Dici Alphonse Mucha e pensi alle atmosfere rarefatte della Belle Époque, ai manifesti Art Nouveau e alle sue donne, ritratte con le linee eleganti ed inconfondibili che sono di per sé una firma.
All’artista multiforme di origine ceca, trasferito a Parigi agli albori del ’900 e diventato un’icona inconfondibile di stile, Firenze dedica una mostra monumentale presso il Museo degli Innocenti visitabile fino al 7 aprile 2024.
Alphonse Mucha e l’amore per Firenze
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Quello a Firenze è a suo modo un ritorno: Alphonse Mucha è stato in città nel 1885, prima degli studi all’Accademia di belle arti di Monaco di Baviera.
È giovane e, come rivela il nipote John al quotidiano La Repubblica, preso da meraviglia di fronte alla cupola del Duomo.
Oggi la città gli restituisce il complimento. Le sale del Museo degli Innocenti ospitano oltre 170 opere, tra manifesti, disegni, quadri, acquerelli. E poi fotografie, gioielli e naturalmente libri. Uno spaccato dei tanti interessi di Mucha che incarna, più di chiunque altro, la commistione tra arte e letteratura.
Alphonse Mucha: i manifesti per il teatro e Sarah Bernhart
Non è un caso che il suo debutto a Parigi coincida con la creazione di un manifesto per un’opera teatrale: Gismonda di Victorien Sardou.
È la vigilia del Natale 1894 e Mucha, ancora sconosciuto, lavora come correttore di bozze alla tipografia Lemercier. Sta facendo un piacere ad un amico. Quando arriva una telefonata: la divina Sarah Bernhardt vuole un nuovo manifesto per il dramma che interpreta a teatro. Serve una promozione per la ripresa degli spettacoli dopo il periodo festivo. La richiesta non può essere ignorata, considerata la notorietà della committente, ma tutti i grafici di Lemercier sono in ferie.
Mucha è l’uomo giusto al posto giusto. Il tipografo si rivolge a lui. E in pochi giorni nasce il manifesto: il formato allungato e verticale è un inedito.
Così le tinte color pastello e la figura dell’attrice ritratta quasi ad altezza naturale e rivestita da un abito di foggia bizantina. Per la fretta e i tempi ridotti alcune parti del fondale del manifesto sono vuote, in contrasto con quello che sarà il successivo modus operandi dell’artista. Ma il risultato non cambia. È nato lo stile Mucha. E ai parigini piace talmente tanto che alcun collezionisti arrivano a corrompere gli addetti alle affissioni per avere copie del manifesto. Altri le staccano direttamente dai muri.
Sarah Bernhart ne ordina mille copie e firma con il giovane artista ancora sconosciuto un contratto di lavoro per 6 anni, siglando così l’inizio di una collaborazione professionale e di un’amicizia che consegna entrambi alla fama.
Mucha lega il suo nome al teatro e disegna i manifesti de La signora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio, della Tosca nella versione di Victorien Sardou,del Lorenzaccio di Alfred de Musset, della Medea di Euripide riadattata dal drammaturgo Catulle Mendes, dell’Amleto di William Shakespeare.
Mucha e la rivista “La Plume”
In fondo è destino: Mucha deve il successo alle sue donne. Quelle vere come Sarah Bernhart, l’attrice più famosa di Francia. Quelle dei ritratti, bellissime ed eteree, ma capaci di sguardi decisi e rivolti al futuro.
La riconoscibilità e la freschezza di un’immagine femminile nuova, sicura di sé, valgono a Mucha fama immediata. E lavoro. Le commissioni e le collaborazioni non si contano, nel mondo della pubblicità come in campo artistico e letterario.
Il poeta Léon Deschamps fondatore della galleria d’arte “Salon des Cent” ed editore della rivista d’avanguardia Le Plume lo vuole tra i suoi collaboratori.
Mucha è in ottima compagnia: tra gli altri ci sono Toulouse Lautrec, Eugène Grasset, Gauguin. Solo un anno dopo vanta un’esposizione tutta sua con il numero esorbitante di 448 opere: un’edizione speciale della rivista La Plume viene stampata e funge da catalogo. Lo stesso Mucha ne disegna la copertina.
“Le Pater”, il libro di Alphonse Mucha
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Tra le sue tante opere c’è anche un libro: Le Pater, Padre Nostro. A Firenze sono esposti alcuni studi preparatori. Pubblicato a Parigi in edizione limitata, comprende sole 510 copie (390 in francese e 120 in ceco) edite da Henri Piazza. Anche in questo caso Mucha tiene fede all’originalità che caratterizza tutti i suoi lavori. Suddivide la preghiera in versi: a ciascuno dedica tre pagine comprendenti il commento sul contenuto e illustrazioni monocromatiche che simboleggiano la lotta dell’uomo e il suo viaggio dalle tenebre verso la luce.
Forse è il testamento di un uomo nuovo che non dimentica le sue origini e che ha fatto dell’arte uno strumento modernissimo per trasmettere idee e filosofia.
Primo fra tutti il tema a lui caro dell’indipendenza dei popoli slavi, che lo accompagna per tutta la vita.
La mostra di Alphonse Mucha a Firenze
La mostra a Firenze, presso il Museo degli Innocenti, è prodotta da Arthemisia e realizzata in collaborazione con la Fondazione Mucha e In Your Event by Cristoforo, con il patrocinio del Comune di Firenze e dell’Ambasciata della Repubblica Ceca. È curata da Tomoko Sato con la collaborazione di Francesca Villanti e visitabile tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A Firenze la mostra su Alphonse Mucha: tra Art Nouveau e influssi letterari
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