A Roma con Bubù
- Autore: Gian Carlo Fusco
- Casa editrice: Sellerio
“Anche in fatto di donne, tutto sommato, conviene seguire l’esempio di quei risparmiatori prudenti che distribuiscono le loro economie in diverse banche, anziché concentrarli in una sola.” (Pag. 43)
Gian Carlo Fusco è stata una delle migliori penne della scrittura italiana degli ultimi anni.
Giornalista, scrittore, sceneggiatore riusciva con la sua perspicacia ad entrare e comprendere molti mondi.
In A Roma con Bubù, (Sellerio editore, 2005) siamo negli anni ’50. La guerra è passata, ma è ancora un ricordo indelebile. C’è la passione, il desiderio di creare, la voglia incontenibile di riprendere a vivere con gusto, di mostrarsi forti e capaci a gestire situazioni irreali, ma soprattutto c’è il fanatismo per la trasgressione, alimentata da giovani e no, soprattutto nelle grandi città: Milano e Roma.
La chimera utopica è la moda, l’aperitivo, le cene, gli spettacoli e le tante assurde e monotone feste. Tutti seguono le tendenze e il sogno di tutti è per il cinema.
Scritto in prima persona, il protagonista dimora permanentemente nei locali notturni di Milano.
Con lui c’è l’ex legionario Bubù, di 35 anni, un fisico massiccio, sposato con Justine.
Bubù rappresenta l’anima candida e pura con la sua filosofica saggezza.
Entrambi sopravvivono con lavori incerti e saltuari; pochi soldi e molti debiti.
Nonostante le difficoltà non c’è notte e locale senza i due amici.
Milano non offre il meglio per due perditempo come i nostri protagonisti:
“Milano è, indubbiamente, una grande città. O, perlomeno, grossa. Offre una quantità straordinaria di risorse a quei volenterosi che vanno a letto presto e si alzano prestissimo, per correre subito a mettere in moto la loro rotellina nell’ingranaggio turbinoso della produzione. Ma Milano non è altrettanto generosa coi nottambuli di buona volontà.” (Pag. 12)
A causa di rocambolesche avventure, devono scappare a Roma.
I due si lanciano nella vita notturna della capitale. Roma è diversa: più fannulloni, più sfaccendati, più spacciatori di fregature, tutti alla ricerca della pietra filosofale.
Molti si camuffano, smerciano inganni e truffe. C’è tanta apparenza ma i soldi sono pochi:
“Qui tutti parlano di miliardi. Se parli di milioni, sbadigliano. Ma intanto allungano gli occhi per scovare il “vincenzo” che offre l’aperitivo.” (Pag. 79)
La notte della capitale si arricchisce di due genuini appassionati intenditori del tempo perso. Girano, cercano di lavorare nel cinema, conoscono fanfaroni e bancarottieri.
Rispetto agli altri pretendenti, i nostri amici hanno un calore, una personalità viva.
Sono due estrosi personaggi.
La scrittura di Fusco si concentra sul bellissimo Bubù. Un combattente della legione straniera, un duro che è stato incarcerato e malato. Bubù è ancora un ingenuo bambino sognatore. Innamorato della sua donna è fondamentalmente onesto e corretto. La sua maturità è virtuale, figlia della sua filosofia.
Il libro si dedica alle sue frasi, costruite come dei miti e lanciate direttamente contro il lettore. Colpiscono come delle frecce per la loro amoralità, per la loro deliziosa ironia e arguzia:
“Se ami la tua donna, puoi lasciarlo capire a tutti, meno che a lei.” (Pag. 46)
“C’è abbastanza mondo per tutti e due!” (Pag. 57 e 99)
“Se vuoi soltanto il latte, mettiti pure attorno alla vacca. Ma se, invece, vuoi un vitello, tirati indietro e lascia che attorno alla vacca ci stia, il toro.” (Pag. 125)
E soprattutto il refrain: “… non sono caduto giù con l’ultima pioggia!”
