Storie, curiosità e proverbi
- Autore: Vittorio Polito
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
I proverbi sono massime che arrivano dal passato, ricavati dall’esperienza comune. Esprimono norme, giudizi, conoscenze, consigli, sinteticamente e spesso metaforicamente, anche in rima. L’etimologia deriva dal latino proverbium (verbum era "parola"). L’Enciclopedia Treccani li considera manifestazioni dell’animo e del costume popolare di una comunità: frasi brevi
“di forma lapidaria o sentenziosa, codificata nella memoria collettiva o tramandata in forma scritta, che enunciano una verità ricavata dall’esperienza, presentata come conferma di un’argomentazione, consolidamento di una previsione, ovvero come regola o ammonimento ricavabili da un fatto”.
Vantano una scienza che li studia, la paremiologia.
Tutto questo viene a proposito, per presentare una nuova pubblicazione di Vittorio Polito, Storie, curiosità e proverbi (Wip edizioni, Bari, dicembre 2021), una raccolta di articoli e colte note storiche e di tradizione del prolifico scrittore, ricercatore di tradizioni locali e pubblicista barese. In copertina, una bella e giovane Madre Natura disegnata dalla concittadina Marialuisa Sabato, artista alla quale si devono anche alcune delle tante immagini riprodotte nelle 152 pagine su carta di pregio, oltre a stampe, illustrazioni e fotografie a colori.
La produzione dei proverbi nasce dalla cultura greca ed è stata intensa nel mondo latino, tanto da far parlare di una vitalità del patrimonio paremiologico antico, documentata nel medioevo dalle prime testimonianze in lingua volgare, alle radici dell’italiano.
È continuata fino al secondo dopoguerra del Novecento, per sfiorire nell’ultimo mezzo secolo, con l’eccezione dell’abusato “donna al volante, pericolo costante”. Sempre dalla Treccani arriva la conferma che i proverbi stanno scomparendo, estranei al modo di esprimersi dei giovani e alla loro cultura. Con il tramonto della civiltà contadina, l’alfabetizzazione di massa ha estinto una produzione di massime che nasceva soprattutto nelle campagne e si avvaleva di un codice di valori e di principi non più altrettanto unitario.
Ciò non toglie che nei dialoghi i proverbi ricorrano ancora, quasi per inerzia e spesso citati a sproposito, tradendo il significato originario. Sono stati soppiantati dagli slogan pubblicitari, altrettanto brevi, ritmati, efficaci nel globalizzare un significato.
Polito ha individuato trenta argomenti, dall’acqua ai vizi, passando dal dialetto pugliese, da San Nicola e perfino dal polipo (tutti archetipi baresi), oltre a ulteriori animali (asino, cavallo, farfalla, ad esempio), a qualche professione (avvocato, medico), a modi d’essere (buffone, bugiardo, sordo) e quant’altro.
Ogni capitolo propone una manciata di proverbi, preceduti e spesso anche seguiti da curiosità, episodi, personaggi e aneddoti sul tema.
Per primi, Vittorio commenta brevemente i proverbi gli arcinoti “L’acqua cheta rovina i ponti”, “Acqua passata non macina più”, “Ognuno tira l’acqua al suo mulino”, dopo aver citato San Francesco in vernacolo barese e prima di qualche notizia sulle sorgenti del Sele, che alimenta il grande Acquedotto della Puglia sitibonda.
I fiori? “Ogni bel fiore perde l’odore”, “Chi porta il fiore in petto fa l’amore per dispetto”, “Chi non fa fiori non fa frutti”, seguiti dalla leggenda che vuole le rose in origine tutte bianche, fin quando la dea Venere non ha calpestato un roseto, correndo incontro a un innamorato. Le spine la punsero dolorosamente e per la vergogna dell’offesa recata quelle rose arrossirono per sempre.
Tocca anche ai giochi: infantili, da tavolo, di prestigio, di società, all’aperto, di carte, sportivi. Gioco è anche ogni sistema di regole al quale è necessario adeguarsi e ogni situazione il cui esito può vederci vittoriosi o invece battuti. “Il male non è perdere, è volersi rifare”, “Al tavolo del gioco siede sempre il diavolo!”, “Ogni bel gioco dura poco”.
Si sa che “La vita è teatro ed ognuno ha la sua parte”, che “A teatro si va per vedere ed essere visti”, che “Il mondo è teatro e l’uomo le marionette”. Polito ricorda che la forma più antica di rappresentazione sono stati i drammi sacri, che si recitavano sui sagrati degli edifici religiosi o anche all’interno, fin quando, verso il Cinquecento, la Chiesa impose il rispetto rigoroso della sacralità dei luoghi.
Per finire, “La via del vizio conduce al precipizio”, “Un vizio chiama l’altro”, “Vizio rinato, vizio peggiorato” e “Un uomo senza vizi è un santo che non fa miracoli”, perché gli mancano il più e il meglio del carattere e della personalità. È stato Aristotele a descrivere i vizi capitali, perché riteneva che al pari delle virtù costituissero un “abito” che fa muovere gli individui verso certe direzioni, anche se i difetti non fanno crescere, a differenza delle qualità.
Nel capitolo dedicato alla donna, un omaggio alla scultrice barese Anna Maria Di Terlizzi, oltre a Marialuisa Sabato. Tutti edificanti i proverbi di questa sezione: “Se le donne fossero d’oro non varrebbero quello che valgono”, riconosce meriti e valore, “La donna è la casa”, la colonna della famiglia, “La donna è l’angelo della casa”, “Donna tra i figli, rosa tra i gigli”.
In appendice, “Dicono di me”, venticinque pagine di commenti e giudizi su Polito di rappresentanti istituzionali, personalità, giornalisti, artisti e amici.
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