli sui giornali e passaggi in televisione, ma non ha lo stomaco di accarezzare una tardona piena di rughe.
Silvano gli viene incontro ancora una volta. Nicola scarrozza vip in limousine come chauffeur. E piange, tante lacrime. Torna sempre indietro ai sei mesi dentro la “casa”, sotto i riflettori, a vivere la vita finta che gli autori facevano diventare più vera di quella vera. Prova una nostalgia disperata per quell’apparire ovvero essere. L’uscita per ultimo, sotto un delirio di fan e di lustrini. I soldi, tanti soldi, fatti senza uno straccio di talento, quei soldi che adesso non ci sono più.
Ma non è solo Nicola Presci ad andare in malora nella realtà che ha sostituito il bellissimo mondo apparente dove lui e Camilla erano qualcuno, un lui e una lei, pur non essendo una vera coppia. La popolarità è consumata, andata. Fuori della “casa” è tutto diverso. Vivere è difficile, si sente finito.
Camilla fa la lap dance in un locale e la sua piccola Sofia dice che di giorno vengono degli uomini a casa e che ogni volta le tocca andare dalla signora Mazzarri. Nicola insegue Camilla, che non vuole andare oltre la sua amicizia. E lui stringe una tenera alleanza con la bambina, che si dimostra più matura di quei due bambocci della mamma e di Presci.
Nel frattempo, la limousine diventa uno spiazzante “confessionale”, in cui trasporta nomi noti dello spettacolo e della politica, che rivelano vizi, pulsioni, difetti da autentici “mostri”: amorali, asociali, cinici, maniacali.
Silvano e la produzione propongono a Nicola un reality innovativo, è così che dicono. Per lui sarebbe una svolta, un ritorno. Sulle prime fa resistenza, poi si butta con tutto se stesso.
Innovativo... è di nuovo il Grande Fratello, sempre affamato della loro vita virtuale.
Sta cambiando tutto, gli dice Silvano. Fino a ieri eri un intoccabile, completamente finito, la forma più bassa di umanità e oggi parlano di te, sei quello che li confonde, quello che li destabilizza. Una rinascita, ma del Nicola vero o di quello che appare sul teleschermo? Chi è il Nicola vero? L’uno o l’altro?