Martedì 7 dicembre alla fiera della media-piccola editoria di Roma “Più libri Più liberi” si è tenuto un incontro con un grande autore internazionale, lo scrittore islandese Jón Kalman Stefànsson.
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Per l’occasione l’autore ha presentato il suo ultimo libro La prima volta che il dolore mi salvò la vita, in libreria per Iperborea nella traduzione di Silvia Cosimini.
Questa recente pubblicazione è in realtà il punto di partenza dello Stefànsson che tutti noi conosciamo oggi. Il libro riunisce infatti le prime quattro raccolte dell’autore, composte in un lasso di tempo che va dal 1988 al 1994. Jón Kalman Stefànsson si è dunque presentato al pubblico italiano parlando dei suoi scritti giovanili e guardando al se stesso di allora come a un “giovane fratello”.
L’intervento a Più libri Più liberi
Nessuna spocchia, nessun elitarismo da parte di un grande autore che potrebbe tranquillamente aspirare al premio Nobel.
Stefànsson, prosatore per eccellenza dell’inquietudine esistenziale, si è rivelato una persona divertente e autoironica, capace di strappare al pubblico parecchie risate.
Ha eletto sua madre spirituale la poetessa premio Nobel Louise Gluck, ma - ha aggiunto dopo - non è certo che lei sarebbe contenta di averlo come figlio.
In dialogo con lo scrittore Giordano Meacci, Stefànsson ha ripercorso le tappe fondamentali della propria vita e il suo percorso letterario.
La poesia di Jón Kalman Stefànsson
Sin dalla prima raccolta di poesie contenute nel libro, Con il porto d’armi per l’eternità (1988), appaiono tutta una serie di ossessioni, di inquietudini, che sono i temi portanti della narrativa di Stefànsson.
Il desiderio di capire quanto sia breve il nostro transito su questa terra; il dialogo tra i vivi e i morti; l’idea di farsi beffe dell’eternità; il desiderio di cambiare violentemente il mondo con la letteratura.
Nelle parole di Stefànsson ritorna spesso questa idea di voler immortalare l’eternità, come se volesse dire all’eternità di essere mortale come noi.
Dare un nome a qualcuno significa allontanare la morte
scrive Stefànsson
È un modo per immortalare l’immortalità.
Come osserva Giordano Meacci abbiamo soltanto da imparare come le frasi vengono formulate sia in poesia che in prosa da Jon Kalman Stefansson. La narrativa dello scrittore nordico è una lezione d’estetica sopraffina.
L’ispirazione poetica di Stefànsson
Stefànsson racconta come nell’estate del 1987, sotto una pioggia a dirotto, gli sia venuta l’idea di sparare all’eternità. Stava camminando sotto una pioggia battente con in mano un secchio di cemento, impegnato in un lavoro estivo, quando è stato trafitto dalla solenne intuizione di quel verso.
Non avrebbe mai immaginato in quel momento, dice, che un giorno si sarebbe trovato a Roma a presentare i suoi libri davanti a un grande pubblico.
Guardo al me stesso di allora come a un vecchio fratello.
Nella scrittura Stefànsson ha sempre cercato di unire due aspetti: l’eternità e il periodo breve che noi passiamo su questa terra. L’autore vede le due condizioni come intrinsecamente collegate e ciò, a suo dire, significa che tutte le persone che amiamo resteranno sempre con noi, non se ne andranno mai veramente. Questa consapevolezza, afferma Stefànsson, lo ha spinto a scrivere.
Recensione del libro
Luce d’estate ed è subito notte
di Jón Kalman Stefánsson
L’autore racconta di essere passato dalla poesia alla prosa, come se seguendo una necessità molto forte. Tuttora si definisce “un poeta che scrive prosa”, dice di essere sempre rimasto fedele alla forma interiore della poesia.
Il suo ultimo libro, pubblicato di recente in Islanda, è infatti un libro di poesia. L’autore racconta che l’ispirazione poetica è tornata a lui prima del previsto.
Solo la poesia può essere letta davvero dalla morte, questo io lo so per certo. Quindi i poeti possono essere considerati le celebrità della vita dell’aldilà.
Il poeta ribadisce anche la necessità della morte, perché permette l’inizio di una nuova vita. Dobbiamo morire per fare spazio per le vite future, dice, è una legge della natura.
Per me scrivere è il modo per superare, andare oltre sentimento il sentimento della morte.
afferma Jon Kalman Stefànsson
Credo che la letteratura e l’arte siano l’unico un modo per superare il dolore della vita, comprendere la vita e superare la sofferenza che porta con sé la morte.
Racconta che fu la musica di Elvis Presley a salvargli la vita a 14 anni quando cercò di suicidarsi, la radio trasmise la notizia della morte di Elvis Presley e tre sue canzoni. La sua prima poesia, rivela l’autore, è stata originata proprio dalla morte del cantante americano. La morte di Elvis Presley segnò uno spartiacque, e lui capì che c’erano cose belle per le quali valeva la pena di vivere.
Le cose più importanti e più belle della vita non sempre si riescono a comprendere, si sentono e basta, come la musica. Per Stefànsson la vera letteratura è come la musica: riesce ad esprimere l’inesprimibile donando sensazioni forti a chi la fruisce.
La prosa di Stefànsson
La prosa di Stefansson è un’eterna musica, che non ti concede requie.
Nella trilogia di Paradiso e Inferno abbiamo a che fare con una forma inedita di narratore: un “noi” che comprende i vivi e i morti. Come se Stefànsson avesse cercato un lessico capace di parlare a entrambi gli universi.
Recensione del libro
Paradiso e inferno
di Jón Kalman Stefánsson
Stefànsson conclude dicendo che la storia a Roma è come il volo degli storni, è ovunque, sorvola tutto, è affascinante e al tempo stesso sempre inquieta.
Le sue parole sembrano recitare al pubblico una nuova poesia, composta nel momento stesso in cui la proferisce.
L’attenzione di Stefànsson si concentra sull’infinità di dettagli che definiscono la vita e l’essere umana, che a suo parere sono estremamente importanti.
È una storia bellissima, incredibile, bellissima perché siamo noi. Per me la letteratura è un modo per salvare i momenti dimenticati, momenti unici, speciali, della vita di ciascuno. Ed è che così che secondo me riusciamo ad andare oltre la morte. Perché per me le cose importanti della vita sono le piccole cose che continuiamo a dimenticare.
Recensione del libro
Crepitio di stelle
di Jón Kalman Stefánsson
Jon Kalman Stefànsson compone un commovente elogio a tutte le cose segrete di noi che si salvano solo grazie alla letteratura. Una poesia intensa che lacera ed emoziona, composta da un grande narratore contemporaneo in esclusiva per il pubblico di Più libri Più liberi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nasciamo come poesia: incontro con Jón Kalman Stefánsson a Più libri Più liberi
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