1915-18 l’idroscalo del Gargano
- Autore: Leonarda Crisetti Grimaldi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Idrovolanti sulle acque del Lago di Varano. “L’impatto della guerra 1915-18 a Cagnano Varano e l’Idroscalo del Gargano”, è un volume di Leonarda Crisetti Grimaldi, pubblicato a luglio 2018 da Levante Editori Bari (560 pagine, con oltre 200 illustrazioni in bianconero, 40 euro).
Solo nel dicembre 1903, i fratelli Wright avevano sollevato per meno di un minuto il primo aereo traballante: chi l’avrebbe detto che nemmeno 13 anni dopo, la costa lacustre a nord della Puglia sarebbe diventata una base militare per velivoli capaci di decollare dalle acque e ammararvi?
Basterebbe questa curiosità a giustificare l’interesse del volume della docente di generazioni di giovani pugliesi e studiosa di storia patria. Ma è solo uno dei contenuti di un libro ampio, ben confezionato dalla casa editrice barese e redatto con rara passione dall’autrice, che vanta altri nove testi, tra storia, vernacolo cagnanese e geomorfologia della Laguna di Varano.
È stata la Regia Marina a realizzare l’Idroscalo in località San Nicola Imbuti, inaugurato nel 1916 e intitolato nel giugno 1918 a Ivo Monti, caduto in un volo di ricognizione. Oltre a servire da idroporto per la difesa delle coste del medio-basso Adriatico dalle incursioni dell’aviazione nemica, ospitava una scuola di addestramento piloti e un’officina per idroplani: gli FBA e soprattutto gli ottimi Lohner, di progettazione austriaca, da ricognizione, pattugliamento e bombardamento.
Non è il solo contenuto del libro, pur occupandone una parte non secondaria, con testi e immagini. Il ruolo della cittadina garganica nella guerra ha ispirato ricerche accurate della professoressa, che l’hanno portata ad allargare l’attenzione. Da una parte, ha ricostruito l’andamento del conflitto, dall’altra gli accadimenti nell’abitato garganico e dintorni, che risentivano di quegli eventi lontani. Ha poi aggiunto, all’elenco di tutti gli arruolati cagnanesi, le vicende di alcuni, le lettere a casa, le considerazioni, le richieste, le paure.
Quattro lunghi anni di guerra videro anche sul Lago di Varano le donne sostituirsi agli uomini, aggiungendo mansioni maschili alle cure familiari: accudire figli e anziani, fare il pane, il bucato e tanto altro. Intere giornate negli archivi hanno consentito alla professoressa di approfondire le pagine della parità di genere, concretizzata per necessità in quegli anni. Alle cagnanesi è dedicato un considerevole corredo fotografico.
Significativa la correzione da apportare al monumento in piazza. Ai 73 nomi di caduti, andrebbero aggiunti i numerosi altri, che secondo le ricerche dell’autrice farebbero ascendere il totale a 105 cagnanesi.
In tema di “perdite”, assume toni drammatici il capitolo dedicato alla “spagnola”: 26 i militari dell’idroscalo falciati dalla terribile epidemia influenzale, che si diffuse nel 1918 in tutto il mondo. L’anagrafe riporta 123 nati e ben 407 defunti, si direbbe che a Cagnano abbia colpito duro i civili.
Di rilievo le testimonianze raccolte nelle famiglie dagli alunni della III C dell’Istituto Comprensivo “D’Apolito”, nell’anno scolastico 2014-15.
Nelle lettere dalla zona di guerra, Santo Pelusi, tre figli ed una in arrivo, raccomandava alla moglie Giovanna di tenere i bambini puliti, bene “arrupezzate” (coi buchi rattoppati) e di crescere i maschi da maschi e le femmine da femmine. Pescatore, classe 1885, cadde sul Carso, a fine 1916, centrato in pieno da una granata. Forse riposa nel Sacrario di Redipuglia, tra i caduti ignoti.
Industriosi i sotterfugi del fante Matteo D’Apolito, muratore del 1892, per sottrarsi alle azioni: versare gocce di acido muriatico nell’orecchio, cambiare posto durante l’appello, sbagliare treno, inventare la morte del padre. Non c’è riuscito del tutto, ma l’ha sfangata, è tornato dopo l’armistizio.
Anche Pietro Di Pumpo, detto Cicciaredda, aveva tentato di farsi riformare danneggiandosi un orecchio, ma l’avevano mandato soldato lo stesso, addetto ai servizi. Pare sia deceduto per malattia. Vincenzo Vitadamo ricordava l’Isonzo rosso per il sangue dei tanti caduti. Altre testimonianze parlano di morti accatastati per favorire il passaggio di corsi d’acqua, di cadaveri usati come macabri scudi umani e aggiunti ai “sacchi a terra” per rafforzare i ripari delle posizioni.
In quelle che hanno più impressionato l’autrice, ricorre come un mantra la paura di andare al fronte, l’ossessione di automutilarsi per farsi dichiarare inabili, la richiesta pressante di aiuto ai familiari per raggiungere questo obiettivo. “Meglio senza una mano che morto”, si legge in qualche lettera. La guerra era certamente feroce, ma la quantità di soldati terrorizzati in una piccola comunità è davvero esagerata. Dovrebbe far riflettere e rende onore ai compaesani che andarono a fare la loro parte al fronte, dominando le stesse paure, affrontando difficoltà non minori e obbedendo agli ordini.
I più si sono battuti. È grazie a loro, se con la vittoria sul nemico non è toccata alle donne di Cagnano la sorte penosa delle friulane e venete, preda bellica della soldataglia austroungarica. Questo andrebbe ripetuto agli studenti di oggi, perchè a noi l’hanno spiegato decenni fa, al netto dell’orgia di retorica, sostituita negli anni Settanta da una opposta, che celebrava perfino la viltà, la diserzione. In un saggio recente, ne ha preso le distanze il prof. Insneghi, che pure cinquant’anni fa ha contribuito ad alimentarla, da allora giovane studioso.
Senz’altro condivisibile l’interpretazione dell’aggettivo “grande”, sviluppata lucidamente dalla prof.ssa Crisetti. Quella guerra è stata grande per la violenza dei soldati contro i soldati, degli uomini contro sé stessi, del conflitto contro le donne. Grande, il cambiamento impresso alla storia dell’umanità.
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