Per un figlio
- Autore: Edith Wharton
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
“Per un figlio” (Guanda, 1995, titolo originale Her Son, traduzione di Chiara Gabutti) è il romanzo breve che la grande autrice statunitense Edith Wharton (New York, 24 gennaio 1862 - Saint-Brice-sous-Forêt, 11 agosto 1937), prima donna a vincere il Premio Pulitzer con “L’età dell’innocenza” (1921), scrisse nel 1923.
Edith Wharton, appartenente a una famiglia dell’alta borghesia newyorchese, i facoltosi Newbold-Jones, unica figlia di George Frederic Jones e di Lucretia Rhinelander, educata tra l’America e l’Europa, amica personale di Henry James, conosceva bene la “high society” del suo tempo. In tutta la produzione letteraria della scrittrice, perciò, sono presenti gli elementi a lei più cari: la critica spietata alla buona società ingabbiata nelle convenzioni di un mondo ipocrita e superficiale, la descrizione spietata dell’“aristocrazia del denaro” e quella chiusura sociale che impediva la realizzazione di molte storie d’amore.
Bravissima nel tratteggiare l’amore narrato in tutte le sue complesse e delicate sfumature, tale da renderlo vivo e reale, in queste pagine Edith Wharton racconta l’amore totalizzante di una madre e le estreme conseguenze di ciò.
“Vede, da quando ci siamo incontrati, ho perso ogni cosa: mio figlio, mio marito. O, almeno, quasi ogni cosa”.
Mr Norcutt, l’io narrante del romanzo, raccoglie il grande segreto della vita di Catherine Glenn assistendo impotente alla beffa crudele perpetrata nei suoi confronti. Philip Glenn, unico figlio di Stephen e Catherine Glenn durante la I Guerra Mondiale era rimasto ucciso in Francia, nella Somme, attaccato da uno squadrone tedesco mentre volava da solo a bassa quota. Il giovane Phil Glenn era stato il primo aviatore americano a essere abbattuto. Quando arrivò la notizia, la gente vide che il signore a la signora Glenn che avevano finora conosciuto, erano “una semplice facciata”. Dietro la facciata c’erano un padre e una madre appassionati, annientati, in preda alla ribellione e disperati, ma determinati a fronteggiare la loro disgrazia con dignità, anche se si sentivano morire. Dopo l’armistizio, i Glenn erano andati in Francia a pregare sulla tomba del figlio perduto, poco tempo dopo anche Stephen Glenn era morto di dolore.
“È stata la perdita del ragazzo. È terribile avere un figlio solo”.
Ma la verità era un’altra. La “vigile attitudine” di una persona riservata come Mrs Glenn custodiva un segreto. Quando Catherine era giovane, circa trent’anni prima, era sbarcata a New York dall’Alabama per andare a vivere dallo zio, il vecchio colonnello Reamer. Catherine si era innamorata di un uomo infelicemente sposato. La moglie era pazza, a quel tempo se si era sposati con un pazzo, l’unica liberazione era la morte. La giovane era rimasta incinta, al neonato era stato dato il nome del padre: Stephen. Sì, perché il padre era il signor Glenn che si era potuto risposare solo dopo la morte della prima moglie. Ma ormai il primo figlio della coppia era perso per sempre, adottato da una famiglia benestante. Le ferree regole della società di New York avevano impedito che Catherine tenesse il bambino,
“una donna su cui fosse gravata un’ombra simile era condannata”
mentre Stephen aveva dovuto tener conto della sua posizione professionale. Adesso la signora Glenn, proprietaria di una discreta somma di denaro,
“era disperatamente sola e non aveva scopo o interesse per alcunché, eccetto che trovare il figlio che aveva perso”.
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