Con una scrittura originale, Fusco ha costruito un personaggio leggendario per la sua dolcezza e per il suo carattere scontroso ma onesto. Rimane in camera a leggere fumetti come un ragazzino ma ascolta, seguendo i suoi consigli, l’amico più grande.
Gian Carlo Fusco era una mente anarchica e libera.
Scrittore autentico, in questo libro condensò le sue capacità artistiche.
Fusco non era un intellettuale altezzoso e sofisticato, non si mostrava firmando le petizioni alla moda, come era uso dell’epoca.
Non si era appiattito a nessuna linea politica e per questo era tenuto in disparte, quasi escluso tra i grandi ‘’finti’’ nomi di quei giorni.
Il suo curriculum lo conferma apertamente.
Fusco, insieme con un altro giornalista – Aldo Valleroni – ebbe la stravagante idea di far competere fra loro i cantanti italiani. Nel 1948, alla Capannina di Viareggio, nacque il Festival della canzone italiana. Sarà trasferito in una città ligure negli anni successivi, per diventare uno dei momenti più popolari e più disprezzati dagli snob: il festival di Sanremo.
La conferma della sua estrosità anti-intellettuale è rafforzata dai suoi lavori al cinema. Nel sito www.imdb.com leggiamo le sue opere, distrutte dalla critica del tempo: Basta con la guerra... facciamo l’amore, Bella, ricca, lieve difetto fisico cerca anima gemella, L’urlo, Mondo nudo e tante altre. Ma sono le sue partecipazioni a destare la mia ammirazione. E’ presente in film culto come: Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, Mordi e fuggi, Vogliamo i colonnelli, Ku Fu? Dalla Sicilia con furore con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Lo scrittore era capace di vivere il mondo, senza compromessi fastidiosi, senza dover giustificare – come tanti intellettuali, anche del mondo di oggi – i miliardi e l’impeto rivoluzionario.
La sua penna sarcastica combatteva contro questi snob, pacchiani, ridicoli, invidiosi del successo altrui.
A lapidare lo snobismo degli ambienti culturali e sinistroidi in voga è il solito Bubù con una sentenza di morte implacabile:
“ … aveva imparato a sopportare un sacco di cose poco allegre. … La prigione, la dissenteria e le pallottole. Ma nessuno gli aveva mai insegnato a sopportare lo spaventoso vuoto dei discorsi a vuoto.” (Pag. 160)
Ecco il mondo notturno. Tempo perso, passeggiate senza meta, discorsi privi di senso anche se pieni di aggettivi, pensieri inutili, e desiderio di mettersi in mostra.
Personaggi spietati per ironia, grandi capacità di sopravvivere, abilità e tempestività a porsi nell’ambiente giusto, nel momento giusto.
Nonostante le donne, il girovagare in Via Veneto diventa ripetizione, noia; a questo punto è inutile combattere, tanto meno per uomini di esperienza e di dure battaglie come i nostri amici.
La nostalgia alla fine prevale, la dura guerra fra Roma e Milano, era presente già negli anni cinquanta. La scelta di Fusco è definitiva. Roma non è la sua città. Milano è imperfetta, ma neppure travestita come la capitale:
“ … eccomi tornato alla nebbia. Ti giuro che vado in giro apposta per respirarla!” (Pag. 198)
La scrittura di Fusco è ironica, sempre e ovunque. Gioca con la morte, non è spaventato dal suo funesto arrivo.
Durante un funerale ci saranno le trattative con un imprenditore cinese per un film.
Non si prende mai sul serio e tanto meno prende sul serio gli altri. Non è mai superficiale, conosce i sentimenti e i valori dominanti dell’amicizia con un personaggio duro e malleabile come Bubù.
Capitoli brevi, frasi memorabili, irrompono nel suo romanzo, scatenando un sottomovimento cutaneo nel lettore, soprattutto per il suo linguaggio arguto e provocatorio. Come i tantissimi punti esclamativi con cui sono tempestate le sue pagine.
Non c’è nessuna paura a essere se stessi, ignorando le meschine osservazioni e i perbenisti di un mondo falso e ottuso.
A Roma con Bubù
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A Roma con Bubù
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