Scacchi matti. Analisi di tre folli deliri nel gioco dei re
- Autore: Angelo Germino
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
L’arte degli scacchi – perché declassarli ad attività ludica? – è simbolicamente affine a una guerra globale tra Bianchi e Neri. Sulla carta i due schieramenti mettono in campo le stesse forze, hanno le medesime probabilità di vincere: a distinguerli contano la padronanza e il dosaggio di tattiche e strategie per aggredire l’avversario grazie alla combinazione ossimorica tra regola e immaginazione. Talvolta la realtà della scacchiera sostituisce la vita di alcuni fuoriclasse, arrivando a colonizzare la loro dimensione onirica. Ma c’è un bello scarto tra il Gioco dei Re e la vita vera. Il primo è la quintessenza di razionalità e intelligenza, logica e regole da rispettare per evitare la squalifica; nella seconda a farla da padrone sono il sotterfugio, l’inganno, il tradimento. Nell’agire umano si intrufolano il caso e l’imponderabile; le leggi possono essere infrante, aggirate, interpretate. Di conseguenza stare al mondo significa barcamenarsi nella complessità.
Poste queste premesse, cosa accade quando il rapporto tra il gioco e la vita va in tilt? Quando da ancora di salvezza per individui patologicamente disturbati oppure sopraffatti dalla Storia, gli scacchi si trasformano nel loro peggior nemico, fino alla pazzia che divora ogni logica?
Ce lo spiega Angelo Germino nel saggio Scacchi matti. Analisi di tre folli deliri nel gioco dei re pubblicato da Santelli Editore nel 2018, che si propone di dimostrare il legame tra scacchi e follia su tre testi campione della letteratura del Novecento: i romanzi La difesa di Lužin di Vladimir Nobokov (1930) e Murphy di Samuel Beckett (1938) e il racconto La novella degli scacchi di Stefan Zweig (1941):
Gli scacchi inizialmente appaiono come il simbolo e l’incarnazione di una via di salvezza, una difesa dal reale, ma successivamente e rovinosamente questo mondo d’ordine e regole diventa una ragnatela che non ne permette più nessuna perché i tre protagonisti, attanagliati e inchiodati nella realtà del gioco e incapaci di distaccarsene, cadono vittima della follia.
Sfiora il grottesco la storia di una rivincita senza riscatto di Lužin, un bambino abulico con tendenze nevrotiche, bullizzato dai compagni nella Pietroburgo del primo Novecento. A scacchi si dimostra un prodigio, perdendo progressivamente il contatto con la realtà. E mentre nel corso degli anni inanella una serie di vittorie nei campionati internazionali, a seguito del crollo del regime zarista il suo mondo cambia per sempre. Lui riuscirà a cambiare il corso del suo destino?
Ancora più intricato appare il dramma di Murphy, infermiere in un manicomio surreale che scopre serenità e pace nell’inazione – quella di Godot – oscillando, legato, su una sedia a dondolo. Infatti anche lui è un convinto assertore dell’inutilità dell’agire umano. In questo romanzo, dai numerosi punti di contatto con le esperienze psichiatriche dell’autore irlandese, le pedine bicolori entrano in scena quando Murphy gioca una partita che riecheggia quella tra il Cavaliere e la Morte ne Il settimo sigillo di Bergman con un paziente schizofrenico. Chi sarà il vincitore?
Infine la novella di Zweig affonda le sue radici storiche e psicologiche nell’ascesa del nazismo, di cui sembra metafora. È ambientata in una nave durante una traversata oceanica, un non-luogo alla Augé e in passato mezzo di trasporto per allontanare dalla comunità il pericolo di malati e folli, chiosa Faucault. Qui si svolge una sfida simbolica tra due passeggeri: un individuo rozzo, venale, ignorante prototipo del genio gretto, inadatto alla vita e il protagonista dottor B., raffinato, colto, emblema di un’epoca al tramonto, quel mondo di ieri dell’omonimo memoir. Il cuore del racconto contiene il flashback sulla genesi della sua passione per il Gioco dei Re, che lo ha costretto a giocare una partita doppia contro la follia. Siete curiosi?
L’autore offre una disamina appassionante dei personaggi creati da Nobokov, Beckett e Zweig, senza tralasciare il rapporto tra il singolo autore, la psicanalisi e la psichiatria (soprattutto nel caso di Beckett) e tocca il grande interrogativo sul criterio per individuare la pazzia. Lužin, Murphy e il dottor B. trovano casualmente nel gioco un antidoto al loro male di vivere o a un isolamento coatto, ma questo al pari di una droga si fa veleno, si fa ossessione che lentamente li corrode dall’interno assorbendo ogni energia.
D’altronde la scissione dell’io, necessaria per giocare seriamente a scacchi contro sé stessi riuscendo a ignorare le intenzioni dell’“avversario”, è prodromo alla follia. C’è chi nel gioco canalizza fantasie di onnipotenza e aggressività e chi riesce a condurre una vita normale coltivando altri interessi al di fuori delle 64 caselle, misurandosi con crisi d’astinenza.
Angelo Germino sottolinea in modo chiaro e sintetico analogie e differenze scacchistiche, psicologiche, culturali e morali dei personaggi, attingendo alla psicanalisi e alla psichiatria, da tempo interessate al profilo dei grandi campioni e alla letteratura, evitando eccessivi tecnicismi. In un’ottantina di pagine troverete tutto ciò che occorre conoscere a riguardo e spunti di approfondimento. Molto, molto interessante.
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Agli amanti della letteratura del Novecento e della psicanalisi, non è necessario conoscere i misteri degli scacchi.
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