“Scrivere per me significa tornare alle mie radici, significa riscoprirmi in modo necessario ed essenziale”.
Questo è il senso della scrittura per Hape Kerkeling, autore del romanzo autobiografico All’aria aperta. La mia infanzia e io (Corbaccio, 2015, pp.237). Hape, o meglio Hans-Peter, Kerkeling nasce in Germania nel 1964 e da grande diventa ciò che ha sempre sognato di fare fin da bambino, l’attore. Lo fa in radio e in televisione, lavorando dal 1984 come comico per le maggiori emittenti televisive e radiofoniche, per l’appunto.
Dopo il successo di Vado a fare due passi, suo primo libro edito in Italia da Corbaccio e vincitore del Premio Chatwin 2008, Kerkeling è stato per mesi primo nella classifica dei bestseller dello Spiegel con All’aria aperta, che ha venduto più di seicentomila copie.
In occasione di Bookcity Milano 2015, Kerkeling incontra i blogger italiani per un confronto/intervista presso la sede della casa editrice Corbaccio a Milano.
“Abbiamo scacciato il mondo con una risata"
Potrebbe essere questo il riassunto di un libro come quello di Kerkeling, che racconta la vita dell’autore fin dai primi anni di vita e di ricordi: è un romanzo che strizza l’occhio alle fiction televisive, mondo a cui Kerkeling è profondamente legato e che non manca di rievocare anche nello stile, asciutto, scattante, divertente, eppure commovente, adeguato alle tematiche che affronta.
Questa è la storia di un bambino biondo e paffutello che nasce e cresce nella Ruhr degli anni ’70, circondato da una famiglia attenta e premurosa. Eppure qualcosa nell’equilibrio psicologico di questo bambino apparentemente sereno si rompe proprio nell’età più fragile, intorno agli otto-nove anni di vita. La morte di una madre già malata da tempo segna in modo irreparabile il vissuto di Hans-Peter, al punto tale che solo una scelta irrevocabile e definitiva – nonché urgente – riuscirà a salvarlo dalle grinfie del destino avverso: decidere di diventare un inguaribile ottimista.
La forza di questo libro risiede nell’allegria: vivace la scrittura, allegro il modo in cui vengono raccontati episodi di per sé già simpatici, eppure la morte è sempre dietro l’angolo, mentre tende l’agguato ad una vita ancora acerba. Nonostante questo, il libro è intriso di un’inesauribile speranza e il fascino di Hape Kerkeling scaturisce proprio da quella voglia di vita che ride in faccia alla morte.
Molti i temi che vengono affrontati nel romanzo, a partire da quello cruciale e più doloroso: la depressione. Hans-Peter ha perso sua madre proprio a causa di questo terribile mostro, che nella Germania degli anni ’70 non aveva neanche un nome ben preciso, tanta era la paura di analizzare – e quindi di curare – un disturbo della mente che sotto il regime nazista sarebbe stato debellato con l’omicidio del paziente.
“Al tempo chi soffriva di depressione veniva definito semplicemente cupo, di malumore, e non avrebbe saputo neanche dove e come andarsi a curare, per la vergogna nessuno gli rivolgeva la parola. Oggi la situazione è certamente più semplice, però credo che quando questo succede all’interno di un nucleo familiare sia ancora un problema, ancora oggi la gente cercherebbe di nascondere questo difetto. Anche se le cure sono migliorate e l’accesso alla cura è più immediato, in famiglia suppongo ci sia sempre il medesimo problema di allora”.
Con queste parole l’attore tedesco affronta il problema della malattia depressiva, cui è stato testimone diretto durante il periodo dell’infanzia.
“Solo attraverso la comunicazione – continua l’autore – si può uscire da questo circuito diabolico”.
Ma non di soli fatti tragici è costellato il ricordo della giovinezza di Hans-Peter. Molte le figure femminili di riferimento che lo hanno accompagnato nel percorso di crescita, una su tutte la nonna paterna Bertha.
