Saladino. Biografia di un eroe dell’Islam
- Autore: Albert Champdor
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Nell’immaginario popolare è il feroce Saladino, ma si è dimostrato tutt’altro che intollerante e meno crudele di altri. Se ne trova conferma nello studio dell’orientalista, medievalista ed esperto di storia dell’Egitto Albert Champdor, apparso nel 1956 in prima edizione francese, tradotto nel 1959 in Italia e che le edizioni Odoya di Città di Castello hanno voluto riproporre in una nuova e valida veste editoriale, ampiamente illustrata in bicromia, col titolo Saladino. Biografia di un eroe dell’Islam (maggio 2020, 112 pagine, 20 euro).
Ci porta al XII secolo e nel Medio Oriente, in un territorio unito dalla religione musulmana, indebolito dalle rivalità tra i califfi e minacciato da una compagine europea motivata dal sogno di liberare i luoghi della vita e passione di Cristo e dalla determinazione di principi, nobili e cavalieri, spinti dal desiderio di conquista e successo. Tensione, invidie e sospetti fiaccavano l’Islam invaso dall’occidente al tempo della prima crociata, quando ancora non si era levato su tutti il carisma del curdo Yusuf, di Takrit, sul Tigri, noto col soprannome di Salah ad-Din, “il buon ordine della religione”.
Una biografia molto documentata, facilmente leggibile anche per i profani, quella realizzata dall’importante ricercatore francese, che nel Novecento si è distinto nella produzione spesso premiata di oltre cinquanta saggi su varie fasi dei secoli passati e per una lettura particolarmente benevola del condottiero musulmano. Ma va riconosciuto che il favore accordato al Saladino è in linea con l’alta considerazione di sempre del mondo occidentale nei suoi confronti. Basta dire che il vincitore di Hattin e riconquistatore di Gerusalemme, strappata per sempre alla Cristianità, viene considerato un avversario irriducibile ma leale e corretto, una figura resa grande anche dai prestigiosi condottieri cristiani contro i quali si è scontrato, ha perso battaglie e vinto guerre, come Baldovino il re lebbroso della Città Santa e il sovrano inglese Riccardo Cuor di Leone. Non pochi cavalieri europei si distinsero invece come spergiuri, inaffidabili e traditori dei correligionari, facendo risaltare ancor più le qualità del generoso nemico, esaltate da Dante, che lo pose nel Limbo tra gli Spiriti Magni, precristiani e non cristiani. Anche Boccaccio lodò il sultano dell’Egitto ed entrambi i sommi hanno scritto un secolo dopo l’epopea del Saladino (1138-1193), quando si erano spenti gli echi e gli odi per i massacri cristiani in Terrasanta e i regolamenti di conti nei confronti di condottieri incapaci di mantenere la parola data.
Nel seguire l’intero percorso di riconquista della Terrasanta, strappata alla fine del Mille dalle armate cristiane ai signori dell’Islam, sempre gelosi gli uni degli altri, Champdor mostra il grande curdo più disposto alla clemenza che allo spargimento di sangue. È ovvio però che non aveva sempre il tempo o la convenienza di fermare le spade dei suoi. Dopo la grande vittoria di Hattin autorizzò la decapitazione di duecentotrenta prigionieri cristiani, pur disgustato dall’incapacità di molti carnefici di infliggere la morte con un solo colpo. E fu lui in persona a tagliare di netto un braccio di Rinaldo di Chatillon (accusandolo di aver superato ogni limite dell’insolenza e della perfidia coi suoi comportamenti riprovevoli), davanti al terrorizzato re di Gerusalemme Guido da Lusignano, che trattò invece con ogni riguardo.
Odiava i Templari e gli Ospitalieri, ma dopo la presa di Gerusalemme concesse all’Ordine gerosolimitano di continuare a curare i malati per un altro anno e tenere aperto il proprio ospedale. Eppure, un decennio prima, battuto Saladino ad Ascalona — costretto alla fuga con un pugno dei suoi — i cristiani avevano fatto strage di musulmani per un giorno intero. E nel 1095, espugnando la Gerusalemme, sempre gli europei si erano vendicati della resistenza opposta dai mori dandosi a eccidi, saccheggi, stupri e riempiendo le strade dei corpi di centomila uomini, donne e bambini. Yusuf, invece, ottenuta la resa della stessa Gerusalemme cristiana alla condizione di rispettare la vita dei vinti, si accontentò di entrare con la spada in pugno nella Città Santa di tre religioni e assicurò protezione e scorta alle colonne di combattenti e civili cristiani che, col governatore Baliano da Ibelin, raggiunsero i possedimenti europei sulla costa. Accolse anche le suppliche delle donne che gli chiedevano in ginocchio la liberazione dei mariti prigionieri. Li fece individuare e rilasciare. Certo, aveva concordato con Baliano un riscatto per tutti, in oro, argento e preziosi, ma era la consuetudine dei tempi. Non saranno generosi quanto lui, pur nemico, i marinai genovesi che solo dietro pagamento accorderanno l’imbarco agli esausti correligionari, con la condizione ulteriore che disponessero dei viveri o risorse per nutrirsi durante la navigazione verso l’Europa. Ed erano transitati dalla fortezza di Boemondo di Antiochia, sulla costa palestinese, dove il conte di Tripoli aveva pensato addirittura di trucidarli per disfarsi di un peso inutile. Comunque, prima d’essere impietosamente sospinti verso l’Egitto, erano stati alleggeriti d’ogni bene dai compagni di fede in Cristo.
Champdor cita precedenti saggisti agli occhi dei quali il fanatismo di Saladino si rivolgeva ai crociati in generale, non contro ciascuno individualmente né contro i cristiani sottomessi al suo governo.
La sua gente lo celebrava Signore d’Egitto, Siria, Palestina, Transgiordania, Mesopotamia, Yemen, colui che prevalse sulle turbolente dinastie fatimite e strappò Gerusalemme ai Franchi, combattendoli per vent’anni. Lasciò ai diciassette figli un impero, 47 denari e una monetina d’oro.
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