“I miei nonni e soprattutto le mie nonne sono state figure fondamentali e tutt’oggi mi influenzano nelle scelte. A volte quando devo prendere una decisione penso a loro, o alla nonna materna o a quella paterna, e rifletto su cosa avrebbero scelto loro, su come avrebbero potuto reagire. Penso che capiti un po’ a tutti. Forse potrei addirittura scrivere un romanzo su questi personaggi”.
L’elemento femminile spicca in modo assoluto: ad una perdita importante – come è stata quella della mamma – si affianca una presenza altrettanto importante, quella della nonna. Neanche la morte, sostiene Kerkeling, ha potuto dividerlo dalle Donne della sua famiglia:
“Tutt’ora quando passo lo straccio sul pavimento penso a mia nonna, a come lo faceva lei, e la rivedo lì vicino a me. È una presenza costante”.
Altro tema cruciale di cui Hape Kerkeling ha voluto discutere è stato quello dell’omosessualità. Come è stata vissuta l’omosessualità di Hans-Peter all’interno della famiglia?
“All’interno della famiglia non è mai stato un problema: mia nonna, intorno ai quattordici anni, aveva già tirato fuori questo discorso, sostenendo che sarei rimasto celibe. Io non avevo accettato all’epoca quella che invece si sarebbe rivelata la previsione esatta. Lei, perciò, non ha mai avuto problemi, così come non ne hanno avuti mio nonno e mio padre. L’unica cosa che temevano era il giudizio del mondo esterno, al punto tale che mi hanno consigliato di tenere la cosa per me. Anche se, in un secondo momento, ho ritenuto opportuno dire la verità pubblicamente, non volevo più nascondermi dietro un dito”.
A proposito di omosessualità e soprattutto di omofobia, non a caso Kerkeling nel suo romanzo utilizza delle espressioni importanti:
“Chi condanna il prossimo all’emarginazione, per qualunque patetico motivo lo faccia, non esprime un’opinione coraggiosa, ma ha soltanto un pessimo carattere”.
Il rispetto reciproco è alla base di qualsiasi tipo di rapporto umano ed è stato l’insegnamento più grande che la nonna materna abbia trasmesso all’autore.
L’approccio al libro in sé e alla scrittura nello specifico, per Kerkeling è un approccio di tipo strettamente materiale, “sensuale” come lo ha definito egli stesso: gli piace toccare la carta, annusarla e quando scrive riesce a mettersi a nudo, come di fronte ad uno specchio, cosa che non sempre è in grado di fare con il lavoro di attore e comico. Come ha dichiarato lo stesso Hans-Peter, i personaggi che interpreta sono divertenti, hanno un grande successo di pubblico e di critica, ma dopo un po’ non si sente più libero di veicolare il personaggio come vuole. Ad un certo punto è il pubblico a decidere cosa ne sarà di quella macchietta, perché è il pubblico sovrano a stabilire il successo del lavoro di Hape.
L’incontro con Hape Kerkeling non si è fermato solamente ad una stretta indagine su All’aria aperta, ma è dirottato anche sull’Italia: cosa piace ad Hans-Peter dell’Italia?
“Ho cominciato a studiare l’italiano che avevo diciassette anni, per pura passione, perché sono stato sempre affascinato dall’Italia. Vivo in Umbria ora, infatti il libro l’ho scritto proprio qui e sono felicissimo che la prima traduzione mondiale del romanzo sia stata italiana. Una traduzione favolosa, impeccabile, mi ci ritrovo in pieno”.
E continua sostenendo:
“Apprezzo moltissimo lo spirito rivoluzionario tipico italiano, o meglio lo spirito ribelle, anche per le piccole cose. L’Italia può anche attraversare un periodo storico disastroso, ma cambierà sempre per il meglio, forte di questo spirito di ribellione!”.
Hape Kerkeling ha concluso l’incontro presso la casa editrice Corbaccio invitando tutti alla presentazione, nello stesso pomeriggio di venerdì 23, del suo romanzo All’aria aperta nell’ambito di Bookcity Milano 2015.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “All’aria aperta”: Hape Kerkeling incontra i blogger
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